L'apocalisse prossima
APOCALISSE.
(ILTRACOLLO PROSSIMO DELL'ECONOMIA).
1.- “Oggi,l'equilibrio politico si appoggia sul mantenimento di una base diignoranza, grazie alla quale l'opinione pubblica non ha la piùpallida idea della reale natura e funzionamento della nostra società”(P. Krugman).
Di questa fitta nebbia sonoresponsabili i vertici delle istituzioni, che la coltivano, (tradendoil loro mandato), ed i mezzi di informazione, che fanno loro dasupporto.
Manon basta. Alla assenza della informazione sulla “realenatura e funzionamento”dell'ordine sociale, si somma una sistematica e sfacciata imposturada parte delle istituzioni. Ognicomunicazione ufficiale, dalla più alla meno importante, contiene unmetodico travisamento nella rappresentazione dei fatti. L'inganno èdivenuto il modello della comunicazione istituzionale.I cittadini nondebbonosapere.
Un modo per sottrarsi allaresponsabilità dei propri atti ma nel contempo mantenere la massimalibertà d'azione, aggirando regole, obbiettivi dichiarati e principietici.
Vienein aiuto allemenzogneanchel'apparatodelladistrazione dimassa,ilsistema di intrattenimento socialechefavorisceil disuso della riflessione( N.Postman, Divertirsida morire),cosìche inultima analisii cittadini – di fatto – credonodi viverein un mondo cheinvece è deltutto irreale.
Purtroppo,peraltro, è sulla base di questa rappresentazione irreale, (comenella famosa caverna di Platone...), che icittadiniprendono le decisioni circa presente e futuro, formano le loroconvinzioni, esprimono le valutazioni chesfociano poi nel voto.
Penetrare queste nebbie esmascherare gli inganni richiede tempo, impegno personale e lamotivazione dell'amor proprio della consapevolezza, fondamento di unapiena contezza dell'esistere.
2.-Particolarmentegrave l'assenza di una realisticaraffigurazione dello scenario macroeconomico in atto,della sua effettiva struttura e delle sue implicazioni.
Ed il cittadino si trovanell'impossibilità di provvedere alla tutela dei propri interessifondamentali.
La situazione ci indica cheviviamo in un sistema economico globale che è costruito suuna massa enorme di debiti, sia pubblici, sia privati,in misura incommensurabilmente superiore alle attività reali.
Questo sistema è sull'orlodel collasso. E non è rimasto molto tempo per salvare il salvabile.
Limitiamoci a considerare il nostro Paese.
3.- I dati elementari di base pervalutare lo stato di una economia riguardano produzionee consumi.
Ora,è da una decina d'anni che le evidenze statistiche mostrano uncostanteed irrefrenabile declino,sia di questi che degli altri principali indicatori. Convieneacquisire il concetto chenon si tratta di fenomeni transitorie congiunturali, ma di una involuzione strutturale non modificabilesenza l'eliminazione dei fattori chene sono all'origine.
La produzione industriale è scesa del 20% negli ultimi dieci anni e quest'anno mostrerà una ulteriore riduzione di circa il 4%.
I consumi continuano il loro andamento in forte riduzione, atteso il calo del potere d'acquisto delle famiglie (sceso ai livelli dei primi anni '70, con 9 milioni di persone sotto la soglia di povertà: 640 euro al mese).
Il debito aggregato (Stato, famiglie, Imprese, Banche) è in costante aumento ed assomma a circa 6000 miliardi (vale a dire il 400% del Pil). Una dimensione che lo rende assai difficilmente gestibile.
Il 10% delle famiglie possiede circa il 50% della ricchezza totale. I più ricchi sono aumentati in numero ed in attività disponibili proprio con la crisi.
La disoccupazione, in perenne ascesa, è di oltre il 15% (per i giovani, del 44%) Ciò spiega come, per la prima volta, i redditi degli anziani abbiano oggi superato quelli dei giovani.
Nonostante l'aumento costante delle imposte, le entrate fiscali evidenziano nel 2013 un ulteriore calo dello 0,8%.
