Unioni di comuni: a rischio l'attribuzione dei trasferimenti erariali
Prof. Luigino Sergio - L'Unione di comuni è il risultato dell'attività dei comuni, in quanto da essi promana la volontà di dare vita a tale specifica forma associativa, possibile in quanto la legge prevede la possibilità che più Comuni si associno per lo svolgimento in comune di più funzioni.
Le forme associative comunali sono previste e disciplinate dal d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (in G.U. 28 settembre 2000, n. 227, S.O.), Capo V, artt. 30-35 e, nel caso di specie, l'Unione di comuni è specificata nell'art. 32 del TUEL.
Si è detto che il Comune rappresenta l'ente dal quale origina la forma associativa comunale; Comune che è un ente locale, assieme alle Province, le Città metropolitane, le Comunità montane, le Comunità isolane e che «rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo», così come previsto dall'art. 3 del TUEL, il quale dispone ancora che «i Comuni e le Province hanno autonomia statutaria, normativa, organizzativa e amministrativa, nonché autonomia impositiva e finanziaria nell'ambito dei propri statuti e regolamenti e delle leggi di coordinamento della finanza pubblica. I Comuni e le Province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della Regione, secondo il principio di sussidiarietà. I Comuni e le Province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali».
Si è detto della centralità del Comune per la nascita dell'Unione, a partire da quanto previsto a partire dal 1990, con la legge 8 giugno 1990, n. 142, Ordinamento delle autonomie locali (in G.U.12 giugno 1990, n. 135, S.O.) che all'art. 26, rubricato Unioni di comuni, prevedeva che «l'atto costitutivo e lo statuto dell'Unione sono approvati dai Consigli dei Comuni partecipanti con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie»; statuto che doveva individuare gli organi dell'Unione e le modalità per la loro costituzione e individuare, altresì le funzioni svolte dall'Unione e le corrispondenti risorse.
L'art. 26 della L. n. 142/1990 poneva in essere la disciplina del modello associativo delle Unioni di Comuni e prevedeva che: «due o più Comuni contermini, appartenenti alla stessa Provincia» potevano costituire un'Unione al fine di esercitare funzioni o servizi congiuntamente. I Comuni interessati dal nuovo processo associativo non dovevano superare la soglia dei 5.000 abitanti, con l'unica eccezione di permettere di partecipare per ciascuna Unione ad un solo Comune con una popolazione compresa tra i 5.000 ed i 10.000 residenti.
Le Unioni avevano una durata non prorogabile oltre ai 10 anni ed esse dovevano rivestire un ruolo prodromico ad una fusione tra comuni, pena lo scioglimento dell'Unione stessa.
Con l'art. 6 della L. n. 265/1999 e l'art. 32 del TUEL, oltre ad aver introdotto nuove disposizioni sul funzionamento e l'organizzazione delle Unioni, venivano eliminate le caratteristiche principali della norma originaria della L. n. 142/1990, tra le quali la taglia demografica fissata a quota 5.000 abitanti per i Comuni partecipanti ad Unioni; l'appartenenza alla medesima Provincia da parte degli enti locali aderenti; il limite massimo di 10 anni di durata dell'Unione nonché il carattere anticipatore di tale forma associativa verso la fusione comunale.
È stata proprio con questa eliminazione di vincoli stringenti che il fenomeno delle Unioni ha potuto diffondersi sul territorio nazionale; infatti prima del 1999 si contavano infatti appena 16 Unioni in Italia, contro le 381 operanti a settembre 2014 (Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Economia Locale su dati Anci ed Istat, 2014).
