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Sicurezza alimentare: rendere la carne più 'appetitosa' è reato



Dalla Cassazione arriva un giro di vite peri commercianti che adulterano gli alimenti per renderli più appetibili e,quindi, più facilmente vendibili. Nella sentenza n. 22618 del 30 maggio scorso,la prima sezione penale della S.C. ha, infatti, confermato la condanna ex art.440 c.p. del titolare di una macelleria colpevole di avere aggiunto “solfiti”alla carne venduta per farla sembrare più fresca, continuando la venditanonostante lo shock anafilattico provocato ad una cliente a seguito del consumodel prodotto.

Ritenendo indubbio il nesso eziologico tra l'assunzione delprodotto (polpetta preparata in casa con la carne adulterata) e le lesionigravissime riportate dalla vittima (shock anafilattico, con conseguente arrestocardiocircolatorio e respiratorio post anossico), la Corte ha ravvisato lapresenza del reato di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentariprevisto dall'art. 440 c.p., il quale è reato “a forma libera” che quindi “può realizzarsi anche mediante attività nonocculte o fraudolente, né espressamente vietate dalla legge”.

Quantoall'elemento psicologico, questo “è costituito dal dolo generico, di tal cherisulta sufficiente la semplice coscienza e volontà della condotta edell'evento ad essa ricollegabile (pericolo obiettivo per la salute pubblicaconnesso al corrompimento o all'adulterazione delle acque o sostanze destinateall'alimentazione), senza alcuna necessità che il detto evento sia specificamenteperseguito in funzione dell'obiettivo di realizzare un attentato alla salutepubblica”.

Nella fattispecie portata alla sua attenzione, ha osservato la S.C.,sono sufficienti a configurare il dolo generico richiesto dalla normativa, siala volontà del soggetto di adulterare la carne tritata “in quanto scientementela condì con una polverina che conteneva solfiti per renderla accettabile esteticamente”,sia la dovuta conoscenza della previsione normativa che l'uso dei solfiti “ammessonegli insaccati, è assolutamente vietato sulle carni fresche, in forza deldecreto ministeriale 27.2.21996 n. 209”, mentre è irrilevante, il fatto che “eglie i suoi familiari abbiano fatto uso di questo tipo di carne adulterata, vistoche nessuno di loro, per loro fortuna, aveva insofferenza ai solfiti”, poiché ciònon escludeva “il rischio che nella platea dei clienti ci fossero soggetti allergici e chequindi il non rispetto del divieto avrebbe potuto avere ripercussioni susoggetti presidiati dal divieto medesimo”.

Data: 24/06/2014 18:00:00
Autore: Marina Crisafi