Licenziamento collettivo e obbligo di repechage.
di Maurizio Tarantino - Cortedi Cassazione n. 203 del 12 gennaio 2015.
Il datore di lavoro ricorre allicenziamento collettivo (meglio definito “collocazione in mobilità”) quando,per motivi di crisi, ristrutturazione aziendale o chiusura di un settoreproduttivo si vede costretto a ridurre il personale. Nella particolareipotesi di chiusura di un settore produttivo, il datore deve verificare se ilavoratori ad esso addetti possano essere, piuttosto che licenziati, trasferitiin altri settori produttivi per i quali è richiesta la stessa professionalità.
Con riferimento a questo aspetto,occorre capire entro quali limiti il datore di lavoro sia obbligato a tentaredi riutilizzare il lavoratore, il cui posto è stato soppresso per via dellacrisi aziendale.
Per meglio dire, affinché unlicenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo sia legittimo, equindi, affinché si possa escludere ogni possibilità di reintegra da parte delGiudice del Lavoro, è necessario che ildatore di lavoro effettui un riassetto organizzativo dell'azienda effettivo enon pretestuoso, ovvero un'operazione posta in essere con il solo fine diaggirare la normativa sui licenziamenti individuali e liberarsi di personalenon gradito (configurando così i casi del motivo illecito discriminatorio); inrealtà, quello appena descritto è soloil primo elemento poiché il datore devecomunque dare prova di aver verificato, all'interno dell'intera strutturaaziendale, comprensiva di tutte le unità locali di non essere stato in grado di riassorbire illavoratore che si appresta a licenziare: ecco quindi definito il “cd. obbligodi repechage”.
Consolidata giurisprudenza ha confermatoespressamente che il licenziamento è valido solo se il lavoratore non puòessere impiegato in altro modo o settore, tenuto anche conto della possibilitàanche di un demansionamento ex art. 2103 cod. civ. risultante da atto scritto (cfr. Cass.8.2.2011, n. 3040; Cass. 28.3.2011, n. 7046; Cass. 17.11.2010, n. 23222; Cass.26.3.2010, n. 7381); quest'ultimo rappresenta il caso limite, poichéammissibile solo ed esclusivamente se il demansionamento rappresenta l'unicomodo attraverso il quale il lavoratore possa mantenere il posto di lavoro.
Orbene, alla luce di tutto quantoinnanzi esposto, la Suprema Corte di Cassazione con lapronuncia n. 203 del 12 gennaio 2015, ritornandosu tale problematica, ha confermato e precisato che “se un'azienda riduceil personale attraverso un licenziamento collettivo, ma ben poteva invecericollocare i dipendenti in un altro settore o unità operativa, ilprovvedimento espulsivo è illegittimo”.
Nel caso in esame, la Corte di Appellodi Catania, riformando in parte la sentenza di primo grado, accoglieva ladomanda dei lavoratori e per l'effetto ne ordinava la reintegrazione (con tuttele conseguenze di cui all'art. 18 Le. 300/1970) in quanto, secondo la Corte, partedatoriale non aveva dimostrato i criteri di scelta di come aveva operato inmerito alla dismissione del reparto; ergo, la scelta non era stata effettuata avendoriguardo a tutto l'organico aziendale.
A tal riguardo, gli ermellini, su tale punto,hanno meglio precisato che qualora ilprogetto di ristrutturazione aziendale (art. 5 l. n. 233/91) riguardi un unicocomparto dell'impresa, è legittimo il licenziamento collettivo che coinvolgasolo i lavoratori di quel settore, non anche quelli degli altri rami d'azienda; tuttavia, sottolinea la Suprema Corte ,il datore di lavoro non può limitare la scelta dei lavoratori da licenziare alsolo ramo aziendale dismesso se tali dipendenti sono in possesso di capacità econoscenze tecniche tali da consentirgli di essere collocati in altri settoridell'azienda (cosiddetto repechage). Il possesso di professionalità diverse,acquisite negli anni, consente ai lavoratori di un comparto aziendale prossimoalla chiusura di essere reimpiegati con profitto in altri settori. In presenza di tali circostanze, il datoredi lavoro che voglia operare dei tagli del personale deve prendere inconsiderazione, ai fini del licenziamento, non solo i dipendenti del settoresoppresso, ma a tutti i lavoratori dell'azienda.
In virtù delle considerazioni svolte, sievidenzia che secondo tale pronuncia, è illegittimo quel licenziamento collettivo compiuto senza tenereconto di questi elementi, perché viola i criteri di scelta (come carichi difamiglia, anzianità e esigenze tecnico-produttive ed organizzative) chel'imprenditore deve seguire in merito alla riduzione del personale.
Maurizio Tarantino
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Data: 19/01/2015 11:00:00Autore: Maurizio Tarantino