L'art. 12, lettera f, della L. 5 maggio 2009, n. 42, Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione (in G.U. 6 maggio 2009, n. 103) prevede, inoltre, che vi sia la «previsione di forme premiali per favorire Unioni e fusioni tra comuni, anche attraverso l'incremento dell'autonomia impositiva o maggiori aliquote di compartecipazione ai tributi erariali»; mentre l'art. 21, comma 3, della suddetta L. n. 42/1990 individua 6 funzioni fondamentali dei Comuni e cioè:
a) funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misura complessiva del 70 per cento delle spese come certificate dall'ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della presente legge;
b) funzioni di polizia locale;
c) funzioni di istruzione pubblica, ivi compresi i servizi per gli asili nido e quelli di assistenza scolastica e refezione, nonché l'edilizia scolastica;
d) funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti;
e) funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell'ambiente, fatta eccezione per il servizio di edilizia residenziale pubblica e locale e piani di edilizia nonché per il servizio idrico integrato;
f) funzioni del settore sociale.
L'art. 1, della L. 30 luglio 2010, n. 122, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica (in G.U. n. 176, S.O.) apporta modificazioni al d.l. n. 78/2010 prevedendo che i Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane, esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campione d'Italia, esercitano obbligatoriamente, tramite convenzione o Unione, le 6 funzioni fondamentali previste dalla L. n. 42/2009.
L'art. 16 della L. n. 148/2011 modificava l'art. 14 della L. n. 122/2010, prevedendo una nuova disciplina ad hoc in materia di associazionismo intercomunale obbligatorio per i comuni fino a 1.000 abitanti con lo scopo di ridurre «i costi relativi alla rappresentanza politica nei comuni» e razionalizzare «l'esercizio delle funzioni comunali».
A sua volta l'art. 19 della L. n. 135/2012 individua le 10 nuove funzioni fondamentali dei Comuni (abbandonando l'elenco di riferimento dettato dall'art. 21, comma 3, della L. n. 42/2009):
• a) Organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo;
• b) Organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale;
• c) Catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente;
• d) La pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale;
• e) Attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi;
• f) L'organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi;
• g) Progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall'articolo 118, quarto comma, della Costituzione;
• h) Edilizia scolastica (per la parte non attribuita alla competenza delle province), organizzazione e gestione dei servizi scolastici;
• i) Polizia municipale e polizia amministrativa locale;
• l) Tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi elettorali e statistici, nell'esercizio delle funzioni di competenza statale (La Legge di Stabilità n. 228/2012 all'articolo 305 modifica la funzione l), dalla quale elimina i servizi statistici, per introdurli nella nuova funzione l) bis : «servizi in materia statistica».
L'art. 19 della L. n. 135/2012 ridefinisce l'art. 14 della L. 122/2010 e l'art. 16 della L. n. 148/2011, precisando gli obblighi di gestione associata in capo ai Comuni fino a 5.000 abitanti: nuovo obbligo di esercizio in forma associata, tramite Unione (art. 32 TUEL) o Convenzione (art. 30 TUEL), delle funzioni fondamentali (esclusa quella riportata alla lettera l)), per tutti i Comuni fino a 5.000 abitanti, o fino a 3.000 nel caso di amministrazioni appartenenti o appartenute a comunità montane, ad eccezione dei comuni coincidenti con isole e del Comune di Campione d'Italia.
La L. 7 aprile 2014, n. 56, Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, in G.U. 7 aprile 2014, n. 81, all'art. 1, commi 107-115, dispone che: «il limite demografico minimo delle Unioni e delle Convenzioni […] è fissato in 10.000 abitanti, ovvero in 3.000 abitanti se i Comuni appartengono o sono appartenuti a Comunità montane, fermo restando che, in tal caso, le Unioni devono essere formate da almeno tre Comuni, e salvi il diverso limite demografico ed eventuali deroghe in ragione di particolari condizioni territoriali, individuati dalla regione. Il limite non si applica alle unioni di comuni già costituite.
Tutte le cariche nell'Unione sono esercitate a titolo gratuito.
Per il primo mandato amministrativo, agli amministratori del nuovo Comune nato dalla fusione di più Comuni cui hanno preso parte comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e agli amministratori delle Unioni di comuni comprendenti Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti si applicano le disposizioni in materia di ineleggibilità, incandidabilità, inconferibilità e incompatibilità previste dalla legge per i Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.
