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Il procedimento sanzionatorio nella circolazione stradale



Raffaele Vairo
1. L'accertamento. – 2. Organi di vigilanza. – 3. Espletamento dei servizi di polizia stradale di cui all'art. 12. – 4. Gli ausiliari della sosta. – 5. Addetti ai servizi di scorta. – 6. La contestazione e la notificazione dell'accertamento della violazione. 7. Il processo verbale. – 8. L'efficacia probatoria del processo verbale. – 9. La prescrizione. – 10. La decadenza. – 11. Approfondimenti.

1. L'accertamento
Il procedimento sanzionatorio inizia con l'accertamento, da parte degli organi competenti, dei fatti costituenti illecito amministrativo.
L'accertamento consiste nel rilevamento, da parte degli organi a ciò abilitati, del fatto storico ritenuto contrario a disposizioni normative.
L'articolo 13 della legge 689/1981 descrive i momenti procedimentali e i poteri degli organi addetti all'accertamento:

Gli organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono, per l'accertamento delle violazioni di rispettiva competenza, assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici,descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica.
Possono altresì procedere al sequestro cautelare delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, nei modi e con i limiti con cui il codice di procedura penale consente il sequestro alla polizia giudiziaria.
È sempre disposto il sequestro del veicolo a motore o del natante posto in circolazione senza essere coperto dall'assicurazione obbligatoria e del veicolo posto in circolazione senza che per lo stesso sia stato rilasciato il documento di circolazione.
All'accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, i quali, oltre che esercitare i poteri indicati nei precedenti commi, possono procedere, quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora, previa autorizzazione motivata del pretore del luogo ove le perquisizioni stesse dovranno essere effettuate. Si applicano le disposizioni del primo comma dell'articolo 333 e del primo e secondo comma dell'articolo 334 del codice di procedura penale (1).
È fatto salvo l'esercizio degli specifici poteri di accertamento previsti dalle leggi vigenti.
(1) Ora artt. 250 c.p.p 250 e 251 c.p.p.


2. Organi di vigilanza.

La norma attribuisce agli organi di vigilanza poteri in ordine all'acquisizione di materiale istruttorio: essi assumono informazioni, procedono a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora e a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica utile alle indagini. Possono, inoltre, eseguire sequestri cautelari delle cose e tutte le altre operazioni descritte nella norma di cui all'art. 13 sopra riportato.
Ovviamente tutte le operazioni devono svolgersi nel rispetto del diritto di difesa sancito dalla Costituzione (art. 24). Pertanto, le perquisizioni locali e nel domicilio devono essere svolte nel rispetto delle norme di cui agli artt. 250 e 251 c.p.p.

La norma in esame parla genericamente di “organi addetti al controllo…”, per cui si rende necessario individuare con precisione quali sono tali organi.
Per una prima individuazione ci aiuta l'art. 57 del codice di procedura penale che ne indica alcuni, rinviando alle disposizioni di leggi speciali per conoscere gli organi competenti.
Trattandosi, nel nostro caso, di accertamenti delle violazioni alle norme della circolazione stradale, occorre fare riferimento al decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, meglio conosciuto come codice della strada, che, all'art. 12, indica i soggetti cui compete l'espletamento dei servizi di polizia stradale.

