Cassazione: proporzionalità della sanzione disciplinare e garanzie del lavoratore
Premessoche tutti gli accertamenti del caso attengono la sfera del merito,dunque non sindacabile in Cassazione, la Suprema corte ha affermatoche “ai fini della proporzionalità tra fatto addebitato erecesso viene in considerazione ogni comportamento che, per la suagravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore dilavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto si risolvain un pregiudizio per gli scopi aziendali”. Per quanto riguardainvece l'aspetto delle garanzie procedimentali, essenziale peril lavoratore è soltanto la contestazione dell'addebito, nonoccorrendo che nella successiva comuicazione di recesso il datore dilavoro indichi una motivazione “penetrante”.
Indefinitiva, il principio di diritto enunciato dalla Supremacorte è il seguente: “in tema di licenziamento per giusta causail metodo adoperato dal datore di lavoro nell'esercizio del suopotere disciplinare per la contestazione del recesso, semprechèsiano rispettate le finalità di certezza della manifestazione dellavolontà di licenziare e di ricezione della stessa da parte deldestinatario, non preclude al giudice di merito la possibilità diritenere ugualmente giustificato il recesso, posto che non rileva ilgiudizio attribuito dal datore di lavoro circa la gravità dei fattiposti a fondamento della sua volontà di risolvere il rapporto con illavoratore inadempiente, spettando al giudice di meritol'apprezzamento della legittimità e congruità della sanzioneapplicata, apprezzamento che, se sorretto da adeguata e logicamotivazione, si sottrae a censure in sede di legittimità”. Ilricorso del lavoratore è rigettato.
Data: 29/01/2015 12:00:00Autore: Licia Albertazzi