(Con la contrazione in atto dell'attività economica, non potrebbe essere diversamente. La recessione economica, che ha trascinato l'Italia dal 5° al 14° posto nella graduatoria mondiale del Pil (ora, siamo dopo il Messico...) provocherà un ulteriore calo delle entrate. Considerato che il livello della spesa pubblica sale costantemente ed è ora al 52% del Pil (anch'esso in flessione: ora è di 1500 miliardi), si profila una crisi delle finanze dello Stato).
Per pagare gli interessi sul debito pubblico (circa 110 miliardi annui, calcolando anche il contributo al fondo “salvastati”) la pressione fiscale è stata incrementata oltre ogni sopportabilità e dovrà essere ancor più appesantita per fronteggiare il c.d. “fiscal compact” e la riduzione del Pil. Sono da prevedere, da un lato il soffocamento delle iniziative imprenditoriali e, dall'altro, pesanti sacrifici per la popolazione aggravati dalla riduzione dei servizi (sanità, istruzione, assistenza).
Le insolvenze bancarie continuano a salire. I dati ufficiali parlano di 85 miliardi, con le sofferenze a 140 miliardi. Ma i debiti “non performanti”, in Europa, arrivano a 500 miliardi di euro.
L'edilizia, un comparto che attiva molti settori dell'economia, è in caduta libera: le vendite immobiliari sono diminuite del 30% tra il 2011 ed il 2012.
Questi dati forniscono unquadro complessivo molto negativo e senza vie di scampo. Le evidenzeconvergono infatti ad indicare un declino implacabile e – allostato – non arrestabile.
Il problema è che questodecadimento non è equiparabile ad un ridimensionamento che possacontinuare potenzialmente all'infinito. Giunti ad un certo punto, ilsistema si spacca.
Ed il temuto crollo delle finanze statali si profila in tempi prossimi.
E di ciò inquietantiavvisaglie provengono dalle recenti notizie della fuga di capitalidall'Italia. Quando i topi scappano, la nave sta per affondare.
Anche il debito in manistraniere si va riducendo. Dal 51% è sceso al 30%.
Il momento critico è statogià procrastinato dalla BCE, quando ha acquistato titoli del debitoitaliano. Una operazione che, peraltro, per diversi motivi, non puòessere ripetuta e, comunque, non nella dimensione che potrebbespostare significativamente i termini del problema.
4.- D'altronde, il Paese non può, pertamponare la situazione, permettersi un ulteriore aumento dell'indebitamento (cioèaltri interessi da pagare). Giàora il peso è insostenibile.
Sarebbe necessario unprestito internazionale (da FMI e Ue, con il Fondo Salvastati). Mal'Italia non è la Grecia. Le dimensioni dell'economia italiana e deldebito sono ben diverse e tali da rendere questa prospettiva deltutto irrealizzabile.
Aquesto punto se l'Italia va, come si dice, in default,le ripercussioni sul sistemafinanziario europeo (e, per riflesso, su quello mondiale) sarebberocatastrofiche. A causa degli stretti legami esistenti nella finanzaglobale,entrerebbero immediatamente in crisi non solo Francia e Inghilterra (che si trovano in situazione analoga all'Italia), ma anche laGermania e si produrrebbe altresì una reazione-domino con fallimentia catena, bancari e finanziari, negli Usa ed in Asia. Crollerebbel'euro, si dissolverebbero i redditi familiari e l'apparatoindustriale e produttivo ingenerale, verrebbe pressochéazzerato.
5.- Per evitare questoimmane cataclismail governodovrebbe uscire dalloschema seguito finora,di sostegno esasperatoalla finanza, lacui avidità è posta dallapolitica su di un pianosuperiore a quello deibisogni primari evitali delle popolazioni.
Governo e classe politicaitaliana non sono – allo stato – neppure lontanamente in grado dieffettuare questo colpo di timone. Il rapporto di complice servigioda sempre esistente tra politica e potere economico si è fortementeaccentuato in questi ultimi cinquant'anni. Tanto che oggi dobbiamoassistere a prese di posizione della politica a favore della finanzaprive persino dei più elementari requisiti di decenza.