3. Espletamento dei servizi di polizia stradale.

Ai sensi della norma di cui all'art. 12:
1. L'espletamento dei servizi di polizia stradale previsti dal presente codice spetta:
a) in via principale alla specialità Polizia Stradale della Polizia di Stato;
b) alla Polizia di Stato;
c) all'Arma dei carabinieri;
d) al Corpo della guardia di finanza;
d-bis) ai Corpi e ai servizi di polizia provinciale, nell'ambito del territorio di competenza;
e) ai Corpi e ai servizi di polizia municipale, nell'ambito del territorio di competenza;
f) ai funzionari del Ministero dell'interno addetti al servizio di polizia stradale .
f-bis) al Corpo di polizia penitenziaria e al Corpo forestale dello Stato, in relazione ai compiti di istituto.
2. L'espletamento dei servizi di cui all'art. 11, comma 1, lettere a) e b) , spetta anche ai rimanenti ufficiali e agenti di polizia giudiziaria indicati nell'art. 57, commi 1 e 2, del codice di procedura penale.
3. La prevenzione e l'accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale e la tutela e il controllo sull'uso delle strade possono, inoltre, essere effettuati, previo superamento di un esame di qualificazione secondo quanto stabilito dal regolamento di esecuzione:
a) dal personale dell'Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale, dell'Amministrazione centrale e periferica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Dipartimento per i trasporti terrestri appartenente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dal personale dell'A.N.A.S;
b) dal personale degli uffici competenti in materia di viabilità delle regioni, delle province e dei comuni, limitatamente alle violazioni commesse sulle strade di proprietà degli enti da cui dipendono;
c) dai dipendenti dello Stato, delle province e dei comuni aventi la qualifica o le funzioni di cantoniere, limitatamente alle violazioni commesse sulle strade o sui tratti di strade affidate alla loro sorveglianza;
d) dal personale delle Ferrovie dello Stato e delle ferrovie e tranvie in concessione, che espletano mansioni ispettive o di vigilanza, nell'esercizio delle proprie funzioni e limitatamente alle violazioni commesse nell'ambito dei passaggi a livello dell'amministrazione di appartenenza;
e) dal personale delle circoscrizioni aeroportuali dipendenti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nell'ambito delle aree di cui all'art. 6, comma 7;
f) dai militari del Corpo delle capitanerie di porto, dipendenti dal Ministero della marina mercantile, nell'ambito delle aree di cui all'art. 6, comma 7.
3-bis. I servizi di scorta per la sicurezza della circolazione, nonché i conseguenti servizi diretti a regolare il traffico, di cui all' articolo 11, comma 1, lettere c) e d), possono inoltre essere effettuati da personale abilitato a svolgere scorte tecniche ai veicoli eccezionali e ai trasporti in condizione di eccezionalità, limitatamente ai percorsi autorizzati con il rispetto delle prescrizioni imposte dagli enti proprietari delle strade nei provvedimenti di autorizzazione o di quelle richieste dagli altri organi di polizia stradale di cui al comma 1.
4. La scorta e l'attuazione dei servizi diretti ad assicurare la marcia delle colonne militari spetta, inoltre, agli ufficiali, sottufficiali e militari di truppa delle Forze armate, appositamente qualificati con specifico attestato rilasciato dall'autorità militare competente.
5. I soggetti indicati nel presente articolo , eccetto quelli di cui al comma 3-bis, quando non siano in uniforme, per espletare i propri compiti di polizia stradale devono fare uso di apposito segnale distintivo, conforme al modello stabilito nel regolamento.

Gli organi di vigilanza individuati nell'articolo 12 CdS espletano i seguenti servizi di polizia stradale:
a) la prevenzione e l'accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale;
b) la rilevazione degli incidenti stradali;
c) la predisposizione e l'esecuzione dei servizi diretti a regolare il traffico,
d) la scorta per la sicurezza stradale;
e) la tutela e il controllo sull'uso della strada.
Concorrono, inoltre, alle operazioni di soccorso automobilistico e stradale in genere e collaborano all'effettuazione di rilevazioni per studi sul traffico.
Ai servizi di cui sopra, da qualunque autorità espletati, provvede il Ministero dell'Interno, fatte salve le attribuzioni dei Comuni nell'ambito dei centri abitati.