Le seguenti attività possono essere svolte dalle Unioni di comuni in forma associata anche per i Comuni che le costituiscono, con le seguenti modalità:
a) le funzioni di responsabile anticorruzione sono svolte da un funzionario nominato dal Presidente dell'Unione tra i funzionari dell'Unione e dei Comuni che la compongono;
b) le funzioni di responsabile per la trasparenza sono svolte da un funzionario nominato dal Presidente dell'Unione tra i funzionari dell'Unione e dei Comuni che la compongono;
c) le funzioni dell'organo di revisione, per le Unioni formate da Comuni che complessivamente non superano 10.000 abitanti, sono svolte da un unico revisore e, per le Unioni che superano tale limite, da un collegio di revisori;
d) le funzioni di competenza dell'organo di valutazione e di controllo di gestione sono attribuite dal presidente dell'Unione, sulla base di apposito regolamento approvato dall'Unione stessa.
Il Presidente dell'Unione di comuni, ove previsto dallo statuto, svolge le funzioni attribuite al Sindaco dall'articolo 2 della legge 7 marzo 1986, n. 65, nel territorio dei Comuni che hanno conferito all'Unione la funzione fondamentale della polizia municipale.
Qualora i Comuni appartenenti all'Unione conferiscano all'Unione la funzione della protezione civile, all'Unione spettano l'approvazione e l'aggiornamento dei piani di emergenza di cui all'articolo 15, commi 3-bis e 3-ter, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, nonché le connesse attività di prevenzione e approvvigionamento, mentre i sindaci dei comuni restano titolari delle funzioni di cui all'articolo 15, comma 3, della predetta legge n. 225 del 1992.
Le disposizioni di cui all'articolo 57, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale, e di cui all'articolo 5, comma 1, della legge 7 marzo 1986, n. 65, relative all'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria nell'ambito territoriale di appartenenza del personale della polizia municipale, si intendono riferite, in caso di esercizio associato delle funzioni di polizia municipale mediante Unione di comuni, al territorio dei Comuni in cui l'Unione esercita le funzioni stesse.
In caso di trasferimento di personale dal comune all'Unione di comuni, le risorse già quantificate sulla base degli accordi decentrati e destinate nel precedente anno dal comune a finanziare istituti contrattuali collettivi ulteriori rispetto al trattamento economico fondamentale, confluiscono nelle corrispondenti risorse dell'Unione.
Le disposizioni normative previste per i Piccoli Comuni si applicano alle Unioni composte da Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti».
L'art. 32 del TUEL (d.lgs. n. 267/2000) completa la normativa riguardante le Unioni di comuni prevedendo, inoltre, che: «gli organi dell'Unione, Presidente, Giunta e Consiglio, sono formati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da amministratori in carica dei Comuni associati e a essi non possono essere attribuite retribuzioni, gettoni e indennità o emolumenti in qualsiasi forma percepiti. Il presidente è scelto tra i Sindaci dei Comuni associati e la Giunta tra i componenti dell'esecutivo dei Comuni associati. Il Consiglio è composto da un numero di consiglieri definito nello statuto, eletti dai singoli Consigli dei Comuni associati tra i propri componenti, garantendo la rappresentanza delle minoranze e assicurando la rappresentanza di ogni Comune […] previa apposita Convenzione, i Sindaci dei Comuni facenti parte dell'Unione possono delegare le funzioni di ufficiale dello stato civile e di anagrafe a personale idoneo dell'Unione stessa, o dei singoli Comuni associati […] il Presidente dell'Unione di comuni si avvale del segretario di un Comune facente parte dell'Unione, senza che ciò comporti l'erogazione di ulteriori indennità e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Sono fatti salvi gli incarichi per le funzioni di segretario già affidati ai dipendenti delle Unioni o dei Comuni anche ai sensi del comma 557 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 […]».
