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L'inapplicabilità dell'IRAP ai Professionisti operanti in strutture terze



Antonella Basso

legale@studiobusatta.it
L'art. 2 del D. Lgs. 15.12.97 n. 446 individua il presupposto dell'IRAP nell'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.
Con specifico riferimento alla locuzione “autonomamente organizzata”, la Circolare Ministeriale n. 141/E del 4 giugno 1998 precisa che “l'obiettivo che il Legislatore ha inteso perseguire è quello di escludere dall'ambito di applicazione del tributo tutte quelle attività che, pur potendosi astrattamente ricondurre all'esercizio di impresa, arti e professioni, non sono tuttavia esercitate mediante un'organizzazione autonoma da parte del soggetto interessato”.
Questa circolare, perciò, specifica che all'imposizione dell'IRAP non sono attratte quelle attività che, nonostante siano riconducibili all'esercizio di arti e/o professioni, non sono esercitate mediante organizzazione autonoma da parte del soggetto interessato.
La Corte Costituzionale, nella sentenza 21.5.2001 n. 156, ha inoltre affermato che il presupposto dell'IRAP non è integrato “nel caso di una attività professionale … svolta in assenza di elementi di organizzazione”.
Tale condizione, tra l'altro, è stata più volte interpretata dalla giurisprudenza di legittimità e di merito nel senso della non assoggettabilità ad IRAP per il professionista che svolge la propria attività in assenza di una struttura organizzativa di rilievo.

Principi, questi, ribaditi dalla Corte Costituzionale negli arresti numero 286/2001 e 103/2002, nonché dalla Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, nella giudizio numero 21203/2004, in cui la stessa Agenzia veniva chiamata a pronunciarsi in merito alla Sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale di Firenze n. 3/32/04.
È la stessa Agenzia delle Entrate che con la Circolare n. 45/E del 13 giugno 2008, prendendo atto della posizione dei giudici di legittimità, non ritiene più sostenibile la tesi, a lungo difesa in sede contenziosa, dell'obbligo di imponibilità IRAP generalizzato per qualsiasi titolare di reddito di lavoro autonomo.
Ad integrare il tutto, non vanno inoltre dimenticate alcune pronunce emesse dagli Ermellini nel corso del 2007 e basate proprio su predetta circolare. Nello specifico gli arresti numero 3672 - 3676 - 3678 - 3680. Sentenze, queste, che hanno dato il via al quel ramo di dottrina e giurisprudenza, ad oggi individuato come ramo principale, che riconosce il non assoggettamento all'IRAP da parte del lavoratore autonomo (sia esso professionista o meno).
In esse, infatti, si afferma il principio secondo il quale, sulla base degli artt. 2 e 3 comma 1, D.Lgs 446/97, l'esercizio di attività di lavoro autonomo risultano escluse dall'applicazione dell'IRAP solo nel caso in cui queste interessino attività non autonomamente organizzate.
Con l'arresto n. 3678/2007, viene osservato che “il tributo colpisce una capacità produttiva ‘impersonale e aggiuntiva' rispetto a quella propria del professionista […] Il requisito dell'autonoma organizzazione dell'attività di lavoro autonomo il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, sussiste tutte le volte in cui il contribuente che eserciti l'attività di lavoro autonomo:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che secondo l'id quod plerumque accidit costituiscono nell'attualità il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività anche in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui”.

Principi, questi, ripresi in innumerevoli decisioni della Suprema Corte e, da ultimo, ribadito con la recente ordinanza n. 4111/2014 del 22 gennaio 2014.
Il 13 giugno 2012, poi, con sentenza n. 9692, la Suprema Corte evidenzia come il professionista sia assoggettabile a IRAP, integrando il requisito dell'autonoma organizzazione, solamente quando la struttura che coadiuva il professionista faccia capo a lui stesso.
Non sono ritenuti quindi soggetti al tributo i lavoratori autonomi che percepiscono compensi per le attività svolte all'interno di strutture di terzi e perciò da altri organizzate, ovvero se eserciti la professione in strutture riferibili ad altrui responsabilità.
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Associato Studio Busatta & Partners
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Cittadella (Pd)
Data: 02/04/2014 16:11:00
Autore: Antonella Basso