L'incredibile imbroglio della democrazia: teoria e pratica
L'INCREDIBILE IMBROGLIO DELLA “DEMOCRAZIA”
di Angelo Casella
1.- Come tutti sanno, democrazia è termine composto da due lemmi greci,δέμος (popolo) e χρατòς (potere), e significa appunto: “potere delpopolo”.
In generale, si attribuisce perciò la qualifica “democratico” aquell'organismo collettivo (associazione o nazione), le cui decisionivengono assunte dagli stessi partecipanti e non da uno solo o da unaparte di questi. Il meccanismo di formazione della volontàdell'organismo, è riferito unicamente ai soggetti componenti e non adaltre entità o poteri (economico, religioso, ecc.).Su piano concettuale, dunque, vi è la massima chiarezza. Assai meno,sul piano della sua applicazione pratica.
Da secoli, ormai, ed in modo consuetudinario, si definisce democraticoquel sistema politico che prevede la consultazione popolare medianteelezioni.Con le elezioni, infatti, il popolo può designare alcuni suoimembri perché si occupino, in nome di tutti, di elaborare – e farapplicare – le deliberazioni necessarie alla gestione ed alla tuteladel gruppo sociale.
Questa designazione, peraltro, realizza una situazione che è esattamente all'opposto di quella che pretenderebbe il “potere del popolo”. A ben vedere, non vi è atto più anti-democratico del voto.
La votazione, infatti, è il gesto con il quale il δέμος (inteso come l'insieme dei cittadini), si spossessa del χρατòς e lo consegna ad altri.
2.- Come vedremo più oltre in dettaglio, non si tratta di un incarico, madi una vera sostituzione, che cancella il cittadino degradandolo adoggetto consegnato nelle mani degli eletti.Se nella monarchia assoluta (considerata l'opposto della democrazia),vi è un sovrano che accentra in sé tutti i poteri, nella democrazia,questo è il gruppetto degli eletti.Ma in entrambi i casi, vi è sempre un sovrano: il modello di gestionedella cosa pubblica è identico.Sia nella tirannide, sia nella democrazia (così come sopra descritta),il δέμος
La cesura con quest'ultimo ètotale.Diverso, nei due casi, è soltanto il modo con il quale è individuato il gestore delpotere pubblico, ma non la sua modalità di conduzione, che rimane -comunque – distaccata ed avulsa dal popolo.Il χρατòς, torniamo a sottolinearlo, è trasferito dal popolo a questogruppo ristretto, che lo gestisce in modo totalmente autonomo ediscrezionale ed a volte perfino contrario alla volontà popolare.
3.- Il semplice fatto elettorale, quale momento realizzativo ed esaustivodella “democrazia”, costituisce -ad ogni effetto – una delega in bianco (e come tale di per sé improponibile), che riserva in via esclusiva ad alcuni soggetti ciòche appartiene all'insieme dei membri della collettività.Per certi aspetti, anzi, può perfino considerarsi atto costitutivo diun potere aggiuntivo rispetto a quello di cui dispone il singolocittadino che vota.
L'individuo, infatti, nell'ambito della comunità nella quale si trova,non può gestire sé stesso in totale ed assoluta libertà: deve tenerconto dei limiti che gli provengono dalla presenza altrui.I beneficiari della delega elettorale, invece, in quanto essa è privadi contenuti, sono investiti di un potere senza confini, perchétotalmente discrezionale e senza controlli. Se, anzi, come èfrequente, si abbandonano ad illegalità ed abusi di potere, nonpossono essere sanzionati perché ciò non è previsto dal sistemapolitico democratico.
Se nello Stato detto democratico il popolo fosse realmente il titolaree depositario del potere, dovrebbe poter esercitare una direzione edun controllo su questi delegati. Gli spetterebbe, altresì, la facoltàdi congedare e sostituire i delegati indegni, di respingere ecorreggere deliberazioni sgradite, ovvero anche di fare piazza pulita,nominando ex novo un altro gruppo di delegati. Tutto ciò non gli èinvece affatto consentito.
In sostanza, viene riconosciuta al popolo una pseudo-sovranità, cheemerge solo nel momento in cui gli si chiede di trasferirla ad altri.Ad un ristretto numero di persone che, nella pratica, possono essereinfluenzate, guidate, inibite, dai poteri esistenti nella società (religioso, economico, od altro).Non si riscontrano, nella vita politica, altri momenti dipseudo-sovranità popolare: né prima, né dopo il voto.
4.- I movimenti dipiazza non costituiscono espressione di sovranità, ma, al contrario,ne definiscono l'assenza. E le istanze e le proposte di leggepresentate dal popolo, vengono sistematicamente ignorate.Là dove nacque, nell'Atene di Pericle, la democrazia così concepitapoteva assumere l'effettiva valenza di un “potere del popolo”. Ma ilcontesto era ben diverso: una microstruttura che rendeva le votazioniquasi una nomina di amministratore condominiale, con un controllo,stretto ed immediato, degli eletti.