6.- La strada da intraprendere alpiù presto è infattiun cambiamento di rotta di 180°. Anziché spremere i contribuentiper rimpinguare le tasche degli speculatori finanziari sostenendo ilsistema del debito, occorre innanzitutto ristrutturareil debito.
Ciòsignifica: a) allungarnele scadenze; b) cancellarne almeno il 70%; c) stabilire, allaemissione, tassi di interesse fissi.Ciò sarebbe possibile decretando che i titoli del debito pubblico non sono commerciabili sui mercati.Provvedimento elementareche toglierebbe subito di mezzo il c.d. spreade le sue inaccettabili ricadute sui tassi e sugli interessi deiprestiti.
Ilsecondo passo dovrebbe essere una riforma radicale del sistemafinanziario e bancario: a)separazione tra banche di investimento e di risparmio; b)smembramento delle grandi banche, quelle c.d. t.b.t.f (too big to fail) conrovesciamento del relativo principio: le banche debbono essere toobig to be saved.Pertanto, in caso di difficoltà, i soldi pubblici debbono esseredati non alle banche ma ai risparmiatori; c)divieto di utilizzo dei risparmi della collettività per operazionispeculative; d) divieto diemettere titoli derivati.
Lamassa del debito è oggi molto lontana da una dimensione coerente conlo stato dell'economia, ma la sua solariduzione puòavere ripercussioni recessive in quanto comporta una diminuzionedell'offerta di moneta.
7.- Ecco dunque perché questisemplici provvedimenti dovrebbero essere accompagnati nonsolo da un indispensabilee vastopiano di investimenti pubblici produttivi,ma – sopratutto - da una profondaevoluzione nella creazionedella moneta.
Oggi,la politica ha demandato il potere di creare moneta alle banche, chea ciò provvedono con semplici scritturazioni contabili. Ilprivato ottiene denaro dalla banca a fronte di un suo impegno arestituirlo. L'offerta di moneta, dunque, si basa su di un castellodi debiti. Se in ipotesi di scuola, tutti ripagassero i loro debiti,non ci sarebbe denaro in circolazione. Per altro verso, se le banchenon concedono più credito (come sta oggi verificandosi, in quantoviene privilegiata la piùprofittevole speculazionefinanziaria) l'attività economica si ferma.
Finchél'offerta di moneta dipenderà dai prestiti bancari, non si puòcontare su di un progresso economico stabile e sicuro.
Occorreche essa torni nelle mani delloStato, che la farà affluire direttamente all'apparato produttivo. Ilmeccanismo è semplice e se ne parla da molti anni. Inparticolare, dagli annitrenta con Irving Fisher a Maurice Allais, Nobel per l'economia,all'odierno schema proposto da PositiveMoney (www.positivemoney.org)ed al quale rimandiamoper economia espositiva.
Oltre all'annullamento deldebito pubblico, la riappropriazione da parte dello Statodell'offerta di moneta consentirebbe di orientarla verso iniziativeutili per la collettività (e non più per i profitti bancari).Sopratutto, diventerebbe possibile innescare un progresso economicoconcreto e continuo, con evidente vantaggio per la collettività nelsuo insieme. Un sistema monetario, dunque, a favore di tutti e nondi pochissimi.
8.- Una nuova legge bancaria èpoi indispensabile per cancellare molte, inaccettabili perversioni disistema.
Primafra tutte, la licenzaconcessa alle banche di noniscrivere a bilancio enormi quantità di derivati, ne altera ognivalutazione di solidità e di solvibilità. Oggi le banche possono“cartolarizzare” crediti non esigibili, emettendo appunto titoliderivati, che poi vengono rivenduti centinaia di volte fino a quandonon ci sono più compratori disponibili, e si evidenzia allora che ivalori sono taroccati, come è accaduto nel 2008. Efu la crisi, che tuttora permane.