Gli agenti ed ufficiali di polizia municipale, in conformità della regola generale stabilita dall'art. 13 della legge n. 689 del 1981 in tema di accertamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, in quanto organi di polizia giudiziaria con competenza estesa all'intero territorio comunale, hanno il potere di accertare le violazioni in materia di circolazione stradale punite con sanzioni amministrative pecuniarie in tutto tale territorio, anche, quindi, su strade statali al di fuori del centro abitato. Ne deriva che, una volta stabilito che gli ufficiali e gli agenti della polizia municipale hanno tale potere nell'ambito dell'intero territorio comunale, gli accertamenti di violazioni del codice della strada da essi compiuti in tale territorio debbono ritenersi per ciò stesso legittimi sotto il profilo della competenza dell'organo accertatore, restando l'organizzazione, la direzione e il coordinamento del servizio elementi esterni all'accertamento, ininfluenti su detta competenza (Cass. civ. n. 484/2012).

4. Gli ausiliari della sosta
Altri soggetti possono essere abilitati all'accertamento di violazioni al codice della strada ma con limiti funzionali e territoriali. Infatti, ai sensi dell'art. 68 della legge n. 488/1999 e dell'art. 17, comma 133, della legge n. 127/1997, i Comuni possono, con provvedimento del Sindaco, conferire funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta a dipendenti comunali e/o a dipendenti delle società di gestione dei parcheggi, limitatamente alle aree oggetto di concessione.

In tema di accertamento delle violazioni delle norme del codice della strada, il personale dipendente delle società concessionarie di aree adibite a parcheggi a pagamento può legittimamente rilevare le violazioni in materia di sosta limitatamente agli spazi contrassegnati da strisce blu e/o da segnaletica orizzontale, ma non anche quelle violazioni che non riguardino tali aree e non comportino pregiudizio alla funzionalità delle medesime seppure commesse nella zona oggetto di concessione (Cass. civ., sez. un., n. 5621/2009; conforme Cass. civ., sez. II, n. 9847/2010).


5. Addetti ai servizi di scorta
Sono, altresì, abilitati a svolgere servizi di polizia stradale nei limiti indicati dal comma 3-bis dell'art. 12 del codice stradale, gli addetti alla scorta tecnica di veicoli eccezionali o di trasporti in condizioni eccezionali, a condizione che:
a) il servizio si svolga sui percorsi autorizzati dall'Ente proprietario della strada;
b) nel rispetto delle prescrizioni date con il provvedimento di autorizzazione o di quelle richieste dagli altri organi di polizia stradale elencati nel comma 1 dell'art. 12 del codice della strada.

6. La contestazione e la notificazione dell'accertamento della violazione.
All'accertamento segue la fase della contestazione che è il procedimento attraverso il quale la persona ritenuta autrice dell'illecito amministrativo viene resa edotta dell'addebito che le viene mosso, al fine di consentirle o di accettare l'accertamento con il pagamento della sanzione pecuniaria in misura ridotta o di contrastarlo con i mezzi che offre l'ordinamento giuridico.
La contestazione risponde, dunque, all'esigenza di garantire il diritto di difesa previsto dall'art. 24 della Costituzione.
Ne consegue che l'omessa contestazione nei termini di legge rende nullo il procedimento di accertamento con la conseguente estinzione della potestà sanzionatoria.
La disciplina della contestazione è contenuta nell'art. 14 della più volte citata legge n. 689 del 1981 e, per quanto riguarda le violazioni stradali, negli artt. 200 e 201 del codice della strada.
L'art. 200 del CdS dispone: “…la violazione, quando è possibile, deve essere immediatamente contestata tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta”.
La regola è, dunque, quella secondo cui la violazione deve essere contestata immediatamente e solo eccezionalmente, quando la contestazione immediata risulti impossibile, deve essere eseguita mediante notificazione del processo verbale che viene redatto al momento dell'accertamento.

Va, comunque, affermata la necessità della contestazione immediata qualora gli strumenti di rilevamento a distanza della velocità vengano utilizzati sulle strade non ricomprese nell'elenco di legge o in un decreto prefettizio.

Per l'accertamento delle infrazioni dei limiti di velocità su strade extraurbane secondarie vige il principio di contestazione immediata: l'uso di autovelox è consentito solo sulle strade, preventivamente identificate dal prefetto, in cui non sia possibile il fermo del veicolo (Cass. civ. n. 23882/2011).