Ai sensi della L. n. 142/1990 «le Unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più Comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza»; lo statuto deve comunque prevedere il Presidente dell'Unione sia scelto tra i Sindaci dei Comuni interessati e deve prevedere che altri organi siano formati da componenti delle giunte e dei consigli dei Comuni associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze.
A distanza di oltre un ventennio da quando la L. n. 142/1990 iniziava a disciplinare l'Unione di comuni, molti aspetti sono mutati per ciò che attiene tale forma associativa; dapprima l'art. 19, comma 3, del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135 e successivamente la L. 7 aprile 2014, n. 56, Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni (in G.U. 7 aprile 2014, n. 81) hanno delineato una nuova disciplina concernente l'Unione di comuni, racchiusa nell'art. 32 del TUEL, il quale conferma che l'Unione di comuni è l'ente locale costituito da due o più Comuni, di norma contermini, finalizzato all'esercizio associato di funzioni e servizi; che ogni Comune può far parte di una sola Unione di comuni che possono stipulare apposite Convenzioni tra loro o con singoli Comuni; che gli organi dell'Unione, Presidente, Giunta e consiglio, sono formati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da amministratori in carica dei comuni associati e a essi non possono essere attribuite retribuzioni, gettoni e indennità o emolumenti in qualsiasi forma percepiti; che il Presidente è scelto tra i Sindaci dei Comuni associati e la Giunta tra i componenti dell'esecutivo dei Comuni associati; che il Consiglio è composto da un numero di consiglieri definito nello statuto, eletti dai singoli Consigli dei Comuni associati tra i propri componenti, garantendo la rappresentanza delle minoranze e assicurando la rappresentanza di ogni Comune; che l'Unione ha potestà statutaria e regolamentare e ad essa si applicano, in quanto compatibili e non derogati con le disposizioni della legge recante disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle Unioni e fusioni di comuni, i princìpi previsti per l'ordinamento dei Comuni, con particolare riguardo allo status degli amministratori, all'ordinamento finanziario e contabile, al personale e all'organizzazione; che lo statuto dell'Unione stabilisce le modalità di funzionamento degli organi e ne disciplina i rapporti; che in fase di prima istituzione lo statuto dell'Unione è approvato dai Consigli dei Comuni partecipanti e le successive modifiche sono approvate dal Consiglio dell'Unione; che il Presidente dell'Unione di comuni si avvale del segretario di un Comune facente parte dell'Unione, senza che ciò comporti l'erogazione di ulteriori indennità e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; che sono fatti salvi gli incarichi per le funzioni di segretario già affidati ai dipendenti delle Unioni o dei Comuni anche ai sensi del comma 557 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
L'Unione di comuni dal punto di vista finanziario si sostiene tanto con risorse proprie, quanto con trasferimenti statali e regionali; quest'ultimi messi a disposizione degli enti locali associati a seguito di approvazione di apposite leggi regionali, mentre i primi (finanziamenti statali) sono resi disponibili a seguito del varo delle varie leggi finanziarie (oggi leggi di stabilità) e sulla base dei decreti ministeriali susseguenti ad intese Stato-Regioni, come l'Intesa n. 873 del 28 luglio 2005 con la quale la Conferenza Unificata, ai sensi dell'art. 8, comma 6, della citata legge n. 131/2003, ha sancito il trasferimento alle Regioni delle risorse finanziarie stanziate dallo Stato per il sostegno dell'associazionismo comunale a decorrere dall'anno 2006, fatta salva la quota gestita direttamente dallo Stato per l'incentivazione di funzioni di competenza esclusiva dello Stato esercitate dai comuni (anagrafe, stato civile, ecc.), nonché ha previsto che le Regioni, secondo le rispettive discipline di incentivazione delle gestioni associate, provvedano alla concessione di contributi alle forme associative degli Enti locali; l'Intesa n. 936 del 1 marzo 2006 “Intesa in ordine ai nuovi criteri per il riparto e la gestione delle risorse statali a sostegno dell'associazionismo comunale attuativa dell'Intesa sancita con atto n. 873 del 28 luglio 2005”, con la quale le Regioni hanno adottato discipline di incentivazione nelle quali:
- non vi siano limiti temporali di durata degli incentivi destinati ad Unioni di Comuni e a Comunità Montane;
- siano previste forme di premialità per le gestioni associate svolte da Unioni di Comuni e da Comunità montane;
- siano presi in considerazione il numero e la tipologia delle gestioni associate, la popolazione o altri indicatori di disagio in modo tale da favorire l'associazionismo dei piccoli comuni;
- sia prevista l'attribuzione di contributi solo per le gestioni associate effettivamente attivate ovvero siano previste istruttorie di verifica sul funzionamento reale della forma associata;
- sia prevista la concessione dei contributi entro l'anno finanziario di riferimento.
