Accesso abusivo al sistema informatico o telematico da parte di un dipendente dell'Agenzia delle Entrate
Un dipendente dell'Agenzia delle Entrate, veniva contattato da un giornalista, che gli chiedeva di effettuare un controllo all'anagrafe tributaria sulla situazione patrimoniale di noto esponente politico, su cui stava scrivendo un articolo.
Il dipendente dell'Agenzia, pur facendo presente che il domicilio fiscale del politico non rientrava nella sua competenza, diceva di essere in possesso della password per interrogare il sistema centrale.
E così analizzava i dati, ma veniva scoperto da un collega che provvedeva a deferirlo all'Autorità Giudiziaria.
Per verificare in che termini si possa configurare la responsabilità del dipendente dell'Agenzia occorre fare riferimento all'art. 615 ter del codice penale che punisce il delitto di accesso abusivo al sistema informatico o telematico.
Si tratta di un reato comune a forma vincolata, perché la condotta può consistere solo nell'introduzione nel sistema protetto da misure di sicurezza, o nell'utilizzo contro la volontà di chi ha diritto di escluderlo.
Per sistema informatico s'intende un complesso di apparecchiature destinate a compiere una funzione utile all'uomo, attraverso l'utilizzazione di tecnologie informatiche. Per sistema telematico s'intende una serie di elementi utili per la comunicazione a distanza, come computer e modem.
Il reato è punibile a titolo di dolo generico, quindi è richiesta la coscienza e la volontà di commettere la condotta con la consapevolezza dell'abusività dell'accesso.
Un'aggravante prevista dal comma 2° si riferisce al caso in cui il fatto sia commesso da un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, perché deve essere assicurato il rispetto del principio del buon andamento dell'azione amministrativa.
Sul punto, è intervenuta la Cassazione, affermando che “gli organi dello Stato non possono che agire secundum legem. Ne consegue che l'esercizio del potere pubblico può certamente essere connotato da discrezionalità, ma mai da arbitrio, dunque la PA non ha altri poteri se non quelli conferiti dalla legge (legalità formale), deve esercitare i suoi poteri in conformità ai contenuti prescritti dalla legge (legalità sostanziale) e, inoltre, è tenuta non solo a perseguire i fini determinati dalla legge (legalità-indirizzo), ma anche a operare in conformità alle disposizioni normative stesse (legalità-garanzia)”.
Nel caso di specie, nessuna norma di legge o regolamentare, nessun ordine e nessuna circolare autorizzava il dipendente dell'Agenzia delle Entrate a verificare la posizione di contribuenti aventi ben altro domicilio fiscale, violando dunque le prescrizioni del dominus loci, vale a dire della competente P.A., per violazione dell'art. 1 della L. 7 agosto 1990, n. 241.
Ciò che rileva è, infatti, esclusivamente il profilo oggettivo dell'accesso e della introduzione e/o del trattenimento nel sistema informatico da parte di un soggetto che – sostanzialmente - non può ritenersi autorizzato ad accedervi ed a permanervi, allorquando violi i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema.
Da tutto ciò si evince la responsabilità penale del dipendente dell'Agenzia, che diviene per ciò punibile per accesso abusivo al sistema informatico o telematico, aggravato dalla qualifica di incaricato di pubblico servizio.
Data: 15/06/2015 15:00:00Autore: Avv. Francesca Ledda