Trasferire questo modello ad una realtà allargata, significa renderlo“indiretto”, cioè truccare le carte, poiché la pseudo-delega che sirende necessaria contraddice, annullandolo, il suo teorico contenuto“demo-cratico”.
5.- Incidentalmente, questa contrapposizione tra δέμος e χρατòς, ha dato origine ad una miriade di analisi e di studi, nonché ad infinite contrapposizioni pratiche per affermare, individuare e definire soddisfacentemente l' eguaglianza fra gli esseri umani, sul piano sostanziale e non solo formale.Nel suo famoso proclama del 18 brumaio, Napoleone cambiò drasticamente il motto della Rivoluzione, da “libertà, eguaglianza, fraternità” in: “libertà, eguaglianza, proprietà“, a voler intendere che la proprietà è presidio fondamentale della libertà, nel senso che solo il proprietario è libero.Una affermazione, in realtà, fortemente ambigua e dissonante dallo spirito che animò la Rivoluzione, poiché se ne deriva che chi più possiede, più è libero.In tal modo, il concetto di libertà viene in qualche modo tradotto, da principio assoluto, in dato quantitativo, rendendolo così del tutto contrastante con il principio dell'eguaglianza, che Napoleone vanamente e vuotamente ripete, avendo accostato elementi incompatibili: nella sua formulazione, infatti, l'eguaglianza non è affatto accostabile a quel concetto di libertà, in quanto la libertà ha la sua base nell'eguaglianza.L'eguaglianza significa un identico potenziale di accesso ai beni della vita, alle conoscenze, alla salute, al cibo per vivere, al lavoro, (inteso come espressione della personalità), senza le costrizioni derivanti da una squilibrata appropriazione privata delle risorse. Non è nell'appropriazione delle risorse che si esprime l'eguaglianza, bensì nella eguale possibilità per tutti di accedervi.
6.- Si può altresì osservare che sottoporsi ad un padrone (tale dovendosi definire chi viene ad avere il potere di stabilire le regole del proprio comportamento e le modalità del vivere, la quantità ed uso dei propri beni, gestire i propri soldi e risparmi, prescrivere come giudicare e perfino quale debba essere il contenuto degli orientamenti morali ed etici, come nell'aborto, procreazione assistita, fine vita, ecc.), è decisione strettamente individuale, soggettiva e personale, che stride insanabilmente con il concetto di “maggioranza”.In linea di principio astratto, quindi il voto dovrebbe costituire una scelta valida solo se operata dall'unanimità dei membri della collettività.Al proposito, per miglior chiarimento concettuale, è lecito il parallelo con la vendita di un bene in comunione fra più soggetti. In questa fattispecie, vi è un diritto individuale, una titolarità del diritto di proprietà che fa capo ad ognuno dei proprietari, ed una situazione di fatto (il bene unico) che unisce tra loro i comproprietari.In tale situazione, per realizzare la vendita del bene comune, è necessaria la volontà concorde di tutti i proprietari. Come nel caso sopra esposto, nel quale la collettività dei proprietari non può disporre a maggioranza del diritto facente capo ai singoli proprietari.Così dunque dovrebbe essere nell'ipotesi del voto politico. Ed anzi, addirittura a maggior ragione in quanto, in tal caso, la cessione di titolarità non riguarda un diritto su un semplice oggetto, bensì il più prezioso dei beni che fanno capo all'essere umano: la propria libertà di autodeterminazione.Queste considerazioni elementari consentono anche di valutare quanto scarsamente accettabile si presenti il caso (non infrequente) nel quale non la totalità, ma neppure la maggioranza dei cittadini vada a votare. Che senso hanno – in tal caso – le elezioni, se solo una parte dei membri della collettività accetta di “delegare” ?
7.- Connesso poi al sistema dei partiti, il fatto elettorale viene aformare quella che è stata definita correttamente una “casta”, unacongrega autoreferenziale di politicanti di mestiere, che siautogratificano in modo indecente con i più esagerati privilegi(mentre a chi riceve un incarico, non può, ovviamente, spettare distabilirne egli stesso i contenuti, i modi di esecuzione e anche ilcompenso). Di questo cataplasma politico diventa poi praticamenteimpossibile sbarazzarsi in quanto tutta la vita politica del Paesepassa attraverso i gestori di questa deriva: i partiti stessi.I partiti si pongono di fronte all'elettorato come i custodi edifensori di una certa ideologia che altro non è se non ladeformazione pratica di una qualche idea politica. In realtà, pergovernare, non occorrono ideologie, cioè soluzioni precostituite pertutti i problemi concreti. Non esiste infatti, e non può esistere, unaunica chiave di lettura per tutti i problemi che si formano nellamultiforme e complessa realtà odierna.