Il decreto ministeriale n. 318/2000 è stato per molto tempo l'atto con il quale venivano assegnate alle Unioni di comuni le risorse finanziarie messe a disposizione da parte dello Stato; d.m. n. 318/2000 modificato dal d.m. n. 289/2004, il quale prevede che ai Comuni derivanti da procedure di fusione, alle Unioni di comuni ed alle Comunità montane svolgenti l'esercizio associato di funzioni comunali spettano rispettivamente il 15, il 60 ed il 25 per cento del totale dei fondi erariali annualmente a ciò destinati in base alle disposizioni di legge vigenti, dal quale articolato emerge il favor statale per le Unioni di comuni e che le risorse annualmente non utilizzate risultanti dalla partizione di cui al comma 1 possono essere utilizzate nel caso di insufficienza dei fondi per l'una o l'altra delle destinazioni previste.
Il d.m. n. 289/2004 prevede che alle Unioni di comuni è attribuito un contributo in base :
a) alla popolazione della Unione di comuni;
b) al numero di Comuni facenti parte dell'Unione;
c) ai servizi esercitati in forma associata.
Il contributo determinato secondo i criteri di cui sopra è aumentato del 5 per cento ove l'Unione di comuni coincida esattamente con gli ambiti territoriali ottimali di esercizio delle funzioni; mentre in caso di insufficienza dei fondi erariali destinati al finanziamento delle Unioni il contributo spettante ai singoli enti è proporzionalmente ridotto.
A ciascuna Unione di comuni spetta in base alla popolazione un contributo per abitante pari ad una percentuale del valore nazionale medio per abitante dei contributi erariali.
Le percentuali da applicare sono le seguenti:
a) 5 per cento per le Unioni di comuni con popolazione complessiva sino a 3000 abitanti;
b) 6 per cento per le Unioni di comuni con popolazione complessiva da 3.001 a 5.000 abitanti;
c) 7 per cento per le Unioni di comuni con popolazione complessiva da 5001 a 10.000 abitanti;
d) 8 per cento per le Unioni di comuni con popolazione complessiva da 10.001 a 15.000 abitanti;
e) 9 per cento per le Unioni di comuni con popolazione complessiva da 15.001 a 20.000 abitanti;
f) 5 per cento per le Unioni di comuni con popolazione complessiva da 20.001 a 30.000 abitanti;
g) 3 per cento per le Unioni di comuni con popolazione complessiva superiore a 30.000 abitanti.
g bis) 3 per cento per le Unioni di comuni ove siano presenti almeno 2 comuni superiori a 5.000 abitanti.
Il contributo di cui sopra è rideterminato ogni dieci anni; mentre il contributo è comunque rideterminato a seguito di variazione del numero dei Comuni che costituiscono l'Unione.
A ciascuna Unione di comuni, in relazione al numero dei Comuni associati, spetta in base alla popolazione dei Comuni interessati, un contributo per abitante pari ad una percentuale del valore nazionale medio per abitante dei contributi erariali.
