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Consiglio di Stato: ricorsi contro il Silenzio della Pubblica Amministrazione – limiti alle decisioni del Giudice Amministrativo



di Gerolamo Taras - Con la sentenza n. 04143/2014 del 04/08/2014, il Consiglio di Stato è, ancora una volta,intervenuto sui limiti di applicabilità dell' art. 31 del codice del processoamministrativo, quello che disciplina l' azione contro il Silenzio dell'Amministrazione. La linea di demarcazione viene stabilita dalla differenziazione, frainteresse legittimo e diritto soggettivo, delle posizioni soggettive degliamministrati rilevanti per l' ordinamento giuridico. Che è poi il confine chesepara la giurisdizione del GiudiceAmministrativo da quella del Giudice Ordinario.

“Perché sia consentito il ricorso avverso il silenziodell'Amministrazione è … essenziale che esso riguardi l'esercizio di unapotestà amministrativa e che la posizione del privato si configuri comeinteresse legittimo, con la conseguenza che il ricorso è inammissibile allorchéla posizione giuridica azionata dal ricorrente consista in un dirittosoggettivo”.

Il silenzio-rifiuto può infatti formarsiesclusivamente in ordine all'inerzia dell'Amministrazione su una domanda intesaad ottenere l'adozione di un provvedimentoad emanazione vincolata ma di contenuto discrezionale e, quindi,necessariamente incidente su posizioni di interesse legittimo, e nongià nell'ipotesi in cui viene chiesto il soddisfacimento di posizioni aventinatura sostanziale di diritti. ( Cons. Stato, Sez. V, 27 marzo 2013 n. 1754).

Viene ulteriormente specificato che “nei giudizi sulsilenzio dell'Amministrazione, il giudice amministrativo non può in linea dimassima andare oltre la declaratoria di illegittimità dell'inerzia e l'ordinedi provvedere; di conseguenza, gli resta in generale precluso il potere diaccertare direttamente la fondatezza della pretesa fatta valere dalrichiedente, sostituendosi all'Amministrazione stessa e esercitando unagiurisdizione di merito di cui egli non è titolare in tale materia; peraltro,egli può sempre nell'ambito del giudizio sul silenzio conosceredell'accoglibilità dell'istanza nelle ipotesi di manifesta fondatezza, allorchésiano richiesti provvedimenti amministrativi dovuti o vincolati per i quali nonci sia da compiere alcuna scelta discrezionale che potrebbe sfociare in diversesoluzioni, fermo restando il limite dell' impossibilità di sostituirsiall'Amministrazione; e - ancora -nell'ipotesi in cui l'istanza siamanifestamente infondata, sicché risulti del tutto diseconomico obbligare l'Amministrazionea provvedere laddove l'atto espresso non potrebbe che essere di rigetto (così,ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 13 dicembre 2013 n. 5994)”.


Naturalmente rimane fermo per l' Amministrazione l'obbligo di pronunciarsi, anche negativamente (art. 10 bis legge 241/90) sulle istanze dei privati. Obbligo che rimanein qualche modo scollegato rispetto al sussistere delle condizioni (daverificarsi separatamente) del formarsi del silenzio rifiuto.

Infatti, il primo comma dell' art. 31 delc.p.a, 1° comma (Decorsii termini per la conclusione del procedimento amministrativo e negli altri casiprevisti dalla legge (1), chi vi ha interesse può chiedere l'accertamentodell'obbligo dell'amministrazione di provvedere) è strettamente collegato all' art. 2 della l. n.241/1990, che racchiude uno dei principi fondamentali dell'ordinamento in temadi azione amministrativa, e sancisce l'obbligo per l'amministrazione diconcludere ogni procedimento che consegua obbligatoriamente ad un'istanza conprovvedimento espresso entro un termine certo, che è quello generale fissatodal comma 3 di detto articolo o quello indicato da specifiche disposizioni.


Proseguono i Giudici “va opportunamente precisato chel'azione avverso il silenzio, di cui all'art. 31 c. proc. amm., èconcettualmente scindibile in due domande: la prima, di natura dichiarativa,volta all'accertamento dell'obbligo, in capo all'amministrazione destinatariadell'istanza presentata dal titolare dell'interesse pretensivo, dell'obbligo didefinire il procedimento nel termine prescritto dalla disciplina legislativa oregolamentare a sensi dell'art. 2 della L. 7 agosto 1990, n 241; l'altra,inquadrabile nel novero delle azioni di condanna, diretta ad ottenere unasentenza che imponga all'amministrazione inadempiente l'adozione di unprovvedimento esplicito.

Le due domande, normalmente conosciutenell'ambito di un giudizio unitario in seno al quale l'attività di accertamentoè strumentale alla pronuncia di condanna ad un facere distampo pubblicistico, rivelano la loro autonomia nell'ipotesi in cui lasentenza di condanna non risulti più ammissibile o utile ma residui, a finirisarcitori, l'interesse ad una declaratoria che stigmatizzi l'illegittimainerzia amministrativa.

Secondo l' art. 34, co. III, cod. proc.amm., “quando, nel corso delgiudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile peril ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussistel'interesse ai fini risarcitori”.

Detta norma, pur se relativa all'azione diannullamento, esprime una regula iuris, che, riconnettendosial principio generale di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale eal corollario, che a tale premessa consegue, dell'ammissibilità di azioni diaccertamento anche atipiche, non può che estendersi anche al giudizio avversoil silenzio. Ne deriva che il sopravvenire di un provvedimento di diniego nonpuò ostare alla declaratoria dell'illegittimità proceduraledell'amministrazione laddove venga prospettata e siaastrattamente ravvisabile l'utilità di un tale decisum nellaproiezione di un successivo giudizio risarcitorio…

Data: 08/08/2014 18:00:00
Autore: Gerolamo Taras