Come si constata, comunque, il sistema definito “democratico” ètotalmente affine a quello classificato – con orrore – come tirannico.Anche in quest'ultimo caso, il popolo non può esercitare alcuncontrollo sul potere pubblico, non è in grado di indirizzarne ledecisioni, non ha la possibilità di allontanare il despota, senzadover ricorrere ad eventi traumatici come le rivoluzioni.Tra il regime di un Luigi XIV, per intenderci, ed un sistema“democratico” odierno, non vi è alcuna differenza sotto il profilodella gestione del potere pubblico. In entrambi i casi il potere nonappartiene al “popolo”, che rimane escluso dalla assunzione delledecisioni che lo riguardano e sulle quali, dopo, non ha alcunapossibilità di interferire.
Consideriamo il fenomeno sotto diverso profilo.Innanzitutto, occorre comprendere l'invenzione del voto, per megliocoglierne il senso.
Votare, deriva da “vovere”: offrire in voto, consacrare alla divinità,formulando un voto. Da qui l'espressione “ho fatto voto”. Il relativocontenuto semantico riporta dunque ad una espressione di volontà diaffidamento, in funzione dell'ottenimento di un risultato, ocontropartita. In pratica, votare un candidato, implica l'attesa diuna prestazione da parte di questi. Si tratta dunque di unaattribuzione funzionale. Come tale, sottintende di per sè stessa,anche la verifica del risultato. Per questo aveva un senso dovenacque: in una piccolissima realtà sociale.
In un contesto diverso, nella società allargata nella quale ciò non èpossibile, il voto si snatura e diventa una sorta di atto di fede, unaffidamento cieco e totale. Piuttosto anacronistico, trattandosi diaffidare a qualcuno la gestione della propria vita e dei propriinteressi.
8.- Nella sua essenza, il voto, nella società odierna, diventa l'attribuzione di un potere indeterminato. Cioè, si tratta non delconferimento di un incarico, che comporterebbe una definizione dicontenuti, ma di una generica autorizzazione ad agire, una veralicenza che, essendo priva di indicazioni sull'attività da svolgere,è comprensiva anche di una assoluzione preventiva.Ora, è implicito – e perciò non dissociabile dallo stesso concetto -che incaricare comporta invece necessariamente, in primo luogo,stabilire oggetto e limiti dell'incarico e, successivamente,controllarne l'esecuzione.
Altrimenti verrebbe a mancare il presupposto stesso del conferimento,e cioè che l'incaricato faccia ciò che gli è stato chiesto.In sostanza, conferire un potere (il termine conferire vuol dire,significativamente, “portare insieme”), senza poi sorvegliarlo eregolamentarlo, equivale ad armare un esercito e lasciarlo poi senzadirettive nè guida. Con il rischio concreto che questa armata possarivolgersi contro chi l' ha creata.
9.- Un altro aspetto contribuisce a rendere ancora meno democratico ilsistema politico “democratico”.E' infatti connesso all'essenza del concetto di democrazia, lapartecipazione collettiva alle delibere da parte di tutti i soggettiche ne sono coinvolti.
Invece, quando un partito o coalizione ottiene la maggioranza e siedeal governo, si constata che decide da solo e, nel far ciò – segueovviamente i propri specifici orientamenti ed interessi, non quelliche emergono da tutta la collettività.
In pratica, la società viene ad essere governata secondo i criteri ela convenienza di una sola parte di essa.Ora di una, ora dell'altra,a seconda dell'andamento delle elezioni. Ma mai di tutte insieme.Pertanto, in caso di scelte conflittuali, non verranno mai presedecisioni effettivamente corrispondenti all'interesse di tutta lacomunità.
10.- Vediamo ora un caso concreto. Esaminiamo cosa succede negli Usa,il “più grande Paese democratico del mondo”, come afferma qualcuno. Qui, prima ancora che si tengano le elezioni, rileviamo addirittura l'assenza di un correttomeccanismo elettorale.
Il caso è lucidamente inquadrato dal prof. Chomsky, il quale osservacome lo svolgimento del dibattito preelettorale è controllato,condizionato e guidato dai centri di potere economico che,controllando i media, impediscono l'emergere nei dibattiti, incontri,interviste, dei veri problemi che affliggono la società: l'andamentodell'economia, il costo della vita, il lavoro, la sicurezza sociale. Icandidati sono appositamente addestrati ed il popolo, nel suocomplesso, rimane estraneo e disinteressato alle dinamiche chedovrebbero essere poste in atto per dare al Paese una guidademocratica.
Il voto si orienta così sul candidato che riscuote simpatia, quellocon cui si prenderebbe un aperitivo al bar e magari si farebbe unapartita a carte. Dei problemi veri non si tratta e quindi non sicercano le persone adatte a risolverli.D'altro canto, rileva ancora Chomsky citando il senatore Madison, lamissione originariamente affidata dai “padri costituenti” alcostituendo Stato fu esplicitamente quella di “proteggere i benestantidalla maggioranza”.E tale è ancora oggi il modello di riferimentopolitico degli Usa.