L'art. 384 del regolamento di esecuzione del codice della strada indica esemplificativamente i casi in cui deve ritenersi giustificata la mancata contestazione immediata della violazione.

L'elencazione, contenuta nell'art. 384 del reg. esec. del codice della strada, dei casi in cui deve ritenersi giustificata la mancata contestazione immediata della violazione non può considerarsi esaustiva, ma è, come esplicitamente detto nella disposizione medesima, meramente esemplificativa; ne consegue che possono ricorrere casi ulteriori in cui una tale impossibilità sia ugualmente ravvisabile, e compete al giudice di merito valutare - con motivazione censurabile in cassazione ove illogica o incongrua - se la circostanza impeditiva, riportata nel verbale, abbia una sua intrinseca valenza (Cass. n. 11656/2010).

7. Il processo verbale
Il citato art. 200, comma 2, CdS dispone: “Dell'avvenuta contestazione deve essere redatto verbale contenente anche le dichiarazioni che gli interessati chiedono vi siano inserite. Il verbale, che può essere redatto anche con l'ausilio dei sistemi informatici, contiene la sommaria descrizione del fatto accertato, gli elementi essenziali per l'identificazione del trasgressore e la targa del veicolo con cui è stata commessa la violazione. Nel Regolamento sono determinati i contenuti del verbale”.

L'importanza della redazione del processo verbale è di tutta evidenza. Con la consegna del verbale il presunto trasgressore, ove ritenga di essere estraneo alla vicenda attribuitagli, viene posto nella condizione di predisporre le proprie difese. Ed è proprio per consentirgli l'esercizio del diritto di difesa, che il verbale deve contenere: l'indicazione del giorno, dell'ora e della località in cui è avvenuta la violazione, delle generalità e della residenza del trasgressore e, ove del caso, l'indicazione del proprietario del veicolo, o del soggetto solidale, degli estremi della patente di guida, del tipo del veicolo e della targa di riconoscimento, la sommaria esposizione del fatto, nonché la citazione della norma violata e le eventuali dichiarazioni delle quali il trasgressore chiede l'inserzione. Il verbale redatto dagli organi accertatori è atto pubblico che, ai sensi dell'art. 2700 c.c., fa piena prova, fino a querela di falso, della sua provenienza dal pubblico ufficiale che lo ha formato, delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.

Non sempre, però, l'accertamento avviene con la diretta percezione dei fatti costituenti violazione. A volte viene eseguito, come capita in occasione degli incidenti stradali, dopo che la violazione è stata compiuta. Ciò avviene normalmente con l'effettuazione di rilievi, l'assunzione di testimonianze, con ragionamenti logico-deduttivi. In queste ipotesi l'accertamento, frutto di ricostruzione storica e logico-deduttiva degli eventi costitutivi della presunta violazione, non godono di fede privilegiata.

L'accertamento e la contestazione delle violazioni amministrative in materia di circolazione stradale non postulano necessariamente la diretta percezione sensoriale del verbalizzante della consumazione dell'illecito in flagranza, ben potendo utilizzarsi, ai predetti fini, elementi di prova anche indiretti o indizi univocamente convergenti, fermo restando che l'efficacia probatoria privilegiata del verbale, ai sensi dell'art. 2700 c.c., resta limitata ai fatti verificatisi sotto la diretta percezione dello stesso verbalizzante ed alle dichiarazioni (oggettivamente intese e non già alla veridicità del relativo contenuto) rese alla presenza del medesimo (Cass. civ. n. 6196/2011).

In ogni caso il verbale di accertamento, quale atto amministrativo, deve possedere, a pena di nullità, i requisiti formali e sostanziali previsti dalla legge: 1) l'indicazione dell'autorità che lo ha emesso; 2) la data e il luogo della commessa violazione; 3) gli elementi essenziali per l'identificazione del trasgressore; 4) gli elementi essenziali per l'identificazione della cosa utilizzata per la violazione (nel codice della strada: la targa del veicolo); 5) esposizione dei fatti e l'indicazione della norma violata; 6) inserimento delle dichiarazioni del presunto trasgressore; 7) l'indicazione della possibilità del pagamento della sanzione pecuniaria in misura ridotta; 8) le sommarie istruzioni circa la possibilità del ricorso con l'indicazione dell'autorità competente a riceverlo; 9) la sottoscrizione.