Oggi,secondo il Comptroller ofthe Currency statunitense,circolano nel mondo 637 trilioni di dollari di derivati. Una massa dititoli fasulli, pari a dieci volte il Pil mondiale, che puòesplodere da un momento all'altro.
Ma occorrerebbero libri elibri per elencare tutte le distorsioni indotte nel sistema economicoe sociale dalla consegna alle banche del potere monetario.
9.- Anche se la totalità degliinvestitoriistituzionali non ritiene possibile una ripresa dell'economiamondiale, un certo ottimismo è registrato inveceper i mercati immobiliare e azionario.
Sitratta delle ricadute delle scelte di molte banche centrali diinondare di liquidità le banche che su tali mercati investono ildenaro loro così regalato atassi prossimi allo zero. E non un euro va ad imprese e famiglie.
E ciò per l'appunto spiegacome, con le economie reali che appassiscono, le borse continuino asalire ed una piccolissima parte della popolazione mondialeincrementi costantemente la propria ricchezza mentre alla base dellapiramide si allarga sempre di più l'area della povertà.
10.- La consapevolezza dellaestrema fragilità del sistema ha orientato l'oligarchia mondiale adesercitare fortissime pressioni affinché le strutture politichenazionali venissero modificate in senso autoritario. Ciò che haindotto gli analisti più avveduti a parlare di “collassodelle democrazie nazionali”(Stiglitz). Una espressione non eccessiva, se si considera lacatastrofica regressione di civiltà che esse comportano.
Poiché il controllodell'oligarchia mondiale sulle istituzioni politiche nazionali ètotale, si tratta in pratica di realizzare ordinamenti costituzionaliche consentano ai vertici di governo un potere normativo immediato,senza i vincoli e le interferenze di un processo decisionaledemocratico.
Da un lato, infatti, lasaturazione dei mercati ed il conseguente calo della domandamondiale, prefigurano un calo dei profitti dalla produzione dibeni e servizi.
Eccoquindi l'interesse per l'acquisizione dei servizipubblici essenziali(dalla sanità, all'acqua, ai rifiuti, ecc.) e, più recentemente,per i beni agricoliprimari, dai qualidipende la sopravvivenza dell'essere umano. Duesettori molto promettenti perla speculazione.
Inentrambi i casi, occorreperò, non solo la complicitàdel potere politico, ma anche che quest'ultimopossa decidere edisporre,senza rendere il debito conto ai meccanismi democratici.
Aquesto servono le “riforme”, già attuate con successo in Spagna,Portogallo e Grecia. (Allequali sono state associate nuove disposizioni sui poteri repressividelle forze dell'ordine).
Edil veicolo infallibile per far passare le “riforme”, è propriola crisi economica.Un popolo ridotto alla fame ed alla disperazione è più disponibilea sacrificare i propri diritti e le proprie tutele politiche, (chenon può mettere in tavola), a fronte di promesse mirabolanti di“crescita”, di lavoro, dimigliori condizioni di vita.
Ilpotere economico pretende di disporreovunque dicondizioni operative prive di tutti quei vincoli che possonoridurre in qualunque misura i profitti.
Quindi,per il lavoro: discrezionalità assoluta di licenziamento, salariminimi, sindacati assenti o impotenti, nessun costo aggiuntivo pertutele di sicurezza, pensioni, ecc. Per i mercati: libertàillimitata di produrre e vendere qualunque tipo di bene, condizionidi monopolio (espulsione,pertanto, di artigiani e piccole imprese, mediante regole che limettano fuori mercato), assenza totale di prescrizioni qualitativesui prodotti alimentari, depotenziamento del sistema giudiziario (iltema è presentato come “lentezzadella Giustizia...)e possibile sua sostituzione con Tribunalispeciali, come è giàprevisto in alcuni Trattati internazionali.
Leaspirazioni vanno anche verso la creazione di un sistema normativoche ponga l'impresa al centro della società, subordinando ad essa,ed ai suoi esponenti, tutte le esigenze della collettività.
Autore: Angelo Casella