Il popolo è totalmente escluso dall'accesso e addirittura dallacomprensione del fenomeno politico.
11.- Come sottolinea l'economista premio Nobel, Stiglitz, negli Usa“praticamente tutti i senatori e la maggioranza dei rappresentantialla Camera, appartengono a quella fascia del' 1% dei più ricchi, giàquando arrivano. E sono mantenuti al loro posto da questo stesso 1% esanno che se opereranno a favore del medesimo 1%, saranno premiatiallorché lasceranno l'incarico… ecco perché, quando le societàfarmaceutiche ricevono un regalo da 1000 miliardi di dollari grazie aduna legge che inibisce al governo (che è il maggior acquirente dimedicinali), di contrattare sul prezzo ed avere sconti, non ci si puòsorprendere.”
In effetti, la stessa costituzione di un ampio collegio parlamentare,nell'ideale intento di favorire una rappresentanza più completapossibile della collettività, è cosa priva di senso se preventivamentenon si stabiliscono quote di rappresentanti per professione e percategorie di reddito (ed in proporzione alla loro consistenzanumerica).
12.- E veniamo ora all'Italia di oggi, un Paese che nessuno, sul piano dei principi teorici tradizionali, avrebbe definito “dispotico”.Purtuttavia, come tutti sanno, pur con queste istituzioni “democratiche”, il noto Berlusconi ha fatto approvare da un Parlamento (che, sempre rispettando le regole “democratiche”, risulta formato da nominati e/o comprati) una quantità incredibile di “leggi”dirette solo a tutelare i suoi personali interessi.In altra sede, abbiamo sottolineato che questi provvedimenti non possono classificarsi “leggi”in quanto questo termine presuppone ontologicamente dei contenuti riferiti all' interesse comune, quello stesso che legittima il potere di legiferare. Sul piano pratico, peraltro, in assenza di Magistrati e di teorici del Diritto che denunciassero tale vizio essenziale, siffatti pronunciamenti parlamentari hanno assunto la forza e gli effetti di leggi vere e proprie.Interessa rilevare che, così operando, il Nostro ha dato la sua voce personale allo Stato. Le istituzioni “democratiche” hanno consentito – nella pratica – che la volontà della collettività nazionale fosse espressa da una sola persona. Cioè che una sola voce parlasse a nome di tutti i cittadini.Esattamente come succede nel sistema politico definito dispotico o tirannico.Pur essendo tutto ciò in stridente contrasto con i decantati principi “democratici”, il Nostro è rimasto al suo posto, fino a quando i burattinai che lo gestivano non hanno deciso di cambiare cavallo.Comunque, non è il sistema politico “democratico” che ha consentito di cacciarlo.Proprio come nel sistema assolutistico-tirannico.Per toglierlo di mezzo, si sono rese necessarie pesantissime pressioni della finanzia internazionale, che ha manovrato lo spread in modo da terrorizzare l'opinione pubblica. Un metodo non propriamente previsto dalle c.d. “istituzioni democratiche” e piuttosto assimilabile (per l'appunto) con i metodi dei congiurati che abbattono il tiranno.
13.- Si constata, in definitiva, che il modello istituzionale“democratico”, considerato ancora oggi la migliore forma che un popolopossa dare alla gestione della cosa pubblica, è solo un falsoideologico. E si rende perciò necessario uno sforzo elaborativoulteriore che conduca ad un sistema migliore.Dati i limiti di questi appunti, ci limitiamo a qualche breve accennoin questa direzione.Si tratta, fondamentalmente, di passare dal concetto di “voto” aquello di “incarico”, cioè di assegnazione di una esplicita mansioneda svolgere.Tutti i governi, del resto, dovrebbero essere composti da “tecnici”,nel senso di persone che sanno quello che sono chiamate a fare.E' pertanto opportuno che il popolo, in luogo di un generico edimproprio “mandato” a degli sconosciuti, raccolti in aggregazionipartitiche influenzate da clan, consorterie e poteri vari, dispongascelte mediante apposite selezioni per merito, doti personali,preparazione ed integrità morale.
Al collegio di specialisti così individuato, e necessariamenteristretto, dovrà essere affidata la realizzazione concreta di unprogramma da discutere su Internet, ed approvato mediante appositaconsultazione popolare.
Ognuno degli elementi del collegio, potrà essere allontanato esostituito in qualunque momento a giudizio di una giuria di cittadinitirati a sorte. Tutti, singolarmente e collettivamente, risponderannopoi del loro operato e della corretta attuazione del programma.Siffatto modello istituzionale è il solo che consente al popolo ilmantenimento e l'esercizio della sua sovranità.
Il radicale cambiamento che esso comporta rispetto al sistema attualeè realizzabile, preferibilmente, mediante la costituzione di unapposito movimento politico che, nell'ambito dell'attuale meccanismoelettorale, ottenga consensi adeguati, nelle forme e con i mezzi piùidonei.
