Molestie: per integrare il reato non è necessaria l'abitualità
Anche una sola azione di disturbo puòintegrare il reato di molestie, non essendo necessaria l'abitualità. Lo hasancito la prima sezione penale della Corte di Cassazione con sentenza n. 23619del 5 giugno 2014, accogliendo su questo punto il ricorso di un uomo condannatoin appello per il reato di molestie continuate attuato per “biasimevole motivo”nei confronti dell'ex moglie.
Rigettando tutti gli altri motivi dicontestazione e confermando la materialità dei fatti per come dedotti dallacorte distrettuale, essendo integrato l'elementosoggettivo del reato “dato dalla coscienza e volontà di attuare condotte cherisultino moleste per la parte lesa, a prescindere dai motivi personali chepossano avere determinato l'agente”, gli ermellini ritenevano, tuttavia, fondatoil motivo di ricorso attinente alla ritenuta continuazione.
Distinguendo, conriferimento alla fattispecie di cui all'art. 660 c.p., tra reato continuato e abituale,la S.C. affermava che “il reato di molestie non ènecessariamente abituale, potendo essere realizzato anche con una sola azione,di tal che la reiterazione delle azioni di disturbo ben può configurare ipotesidi continuazione. Peraltro tale impostazione di carattere generale nonimpedisce di rilevare che, in fatto, la vicenda concreta si sia snodata concaratteristiche tali da rendere la condotta abituale ed integrante il reatosolo nella globalità unitaria delle condotte. Nella fattispecie ciò si rende evidente considerando che sitrattò di tre episodi racchiusi nel breve giro di due mesi. Tanto ritenuto,occorre escludere la ritenuta continuazione”.
Per queste ragioni, la corte haannullato la sentenza impugnata limitatamente all'aumento di pena per lacontinuazione, eliminando la frazione di pena (un mese di arresto), irrogata atale titolo, e rigettando nel resto il ricorso.
Data: 15/06/2014 12:20:00Autore: Marina Crisafi