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Voto di scambio: Cassazione, nessun reato senza le “modalità mafiose”



Incalzano le polemiche a seguito dellarecente pronuncia della Cassazioneche ha visto finire sotto la scure dei giudici di piazza Cavour il nuovo art. 416-ter c.p., concernentelo “scambio elettorale politico-mafioso” recentemente riformato dalla l. n. 62/2014, con l'annullamento della sentenza di appello di condanna di un ex politicosiciliano accusato di avere stretto un accordo elettorale con esponenti diun clan mafioso in occasione delle elezioni dell'aprile 2008.

Secondo la Suprema Corte, si legge,infatti, nella sentenza n. 36382depositata il 28 agosto scorso, ai sensi della novellata disposizione, “le modalitàdi procacciamento dei voti debbono costituireoggetto del patto di scambio politico-mafioso, in funzione dell'esigenza che il candidato possa contare sul concretodispiegamento del potere di intimidazione proprio del sodalizio mafioso e chequest'ultimo si impegni a farvi ricorso, ove necessario”. Il che si traduce in un regime maggiormentefavorevole per l'imputato, perché se èvero che la novella ha esteso l'ambito di applicazione del reato, prevedendoanche “altre utilità” oltre al denaro quale controprestazione per il procacciamentodei voti, è altrettanto vero che introducendo la locuzione “procurare voti mediante le modalità di cui al terzocomma dell'art. 416-bis”, ovvero secondole “modalità mafiose”, ha di fatto ristretto la fattispecie.

Infatti, hasottolineato la Cassazione, con la riforma è stato introdotto “un nuovoelemento costitutivo nella fattispecie incriminatrice, taleda rendere, per confronto con la previgente versione, penalmente irrilevanti condotte pregresse consistenti inpattuizioni politico-mafiose che nonabbiano espressamente contemplato tali concrete modalità di procacciamento dei voti”.Conseguentemente, ai fini della sussistenza del reato è da dimostrare la“piena rappresentazione e volizione daparte dell'imputato di aver concluso uno scambio politico-elettorale implicantel'impiego da parte del sodalizio mafioso della sua forza di intimidazione e costrizione della volontà deglielettori”.

Al fine di suffragare le tesi inmotivazione, gli Ermellini hanno ripercorso anche la relazione parlamentare alla proposta di legge, nella quale sievidenziava proprio come “l'ulteriore (diabolica) necessità di provarel'utilizzo del metodo mafioso, che non attiene alla struttura del reato,riconducibile ai delitti di pericolo ovvero a consumazione anticipata, rischiadi vanificare la portata applicativa della disposizione”. Sennonché, per i giudici, il testo approvato, che sanzionava l'accettazionedel procacciamento dei voti con le modalitàpreviste dal terzo comma dell'art.416-bis, non è stato più modificato ed èdiventato legge. È chiara, dunque, per la S.C., la rilevanza del richiamo ailavori parlamentari, poiché dimostra che lalocuzione definitivamente inserita nella nuova fattispecie penale, “ha costituito oggetto di specificaponderazione”, e il suo mantenimento è stato “ritenuto funzionale all'esigenza di punire nonil semplice accordo politico-elettorale, bensì quell'accordo avente ad oggetto l'impegno del gruppo malavitoso ad attivarsi nei confronti del corpoelettorale con le modalità intimidatorie tipicamenteconnesse al suo modo di agire”.

Pertanto, alla luce di tali modifiche, la sesta sezione penale della Cassazione hadisposto l'annullamento con rinvio della sentenza portata alla sua attenzione,sancendo la necessità di un nuovo processo di appello per l'ex politicosiciliano, affinchè la corte territoriale possa rivalutare la fattispecie inbase allo ius superveniensonde stabilire se è ancora possibilesussumere la condotta contestata nell'ambito del nuovo art. 416-ter c.p. o seinvece debba ricondursi ad altra figura di reato”.

Data: 04/09/2014 09:00:00
Autore: Marina Crisafi