In generale, si attribuisce perciò la qualifica “democratico” aquell'organismo collettivo (associazione o nazione), le cui decisionivengono assunte dagli stessi partecipanti e non da uno solo o da unaparte di questi. Il meccanismo di formazione della volontàdell'organismo, è riferito unicamente ai soggetti componenti e non adaltre entità o poteri (economico, religioso, ecc.).Su piano concettuale, dunque, vi è la massima chiarezza. Assai meno,sul piano della sua applicazione pratica.
Da secoli, ormai, ed in modo consuetudinario, si definisce democraticoquel sistema politico che prevede la consultazione popolare medianteelezioni.Con le elezioni, infatti, il popolo può designare alcuni suoimembri perché si occupino, in nome di tutti, di elaborare – e farapplicare – le deliberazioni necessarie alla gestione ed alla tuteladel gruppo sociale.
Questa designazione, peraltro, realizza una situazione che è esattamente all'opposto di quella che pretenderebbe il “potere del popolo”. A ben vedere, non vi è atto più anti-democratico del voto.
La votazione, infatti, è il gesto con il quale il δέμος (inteso come l'insieme dei cittadini), si spossessa del χρατòς e lo consegna ad altri.
2.- Come vedremo più oltre in dettaglio, non si tratta di un incarico, madi una vera sostituzione, che cancella il cittadino degradandolo adoggetto consegnato nelle mani degli eletti.Se nella monarchia assoluta (considerata l'opposto della democrazia),vi è un sovrano che accentra in sé tutti i poteri, nella democrazia,questo è il gruppetto degli eletti.Ma in entrambi i casi, vi è sempre un sovrano: il modello di gestionedella cosa pubblica è identico.Sia nella tirannide, sia nella democrazia (così come sopra descritta),il δέμος
La cesura con quest'ultimo ètotale.Diverso, nei due casi, è soltanto il modo con il quale è individuato il gestore delpotere pubblico, ma non la sua modalità di conduzione, che rimane -comunque – distaccata ed avulsa dal popolo.Il χρατòς, torniamo a sottolinearlo, è trasferito dal popolo a questogruppo ristretto, che lo gestisce in modo totalmente autonomo ediscrezionale ed a volte perfino contrario alla volontà popolare.
3.- Il semplice fatto elettorale, quale momento realizzativo ed esaustivodella “democrazia”, costituisce -ad ogni effetto – una delega in bianco (e come tale di per sé improponibile), che riserva in via esclusiva ad alcuni soggetti ciòche appartiene all'insieme dei membri della collettività.Per certi aspetti, anzi, può perfino considerarsi atto costitutivo diun potere aggiuntivo rispetto a quello di cui dispone il singolocittadino che vota.
L'individuo, infatti, nell'ambito della comunità nella quale si trova,non può gestire sé stesso in totale ed assoluta libertà: deve tenerconto dei limiti che gli provengono dalla presenza altrui.I beneficiari della delega elettorale, invece, in quanto essa è privadi contenuti, sono investiti di un potere senza confini, perchétotalmente discrezionale e senza controlli. Se, anzi, come èfrequente, si abbandonano ad illegalità ed abusi di potere, nonpossono essere sanzionati perché ciò non è previsto dal sistemapolitico democratico.
Se nello Stato detto democratico il popolo fosse realmente il titolaree depositario del potere, dovrebbe poter esercitare una direzione edun controllo su questi delegati. Gli spetterebbe, altresì, la facoltàdi congedare e sostituire i delegati indegni, di respingere ecorreggere deliberazioni sgradite, ovvero anche di fare piazza pulita,nominando ex novo un altro gruppo di delegati. Tutto ciò non gli èinvece affatto consentito.
In sostanza, viene riconosciuta al popolo una pseudo-sovranità, cheemerge solo nel momento in cui gli si chiede di trasferirla ad altri.Ad un ristretto numero di persone che, nella pratica, possono essereinfluenzate, guidate, inibite, dai poteri esistenti nella società (religioso, economico, od altro).Non si riscontrano, nella vita politica, altri momenti dipseudo-sovranità popolare: né prima, né dopo il voto.
4.- I movimenti dipiazza non costituiscono espressione di sovranità, ma, al contrario,ne definiscono l'assenza. E le istanze e le proposte di leggepresentate dal popolo, vengono sistematicamente ignorate.Là dove nacque, nell'Atene di Pericle, la democrazia così concepitapoteva assumere l'effettiva valenza di un “potere del popolo”. Ma ilcontesto era ben diverso: una microstruttura che rendeva le votazioniquasi una nomina di amministratore condominiale, con un controllo,stretto ed immediato, degli eletti.