Le percentuali da applicare sono le seguenti:
a) 5 per cento per le Unioni di comuni costituite da due Comuni;
b) 7 per cento per le Unioni di comuni costituite con un massimo di quattro Comuni;
c) 8 per cento per le Unioni di comuni costituite con un massimo 10 Comuni;
d) 10 per cento per le Unioni di comuni costituite con oltre 10 Comuni.
Il contributo di cui al comma 1 è rideterminato a seguito di variazione del numero dei comuni che costituiscono l'Unione.
A ciascuna Unione di comuni ed a ciascuna Comunità montana spetta in base ai servizi esercitati in forma associata un contributo pari:
a) al 15 per cento delle spese correnti ed in conto capitale certificate ove l'ente gestisca in forma associata 2 servizi;
b) al 19 per cento delle spese correnti ed in conto capitale certificate ove l'ente gestisca in forma associata da 3 a 5 servizi;
c) al 26 per cento delle spese correnti ed in conto capitale certificate ove l'ente gestisca in forma associata più di 5 servizi.
Le percentuali di cui al comma 3 sono elevate del 5% per le spese certificate relative ai seguenti servizi:
anagrafe e stato civile, ufficio tecnico, urbanistica e gestione del territorio e polizia locale. La percentuale di incremento spetta anche se l'esercizio associato riguarda solo tali servizi.
4-bis.Ove vengano conferite integralmente in gestione associata una o più funzioni composte da più di 2 servizi individuati ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 31 gennaio 1996, n. 194, il contributo determinato ai sensi dei commi 3 e 4 ad esse riferibile è incrementato del 10 per cento.
4-ter. Per la determinazione del contributo spettante alle Unioni di comuni, le spese certificate dai singoli Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti sono calcolate con riferimento alla spesa media nazionale per abitante sostenuta dai Comuni sino a 5.000 abitanti. Tale spesa è moltiplicata per il numero di 5.000 abitanti.
Le Unioni di comuni e le Comunità montane svolgenti l'esercizio associato di funzioni comunali che hanno ricevuto il contributo, sono tenute a dimostrare l'effettivo avvio della funzionalità dei servizi per i quali è stato attribuito il contributo; mentre nel caso in cui si accerti che l'Unione di comuni e le Comunità montane, non abbiano esercitato effettivamente i servizi il contributo di cui al presente articolo è revocato.
Il contributo è aumentato del 5% a favore delle Unioni di comuni e delle Comunità montane la cui spesa media complessiva per abitante per la gestione dei servizi sia superiore alla spesa media nazionale per abitante risultante dalle certificazioni trasmesse rispettivamente dalle Unioni di comuni e dalle Comunità montane.
Il contributo da rideterminare ogni tre anni nei confronti delle Unioni di comuni, è calcolato in misura pari al prodotto della spesa media per abitante certificata per il numero degli abitanti dei singoli Comuni facenti parte dell'Unione, considerando comunque la popolazione di ciascun ente sino ad un massimo di 5.000 abitanti.
Venendo poi allo specifico tema dell'utilizzo delle risorse finanziarie, è previsto che «ove le Unioni di comuni e le Comunità montane non trasmettano la certificazione [da trasmettere al Ministero dell'Interno] la quota del contributo determinata ai sensi del presente articolo […] sono sospese, con la possibilità della corresponsione delle stesse, all'atto della presentazione della certificazione, solo ove residuino fondi disponibili.
Da quanto detto finora emerge che l'Unione di comuni è una forma associativa comunale che è necessario attivare, almeno per ciò che attiene i Piccoli Comuni, per lo svolgimento delle funzioni fondamentali comunali, sul presupposto che tale forma associativa determini economie di scala nell'erogazioni di servizi al cittadino, nel quadro della cosiddetta spending review ovvero della revisione della spesa pubblica che impone ai diversi livelli istituzionali politiche restrittive della spesa, coniugate alla riqualificazione della stessa.