Tali requisiti sono ritenuti indispensabili al fine di consentire il corretto esercizio del diritto di difesa del presunto contravventore e la loro mancanza è ritenuta causa di nullità del processo verbale.

In tema di violazioni al codice della strada, il verbale di contestazione deve specificare, a pena di nullità, gli elementi indispensabili a garantire la completezza della contestazione e ad assicurare l'esercizio del diritto di difesa, mentre i vizi formali rilevano solo in quanto siano ostativi all'espletamento della tutela difensiva e cioè impediscano illegittimamente al cittadino di opporre alla P.A. procedente le ragioni giustificative del comportamento contestatogli, la propria estraneità al fatto o l'insussistenza dello stesso (Cass. n. 532/2010).

Va aggiunto che, ove il processo verbale sia stato redatto tramite sistema meccanizzato o di elaborazioni dati con la sola indicazione a stampa delle generalità dell'accertatore, la sottoscrizione autografa dell'agente, come del resto si evince dal terzo comma dell'art. 385 del regolamento di esecuzione e di attuazione del cds, non è configurabile quale elemento ontologicamente essenziale per la sua validità, in quanto i dati estrinsecati nello stesso contesto del documento consentono di accertare aliunde la sicura attribuilità dell'atto a chi dev'esserne l'autore secondo le norme positive.


In tema di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, e per il caso di contestazione non immediata della infrazione, poiché l'art. 385 del regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada prevede al terzo comma che, in tale caso, il verbale redatto dall'organo accertatore rimane agli atti dell'ufficio o comando, mentre ai soggetti ai quali devono essere notificati gli estremi viene inviato uno degli originali o copia autenticata a cura del responsabile dello stesso ufficio o comando, e che, allorquando il verbale sia stato redatto con sistema meccanizzato o di elaborazione dati, esso viene notificato con il modulo prestampato recante la intestazione dell'ufficio o comando predetti, va affermato che il modulo prestampato notificato al trasgressore, pur recando unicamente l'intestazione dell'ufficio o comando cui appartiene il verbalizzante, è parificato per legge in tutto e per tutto al secondo originale o alla copia autenticata del verbale ed è, al pari di questi, assistito da fede privilegiata (Cassazione civile n. 6716/2009).


8. L'efficacia probatoria del processo verbale
Il processo verbale è atto pubblico e, quindi, in quanto redatto da pubblico ufficiale, gli è attribuita pubblica fede.

Ai sensi dell'art. 2700 c.c. esso fa piena prova, fino a querela di falso:
a) della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato;
b) delle dichiarazioni delle parti;
c) dei fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.


Il contenuto del verbale di accertamento di infrazione ha efficacia probatoria privilegiata, e la contestazione della realtà degli accadimenti e dell'effettivo svolgimento dei fatti non è ammessa nel giudizio di opposizione al pagamento della sanzione amministrativa, essendo necessario un autonomo giudizio di querela di falso (Cass. civ. n. 14570/2011).

Al contrario, non può essere attribuita fede privilegiata alle dichiarazioni di fatti che si attestano non essere avvenuti sotto la diretta percezione degli agenti, ma desunti (a) da accertamenti tecnici, come avviene, ad esempio, nella ricostruzione di incidenti stradali, o (b) da valutazioni di congruità in ordine alla condotta di guida del presunto trasgressore.