Trasferire questo modello ad una realtà allargata, significa renderlo“indiretto”, cioè truccare le carte, poiché la pseudo-delega che sirende necessaria contraddice, annullandolo, il suo teorico contenuto“demo-cratico”.
5.- Incidentalmente, questa contrapposizione tra δέμος e χρατòς, ha dato origine ad una miriade di analisi e di studi, nonché ad infinite contrapposizioni pratiche per affermare, individuare e definire soddisfacentemente l' eguaglianza fra gli esseri umani, sul piano sostanziale e non solo formale.Nel suo famoso proclama del 18 brumaio, Napoleone cambiò drasticamente il motto della Rivoluzione, da “libertà, eguaglianza, fraternità” in: “libertà, eguaglianza, proprietà“, a voler intendere che la proprietà è presidio fondamentale della libertà, nel senso che solo il proprietario è libero.Una affermazione, in realtà, fortemente ambigua e dissonante dallo spirito che animò la Rivoluzione, poiché se ne deriva che chi più possiede, più è libero.In tal modo, il concetto di libertà viene in qualche modo tradotto, da principio assoluto, in dato quantitativo, rendendolo così del tutto contrastante con il principio dell'eguaglianza, che Napoleone vanamente e vuotamente ripete, avendo accostato elementi incompatibili: nella sua formulazione, infatti, l'eguaglianza non è affatto accostabile a quel concetto di libertà, in quanto la libertà ha la sua base nell'eguaglianza.L'eguaglianza significa un identico potenziale di accesso ai beni della vita, alle conoscenze, alla salute, al cibo per vivere, al lavoro, (inteso come espressione della personalità), senza le costrizioni derivanti da una squilibrata appropriazione privata delle risorse. Non è nell'appropriazione delle risorse che si esprime l'eguaglianza, bensì nella eguale possibilità per tutti di accedervi.
6.- Si può altresì osservare che sottoporsi ad un padrone (tale dovendosi definire chi viene ad avere il potere di stabilire le regole del proprio comportamento e le modalità del vivere, la quantità ed uso dei propri beni, gestire i propri soldi e risparmi, prescrivere come giudicare e perfino quale debba essere il contenuto degli orientamenti morali ed etici, come nell'aborto, procreazione assistita, fine vita, ecc.), è decisione strettamente individuale, soggettiva e personale, che stride insanabilmente con il concetto di “maggioranza”.In linea di principio astratto, quindi il voto dovrebbe costituire una scelta valida solo se operata dall'unanimità dei membri della collettività.Al proposito, per miglior chiarimento concettuale, è lecito il parallelo con la vendita di un bene in comunione fra più soggetti. In questa fattispecie, vi è un diritto individuale, una titolarità del diritto di proprietà che fa capo ad ognuno dei proprietari, ed una situazione di fatto (il bene unico) che unisce tra loro i comproprietari.In tale situazione, per realizzare la vendita del bene comune, è necessaria la volontà concorde di tutti i proprietari. Come nel caso sopra esposto, nel quale la collettività dei proprietari non può disporre a maggioranza del diritto facente capo ai singoli proprietari.Così dunque dovrebbe essere nell'ipotesi del voto politico. Ed anzi, addirittura a maggior ragione in quanto, in tal caso, la cessione di titolarità non riguarda un diritto su un semplice oggetto, bensì il più prezioso dei beni che fanno capo all'essere umano: la propria libertà di autodeterminazione.Queste considerazioni elementari consentono anche di valutare quanto scarsamente accettabile si presenti il caso (non infrequente) nel quale non la totalità, ma neppure la maggioranza dei cittadini vada a votare. Che senso hanno – in tal caso – le elezioni, se solo una parte dei membri della collettività accetta di “delegare” ?
7.- Connesso poi al sistema dei partiti, il fatto elettorale viene aformare quella che è stata definita correttamente una “casta”, unacongrega autoreferenziale di politicanti di mestiere, che siautogratificano in modo indecente con i più esagerati privilegi(mentre a chi riceve un incarico, non può, ovviamente, spettare distabilirne egli stesso i contenuti, i modi di esecuzione e anche ilcompenso). Di questo cataplasma politico diventa poi praticamenteimpossibile sbarazzarsi in quanto tutta la vita politica del Paesepassa attraverso i gestori di questa deriva: i partiti stessi.I partiti si pongono di fronte all'elettorato come i custodi edifensori di una certa ideologia che altro non è se non ladeformazione pratica di una qualche idea politica. In realtà, pergovernare, non occorrono ideologie, cioè soluzioni precostituite pertutti i problemi concreti. Non esiste infatti, e non può esistere, unaunica chiave di lettura per tutti i problemi che si formano nellamultiforme e complessa realtà odierna.