Forma associativa quella unionale che viene incentivata, finanziariamente, dalle Regioni che si sono dotate di apposite regole legislative e dallo Stato che sostiene, in maniera strutturata e non episodica l'Unione di comuni, riservando, come visto supra, la maggior parte delle risorse finanziarie stanziate a sostegno dei processi associativo-istituzionali; forma associativa, quella dell'Unione di comuni (e della Convenzione ex art. 30 TUEL) che il legislatore ha privilegiato perché ritenuta, con ogni probabilità, tra le più efficaci per consentire alle piccole realtà comunali di poter lavorare in modo associato e permettere ad esse di poter attivare tale modalità di governo del territorio entro il limite massimo del 31 dicembre 2015, evitando, al contempo, il commissariamento di quei Comuni che entro tale data continuano ad erogare servizi ai cittadini in forma monadica.
Eppure, nonostante vi sia la messa a disposizione da parte dello Stato di notevoli risorse finanziarie a beneficio delle Unioni di comuni, debbono esistere realtà associative comunali che si dimostrano poco efficienti ed efficaci nel richiederle; nel rispettare anche e soprattutto le regole formali necessarie per l'accredito delle somme di loro spettanza, se il Ministero dell'interno ha ritenuto di dover emanare un comunicato (definito “urgente”) in quanto le Unioni di comuni non comunicano in maniera tempestiva (e a volta non comunicano affatto) i dati concernenti la variazione del numero di conto corrente bancario o di tesoreria che era stato originariamente comunicato al Ministero o della estinzione della stessa Unione di comuni.
Non è cosa di poco conto (specialmente in un periodo storico di carenza di disponibilità finanziarie), in quanto la mancata trasmissione di tali dati impedisce all'Ufficio Centrale di Bilancio del Ministero dell'interno, di emettere i decreti di pagamento, determinando al contempo la lievitazione dei residui attivi nel bilancio dello Stato ed evidenzia, altresì, una paradossale incapacità di spesa del Ministero suddetto.
Recita il comunicato “urgente” del Ministero dell'interno, datato 7 luglio 2015 che «la gestione delle attività connesse con l'attribuzione dei trasferimenti erariali in favore delle Unioni di comuni è da tempo ostacolata dalla mancata o non tempestiva comunicazione da parte delle medesime Unioni dei dati attinenti la variazione del numero di conto corrente bancario o di tesoreria originariamente comunicato o del provvedimento di cessazione dell'unione stessa [e che] questo ufficio, fino ad oggi e con non poche difficoltà, ha supplito epistolarmente o contattando direttamente per le vie brevi l'ente, attività che oggi le rilevanti e complesse procedure amministrative non permettono più di svolgere».
Le inefficienze delle Unioni di comuni dovute alle mancate comunicazioni delle richiamate variazioni genera frequentemente notevoli difficoltà amministrativo/contabili che non consentono di emettere i decreti di pagamento proprio a causa della mancata corrispondenza dei dati.
Ciò detto, il Ministero dell'interno comunica che «in caso di mancata comunicazione della variazione del numero di conto corrente bancario o di tesoreria originariamente comunicato o del provvedimento di cessazione dell'Unione di comuni comporterà la sospensione dei trasferimenti erariali dovuti».
È del tutto evidente che la responsabilità, almeno in prima battuta, sia di natura dirigenziale, spettando ai dirigenti interessati il potere gestionale, ai sensi del d.lgs. n. 165/2001, art. 4, comma 2, il quale prevede che ad essi compete «l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo»; fatto comunque che non esonera la politica dalle proprie responsabilità, poiché, ai sensi del TU sul pubblico impiego, art. 4, comma 1 «gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti».
È auspicabile un cambiamento di rotta, al fine del rapido ed efficace utilizzo delle risorse finanziarie messe a disposizione delle Unioni di comuni, necessarie al consolidamento di una delle forme associative più importanti per l'espletamento in forma associata delle funzioni fondamentali comunali.
Lecce, 8 agosto 2015 Prof. Luigino Sergio
già Direttore Generale della Provincia di Lecce
Data: 08/08/2015 17:00:00Autore: Prof. Luigino Sergio