Secondo l'art. 141 c.strad. la pericolosità della condotta di guida deve essere desunta dalle caratteristiche e dalle condizioni della strada e del traffico e da ogni altra circostanza di qualsiasi natura. Essa di per sé non costituisce un fatto storico, che possa essere attestato, ma è il portato di un giudizio, di una valutazione sintetica, che è desunta dagli elementi indicati dal legislatore. Il giudizio di pericolosità implica un'attività di elaborazione da parte dell'agente accertatore, il quale deve rilevare i fatti che stanno avvenendo (condizione del veicolo, della strada, del traffico) e sottoporli a critica, per desumerne la valutazione di congruità ai criteri di buona condotta di guida o, appunto, di pericolosità. Ne consegue che detta valutazione è priva di efficacia probatoria privilegiata e che il g.d.p. ha correttamente interpretato l'art. 2700 c.c. (Cass. civ. n. 15108/2010).


9. La prescrizione
L'art. 28 della legge n. 689 del 1981, al quale rimanda l'art. 209 C.d.S., recita: “Il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate nella presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione.
L'interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del codice civile”.

La prescrizione è causa di estinzione di un diritto. Essa si verifica quando il titolare di un diritto non lo esercita per un periodo di tempo stabilito dalla legge (art. 2934 c.c.). La decorrenza della prescrizione ha inizio dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.).


In tema di prescrizione delle violazioni amministrative, l'illecito previsto all'art. 93, comma 5, c. strad. concernente la mancata richiesta del certificato di proprietà al pubblico registro automobilistico entro un termine prestabilito, si configura come illecito omissivo istantaneo, in quanto il termine di adempimento dell'obbligo (entro sessanta giorni dall'effettivo rilascio della carta di circolazione) è finale e perentorio, con la conseguenza che, una volta decorso, la situazione antigiuridica prevista dalla norma si è irrimediabilmente verificata e la prescrizione inizia a decorrere dalla scadenza del termine fissato (Cass. civ. n. 8097/2011).

Le ragioni dell'istituto della prescrizione sono state individuate sia nella esigenza di certezza dei rapporti giuridici sia nella volontà del legislatore di sanzionare l'inattività del titolare del diritto in quanto frutto di negligenza o di disinteresse.

Secondo la statuizione dell'art. 2934 c.c. la prescrizione non opera in ordine ai diritti indisponibili (diritti della personalità) e agli altri diritti indicati dalla legge.

L'interruzione della prescrizione si ha quando il titolare compie atti in cui si ravvisa la sua volontà di non rinunciare al proprio diritto. L'interruzione ha per effetto di far decorrere un nuovo periodo di prescrizione, a nulla valendo il periodo trascorso prima.

Il codice civile richiede, ai fini dell'interruzione, che siano posti in essere atti idonei, quale la notificazione di un atto con cui si dà inizio a un giudizio. Nel sistema del procedimento sanzionatorio interrompe la prescrizione anche un atto amministrativo di ingiunzione.

L'effetto interruttivo della prescrizione esige che il debitore abbia conoscenza legale dell'atto del creditore.

In tema di violazioni al codice della strada, il comma 1 dell'art. 28 l. n. 689/1981, stabilisce che il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla stessa legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione e che la prescrizione inizia a decorrere dal giorno della violazione amministrativa, ciò perché il diritto di credito dell'amministrazione alla somma di danaro costituente la sanzione amministrativa pecuniaria sorge direttamente dalla violazione, la quale si pone come fonte dell'obbligazione, mentre l'ordinanza di pagamento ha l'effetto di determinare la somma dovuta. Ne consegue come la prescrizione si riferisce non solo al diritto di riscuotere la sanzione pecuniaria, ma anche al potere dell'amministrazione di applicare la sanzione comminata dalla legge per la violazione accertata (GdP Roma04.04.2012).

Se durante i cinque anni di cui all'art. 28 della legge n. 689 del 1981 interviene un provvedimento amministrativo di ingiunzione, regolarmente notificato al debitore, la prescrizione è interrotta e ricomincerà a decorrere ripartendo da zero, per cui ci vorranno altri cinque anni, senza che intervenga altro atto idoneo a interromperla, perché il diritto si estingua.

