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La scelta sulla modalità di collazione compete solo all'obbligato

La Cassazione conferma l'inderogabilità dell'art. 746 del codice civile


Avv. GabrieleMercanti

Inseno ad un giudizio a dir poco tormentato (1),il S.C. ha occasione di pronunciarsi sulla derogabilità o meno da parte del de cuius della disciplina della collazione:in particolare, il quesito posto afferiva alla modalità di effettuazione dellacollazione da parte del coerede che – com'è noto – può essere per imputazioneovvero in natura.

Permeglio comprendere la portata della vicenda, occorre premettere in cosaconsista la collazione: si tratta dell'obbligo – in capo ai soggetti indicatidall'art. 737 c.c. - di conferire nell'asse ereditario tutte le liberalitàricevute in vita dal defunto. Tanto si è detto e scritto in ordine allapresunta ratio sottesa a tale obbligo:ad avviso di chi scrive la tesi più convincente (2) è quella per cui le disposizione liberali effettuate in vitadal de cuius sono una sorta di “acconto”sulla quota di spettanza ereditaria e, pertanto, vanno detratte dalla quotaereditaria medesima quando si procede a sciogliere la comunione ereditaria. (3)

Perquanto attiene ai beni immobili e salvo il caso in cui gli stessi siano stati medio tempore alienati o ipotecati daldonatario, il soggetto obbligato ha due possibilità: o rendere il bene innatura (c.d. collazione in natura) ovvero imputarne il valore alla propriaporzione (c.d. collazione per equivalente).

L'art.746 c.c. stabilisce che la scelta sulla specifica modalità di conferimento competaa colui che è tenuto a conferire, ma nulla dice il legislatore in ordine allapossibilità per il donante di imporre al donatario una modalità di imputazionecon conseguente preclusione dell'altra.

Conla Sentenza n. 5659 della Seconda Sezione Civile della Cassazione depositatail 20 marzo 2015 si conferma il prevalente (4)filone interpretativo che reputa inderogabile il disposto dell'art. 746 c.c.:per i Giudici del Palazzaccio, infatti, il donante ha “il solo potere di dispensare dalla collazione ma non può in alcun modovincolare la scelta del donatario – erede, qualora egli sia tenuto alla collazione,di conferire in natura il bene immobile ricevuto ovvero di effettuare lacollazione per imputazione”.

Se -allora - la conclusione della Corte Suprema era prevedibile, non può – ad ognimodo - non rilevarsi una certa dose di contraddittorietà di pensiero nellaGiurisprudenza allorquando, al fine di legittimare la c.d. collazionevolontaria (cioè la previsione di un obbligo collatizio al di fuori dei presuppostisoggettivi e/o oggettivi stabiliti dalla Legge), afferma il caratterederogabile della disciplina legale della collazione. (5)

Avv. Gabriele Mercanti - Foro di Brescia - avv.gabrielemercanti@gmail.com

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(1) Basti pensare aqualche “numero”: la donazione della quale era contestata la modalità di collazionerisale al 28 marzo 1947; il testamento nel quale tale donazione era menzionatarisale al 26 ottobre 1978; l'atto di citazione introduttivo del giudizio dimerito risale al 31 gennaio 1978; tra sentenze (parziali e definitive) di primoe secondo grado si sono avute undici pronunce.

(2) Bianca ne “DirittoCivile II”, Giuffrè, pg. 634.

(3) Che l'obbligo dicollazione diventi attuale solo in sede divisionale risulterebbe non solo dallafunzione dell'istituto, ma anche dalla sua collocazione sistematica che è,appunto, il capo II del titolo IV del Libro secondo del c.c. relativo alladivisione. Il fatto che la collazione operi esclusivamente in sede divisorianon significa, però, che l'obbligo sorga solo ove vi sia un relictum da dividere: in dottrina,infatti, si è ipotizzato che la comunione da dividersi possa derivare anchesolo dai beni oggetto di collazione.

(4) Cfr. Cass. n.1.521/1980 e 4.381/1982.

(5) Cfr. in tal sensoCass. n. 3.013/2006.

Data: 18/05/2015 12:50:00
Autore: Avv. Gabriele Mercanti