Equità valutativa, correttiva e integrativa nel risarcimento del danno da fatto illecito. Presupposti di applicabilità
Consideratoche l'articolo 115, codice di procedura civile, stabilisce che “…ilgiudice deve porre a fondamento della decisione le prove propostedalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti nonspecificatamente contestati dalla parte costituita”, laCorte di Cassazione Civile, con la sentenza 4 febbraio 2014, n. 2370,in relazione ad un giudiziosull'illegittimità di un provvedimento di fermo amministrativonotificato al contribuente da parte di Equitalia,ha statuito che l'esercizio del potere discrezionale del giudice diliquidare il danno in via equitativa,“dà luogo, non già a un giudizio di equità, ma a un giudiziodi diritto,caratterizzato dalla cosiddettaequità giudiziale correttiva o integrativa,che, pertanto, da un lato, è subordinato alla condizione che risultiobiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parteinteressata, provare il danno nel suo preciso ammontare, dall'altronon ricomprende anche l'accertamento del pregiudizio della cuiliquidazione si tratta, presupponendo già assolto l'onere dellaparte di dimostrare la sussistenza e l'entità materiale del danno…”.Iltermine “equità” acquista dunque connotati differenti a secondadel caso concreto, usato sia come criterio valutativo del danno (nelcaso in cui sia assolutamente impossibile stabilirne l'ammontare) siacome correttivo o integrazione alla prova già fornita dalla parteonerata.
Laparte interessata deve, comunque, fornire in giudizio elementiprobatori e dati di fattoidonei per consentire al giudice di decidere affinchè il suoapprezzamento equitativo colmi le sole eventuali lacune insuperabilinell'iterdella determinazione precisa del danno subito.
Data: 10/02/2014 12:00:00Autore: C.G.