Qualsiasi atto del procedimento previsto dalla legge per l'accertamento della violazione e per l'irrogazione della sanzione amministrativa è finalizzato a far valere il diritto dell'Amministrazione interessata alla riscossione della relativa pena pecuniaria. Ciò, infatti, è giustificato dal fatto che tale atto rappresenta esercizio della pretesa sanzionatoria e, dunque, è idoneo a costituire in mora il debitore ai sensi dell'art. 2943 c.c., con conseguente effetto interruttivo della prescrizione (Trib. Milano Sez. I, 12/07/2011).

L'effetto interruttivo della prescrizione si ha dal momento in cui il destinatario dell'atto ne abbia conoscenza (legale, non necessariamente effettiva). La questione non è sempre priva di conseguenze, perché, ove l'atto sia consegnato all'Ufficiale Giudiziario in tempo utile ma giunga a conoscenza (legale, non necessariamente effettiva) quando ormai la prescrizione sia compiuta, l'interruzione non ha luogo.


“In tema di sanzioni amministrative, la consegna del verbale di accertamento all'ufficiale giudiziario per la notifica non è idonea ad interrompere il decorso del termine di prescrizione quinquennale del diritto alla riscossione previsto dall'art. 28 l. 24 novembre 1981 n. 689, dovendosi ritenere che il principio generale - affermato dalla sentenza n. 477 del 2002 della Corte cost. - secondo cui, quale che sia la modalità di trasmissione, la notifica di un atto processuale si intende perfezionata, dal lato del richiedente, al momento dell'affidamento dell'atto all'ufficiale giudiziario, non si estenda all'ipotesi di estinzione del diritto per prescrizione, in quanto, perché l'atto produca l'effetto interruttivo del termine, è necessario che lo stesso sia giunto alla conoscenza (legale, non necessariamente effettiva) del destinatario” (Cass. civ. n. 9841/2010).

Al riguardo va sottolineato che, ove l'atto sia notificato, a mezzo del servizio postale, a persona diversa dal destinatario, ancorchè familiare convivente, l'agente postale deve darne notizia al destinatario medesimo a mezzo di lettera raccomandata (art. 7, comma 6, L. n. 890/1982).

Diversa dalla interruzione è la sospensione, che è il periodo entro il quale vi è l'impossibilità per il titolare del diritto di esercitarlo.

Le conseguenze della sospensione sono diverse da quelle della interruzione. Infatti, in questo caso non si calcola, ai fini del decorso della prescrizione, solamente il periodo in cui perdura la causa di sospensione. Pertanto, per stabilire se sia maturata la prescrizione, si dovrà sommare il tempo di inerzia trascorso prima della sospensione al periodo decorso dopo la stessa.

La sospensione, dunque, non toglie valore al periodo precedente al fatto che l'ha determinata e, come è stato felicemente osservato, può paragonarsi ad una parentesi (Torrente-Schlesinger = Manuale di diritto privato).

L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione tra le quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento (Cass. civ., sez. lavoro, n. 14163/2011).


10. La decadenza
Affine alla prescrizione è l'istituto della decadenza. Ma mentre con la prescrizione si ha la perdita di un diritto già acquisito, con la decadenza si verifica l'impossibilità di esercitare un potere quando è trascorso il tempo stabilito dalla legge.
Un esempio potrà rendere meglio il concetto.
Il codice della strada, all'art. 201, prescrive che, nell'ipotesi di impossibilità di contestare la violazione nell'immediatezza, il verbale deve essere notificato, a pena di decadenza, entro novanta giorni dall'accertamento.
Ne segue che: a) oltre il termine di decadenza di novanta giorni, l'Amministrazione procedente non ha più titolo per far valere la sua pretesa sanzionatoria; b) notificato nei termini il verbale, l'Amministrazione procedente può esercitare il suo potere entro cinque anni (prescrizione).