Come si constata, comunque, il sistema definito “democratico” ètotalmente affine a quello classificato – con orrore – come tirannico.Anche in quest'ultimo caso, il popolo non può esercitare alcuncontrollo sul potere pubblico, non è in grado di indirizzarne ledecisioni, non ha la possibilità di allontanare il despota, senzadover ricorrere ad eventi traumatici come le rivoluzioni.Tra il regime di un Luigi XIV, per intenderci, ed un sistema“democratico” odierno, non vi è alcuna differenza sotto il profilodella gestione del potere pubblico. In entrambi i casi il potere nonappartiene al “popolo”, che rimane escluso dalla assunzione delledecisioni che lo riguardano e sulle quali, dopo, non ha alcunapossibilità di interferire.
Consideriamo il fenomeno sotto diverso profilo.Innanzitutto, occorre comprendere l'invenzione del voto, per megliocoglierne il senso.
Votare, deriva da “vovere”: offrire in voto, consacrare alla divinità,formulando un voto. Da qui l'espressione “ho fatto voto”. Il relativocontenuto semantico riporta dunque ad una espressione di volontà diaffidamento, in funzione dell'ottenimento di un risultato, ocontropartita. In pratica, votare un candidato, implica l'attesa diuna prestazione da parte di questi. Si tratta dunque di unaattribuzione funzionale. Come tale, sottintende di per sè stessa,anche la verifica del risultato. Per questo aveva un senso dovenacque: in una piccolissima realtà sociale.
In un contesto diverso, nella società allargata nella quale ciò non èpossibile, il voto si snatura e diventa una sorta di atto di fede, unaffidamento cieco e totale. Piuttosto anacronistico, trattandosi diaffidare a qualcuno la gestione della propria vita e dei propriinteressi.
8.- Nella sua essenza, il voto, nella società odierna, diventa l'attribuzione di un potere indeterminato. Cioè, si tratta non delconferimento di un incarico, che comporterebbe una definizione dicontenuti, ma di una generica autorizzazione ad agire, una veralicenza che, essendo priva di indicazioni sull'attività da svolgere,è comprensiva anche di una assoluzione preventiva.Ora, è implicito – e perciò non dissociabile dallo stesso concetto -che incaricare comporta invece necessariamente, in primo luogo,stabilire oggetto e limiti dell'incarico e, successivamente,controllarne l'esecuzione.
Altrimenti verrebbe a mancare il presupposto stesso del conferimento,e cioè che l'incaricato faccia ciò che gli è stato chiesto.In sostanza, conferire un potere (il termine conferire vuol dire,significativamente, “portare insieme”), senza poi sorvegliarlo eregolamentarlo, equivale ad armare un esercito e lasciarlo poi senzadirettive nè guida. Con il rischio concreto che questa armata possarivolgersi contro chi l' ha creata.
9.- Un altro aspetto contribuisce a rendere ancora meno democratico ilsistema politico “democratico”.E' infatti connesso all'essenza del concetto di democrazia, lapartecipazione collettiva alle delibere da parte di tutti i soggettiche ne sono coinvolti.
Invece, quando un partito o coalizione ottiene la maggioranza e siedeal governo, si constata che decide da solo e, nel far ciò – segueovviamente i propri specifici orientamenti ed interessi, non quelliche emergono da tutta la collettività.
In pratica, la società viene ad essere governata secondo i criteri ela convenienza di una sola parte di essa.Ora di una, ora dell'altra,a seconda dell'andamento delle elezioni. Ma mai di tutte insieme.Pertanto, in caso di scelte conflittuali, non verranno mai presedecisioni effettivamente corrispondenti all'interesse di tutta lacomunità.
10.- Vediamo ora un caso concreto. Esaminiamo cosa succede negli Usa,il “più grande Paese democratico del mondo”, come afferma qualcuno. Qui, prima ancora che si tengano le elezioni, rileviamo addirittura l'assenza di un correttomeccanismo elettorale.
Il caso è lucidamente inquadrato dal prof. Chomsky, il quale osservacome lo svolgimento del dibattito preelettorale è controllato,condizionato e guidato dai centri di potere economico che,controllando i media, impediscono l'emergere nei dibattiti, incontri,interviste, dei veri problemi che affliggono la società: l'andamentodell'economia, il costo della vita, il lavoro, la sicurezza sociale. Icandidati sono appositamente addestrati ed il popolo, nel suocomplesso, rimane estraneo e disinteressato alle dinamiche chedovrebbero essere poste in atto per dare al Paese una guidademocratica.
Il voto si orienta così sul candidato che riscuote simpatia, quellocon cui si prenderebbe un aperitivo al bar e magari si farebbe unapartita a carte. Dei problemi veri non si tratta e quindi non sicercano le persone adatte a risolverli.D'altro canto, rileva ancora Chomsky citando il senatore Madison, lamissione originariamente affidata dai “padri costituenti” alcostituendo Stato fu esplicitamente quella di “proteggere i benestantidalla maggioranza”.E tale è ancora oggi il modello di riferimentopolitico degli Usa.
Il popolo è totalmente escluso dall'accesso e addirittura dallacomprensione del fenomeno politico.