“ I termini di decadenza decorrono per il solo fatto materiale del trascorrere del tempo, indipendentemente dalle situazioni soggettive ed oggettive verificatesi "medio tempore" e dalle quali sia dipeso l'inutile decorso del termine, salve le eccezioni tassativamente previste dalla legge, atteso che, mentre il fondamento della prescrizione consiste nella presunzione di abbandono di un diritto per inerzia del titolare, il fondamento della decadenza si coglie nell'esigenza obiettiva del compimento di particolari atti entro un termine perentorio stabilito dalla legge o dalla volontà dei privati. Ne deriva che detti termini non devono essere intesi in modo elastico e che la loro violazione rileva comunque, anche se è di modesta entità” (Cass. civ. n. 3078/2010).


11. Approfondimenti

In queste note abbiamo trattato del procedimento amministrativo previsto per l'accertamento e la contestazione delle violazioni. Le regole che disciplinano il procedimento sono state poste a garanzia del diritto di difesa che, a norma dell'art. 24 Costituzione, è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Il lemma procedimento non è scelta occasionale, ma per significare che il diritto del cittadino è inviolabile anche nelle fasi del procedimento amministrativo.
Il principio, dunque, rappresenta una grande svolta storica rispetto al passato, caratterizzato dal modello di una pubblica amministrazione autoritaria e unilaterale, e tende a introdurre il modello dell'amministrazione partecipata e autoritaria.
Questo passaggio non è senza influenza nella vita di tutti i giorni. Basti pensare alla possibilità offerta alle varie associazioni di consumatori di intervenire, nelle fasi del procedimento, per la tutela di interessi collettivi o diffusi.
La Corte Costituzionale a tal riguardo ha precisato che il diritto alla tutela giurisdizionale va ascritto tra i principi supremi del nostro ordinamento costituzionale, in cui è intimamente connesso con lo stesso principio di democrazia di assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, e, quindi, anche per le controversie che vedono in contrapposizione lo Stato o gli Enti Pubblici territoriali, un giudice e un giudizio.
Alcuni Autori ritengono possibile applicare anche nel procedimento sanzionatorio la legge 7 agosto 1990 n. 241 per la quale “L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario” (art. 1, comma 1).

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno risolto la questione in senso negativo (Cass., SSUU, n. 9591/2006; cfr. anche Cass. civ., sez. II, n. 17625/2007).

La disposizione di cui all'art. 2, comma 3, l. n. 241 del 1990, tanto nella sua originaria formulazione (secondo cui il procedimento amministrativo deve essere concluso entro il termine di trenta giorni) quanto in quella risultante per effetto delle modifiche apportate dall'art. 46 bis d.l. n. 35 del 2005 (conv. dalla l. n. 80 del 2005 che ha elevato detto termine a 90 giorni) è incompatibile con i procedimenti regolati dalla l. 24 novembre 1981 n. 689 (Cassazione civile n. 11114/2007).

La disposizione di cui all'art. 2, comma 3, l. 7 agosto 1990 n. 241, tanto nella sua originaria formulazione (nella specie applicabile "ratione temporis"), secondo cui il procedimento amministrativo deve essere concluso entro il termine di trenta giorni, quanto nella formulazione risultante dalla modificazione apportata dall'art. 36 bis d.l. 14 marzo 2005 n. 35, conv. dalla l. 14 maggio 2005 n. 80, secondo cui detto termine è di novanta giorni, nonostante la generalità del testo legislativo in cui è inserita, è incompatibile con i procedimenti regolati dalla l. 24 novembre 1981 n. 689, che costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi i cui tempi sono regolati in modo da non consentire anche nell'interesse dell'incolpato, il rispetto di un termine così breve. (Cassazione civile n. 9086/2007).

Proprio nell'ottica della tutela dei diritti vanno inquadrate le norme sulla decadenza e sulla prescrizione che vanno intese quali norme dettate dall'esigenza di certezza dei rapporti giuridici, senza cui il cittadino, specialmente nelle controversie contro lo Stato e/o gli Enti pubblici territoriali, rimarrebbe perennemente con la spada di Damocle.
Raffaele Vairo - raffaelevairo@libero.it
Data: 02/11/2013 10:00:00
Autore: Raffaele Vairo