11.- Come sottolinea l'economista premio Nobel, Stiglitz, negli Usa“praticamente tutti i senatori e la maggioranza dei rappresentantialla Camera, appartengono a quella fascia del' 1% dei più ricchi, giàquando arrivano. E sono mantenuti al loro posto da questo stesso 1% esanno che se opereranno a favore del medesimo 1%, saranno premiatiallorché lasceranno l'incarico… ecco perché, quando le societàfarmaceutiche ricevono un regalo da 1000 miliardi di dollari grazie aduna legge che inibisce al governo (che è il maggior acquirente dimedicinali), di contrattare sul prezzo ed avere sconti, non ci si puòsorprendere.”
In effetti, la stessa costituzione di un ampio collegio parlamentare,nell'ideale intento di favorire una rappresentanza più completapossibile della collettività, è cosa priva di senso se preventivamentenon si stabiliscono quote di rappresentanti per professione e percategorie di reddito (ed in proporzione alla loro consistenzanumerica).
12.- E veniamo ora all'Italia di oggi, un Paese che nessuno, sul piano dei principi teorici tradizionali, avrebbe definito “dispotico”.Purtuttavia, come tutti sanno, pur con queste istituzioni “democratiche”, il noto Berlusconi ha fatto approvare da un Parlamento (che, sempre rispettando le regole “democratiche”, risulta formato da nominati e/o comprati) una quantità incredibile di “leggi”dirette solo a tutelare i suoi personali interessi.In altra sede, abbiamo sottolineato che questi provvedimenti non possono classificarsi “leggi”in quanto questo termine presuppone ontologicamente dei contenuti riferiti all' interesse comune, quello stesso che legittima il potere di legiferare. Sul piano pratico, peraltro, in assenza di Magistrati e di teorici del Diritto che denunciassero tale vizio essenziale, siffatti pronunciamenti parlamentari hanno assunto la forza e gli effetti di leggi vere e proprie.Interessa rilevare che, così operando, il Nostro ha dato la sua voce personale allo Stato. Le istituzioni “democratiche” hanno consentito – nella pratica – che la volontà della collettività nazionale fosse espressa da una sola persona. Cioè che una sola voce parlasse a nome di tutti i cittadini.Esattamente come succede nel sistema politico definito dispotico o tirannico.Pur essendo tutto ciò in stridente contrasto con i decantati principi “democratici”, il Nostro è rimasto al suo posto, fino a quando i burattinai che lo gestivano non hanno deciso di cambiare cavallo.Comunque, non è il sistema politico “democratico” che ha consentito di cacciarlo.Proprio come nel sistema assolutistico-tirannico.Per toglierlo di mezzo, si sono rese necessarie pesantissime pressioni della finanzia internazionale, che ha manovrato lo spread in modo da terrorizzare l'opinione pubblica. Un metodo non propriamente previsto dalle c.d. “istituzioni democratiche” e piuttosto assimilabile (per l'appunto) con i metodi dei congiurati che abbattono il tiranno.
13.- Si constata, in definitiva, che il modello istituzionale“democratico”, considerato ancora oggi la migliore forma che un popolopossa dare alla gestione della cosa pubblica, è solo un falsoideologico. E si rende perciò necessario uno sforzo elaborativoulteriore che conduca ad un sistema migliore.Dati i limiti di questi appunti, ci limitiamo a qualche breve accennoin questa direzione.Si tratta, fondamentalmente, di passare dal concetto di “voto” aquello di “incarico”, cioè di assegnazione di una esplicita mansioneda svolgere.Tutti i governi, del resto, dovrebbero essere composti da “tecnici”,nel senso di persone che sanno quello che sono chiamate a fare.E' pertanto opportuno che il popolo, in luogo di un generico edimproprio “mandato” a degli sconosciuti, raccolti in aggregazionipartitiche influenzate da clan, consorterie e poteri vari, dispongascelte mediante apposite selezioni per merito, doti personali,preparazione ed integrità morale.
Al collegio di specialisti così individuato, e necessariamenteristretto, dovrà essere affidata la realizzazione concreta di unprogramma da discutere su Internet, ed approvato mediante appositaconsultazione popolare.
Ognuno degli elementi del collegio, potrà essere allontanato esostituito in qualunque momento a giudizio di una giuria di cittadinitirati a sorte. Tutti, singolarmente e collettivamente, risponderannopoi del loro operato e della corretta attuazione del programma.Siffatto modello istituzionale è il solo che consente al popolo ilmantenimento e l'esercizio della sua sovranità.
Il radicale cambiamento che esso comporta rispetto al sistema attualeè realizzabile, preferibilmente, mediante la costituzione di unapposito movimento politico che, nell'ambito dell'attuale meccanismoelettorale, ottenga consensi adeguati, nelle forme e con i mezzi piùidonei.
Angelo Casella
Data: 29/06/2014 12:00:00Autore: Angelo Casella