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L'usucapione dell'azienda

Quando il possesso interessa l'intera azienda, intesa unitariamente e, cioè, come un quid pluris rispetto alle sue singole componenti


Dott. Stefano Trobbiani, dottorando presso l'Università di Macerata
Mail: stefanotrobbiani@hotmail.it

Sommario:

- Premessa

1. I “beni” dell'azienda

2. La natura dell'azienda: le tesi atomistiche e quelle unitarie

3. L'oggetto del possesso in ambito aziendale

4. Conclusioni


- Premessa

Col presente articolo si vuole argomentare brevemente in ordine all'usucapione dell'azienda e riflettere sull'oggetto del possesso nel caso de quo.

All'uopo occorre porsi alcune domande.

La prima attiene ai rapporti giuridici, cioè ai debiti, ai crediti ed ai contratti, rispetto ai quali ci interroga sul fatto che siano o meno compresi dalla definizione aziendale. Ci si chiede, in altri termini, se i diritti di credito concorrano ad integrare il complesso aziendale o se, al contrario, ne siano esclusi.

Accogliendo la prima alternativa va verificato se il possesso possa riguardare anche tali diritti di credito.

Ancora in via preliminare ci si domanda se il possesso sottenda ai singoli beni che compongono il complesso oppure, in modo unitario, all'azienda, intesa come una singola res.


1. I “beni” dell'azienda

Ai sensi dell'art. 2555 c.c. l'azienda è il complesso dei beni organizzato dall'imprenditore per l'esercizio della sua impresa. Gli elementi di problematicità derivano dal raccordo tra la citata disposizione e l'art. 810 c.c., nel quale i beni vengono definiti come le cose che possono essere oggetto di diritti.

In merito, la dottrina si divide in due correnti di pensiero.

La tesi c.d. restrittiva (i) interpreta il comb. disp. artt. 810 c.c. e 2555 c.c. reputando che al complesso aziendale sottendano solamente i beni (in senso stretto) organizzati dall'imprenditore. Per tale ragione si esclude che i rapporti giuridici relativi all'impresa facciano parte dell'azienda.

Un'altra accezione, definita omnicomprensiva (ii), ritiene che i beni di cui all'articolo 2555 c.c. abbiano una valenza diversa e maggiore rispetto alla definizione dell'articolo 810 c.c., tale da comprendere anche i rapporti giuridici. Si può quindi affermare che la nozione di bene di cui all'art. 2555 c.c. viene qui intesa in senso lato.

La giurisprudenza(iii), dal canto suo, aderisce alla tesi omnicomprensiva. Tale convinzione è stata recentemente riaffermata dalle Sezioni Unite con sentenza n. 5087 del 5 marzo 2014.


2. La natura dell'azienda: le tesi atomistiche e quelle unitarie

La nozione di azienda appare difficilmente inquadrabile nella classificazione dei beni giuridici contenuta nel libro III del codice civile, se non a costo di qualche adattamento.

Osservando che l'azienda può essere composta sia da beni mobili sia da beni immobili, si evince come il complesso aziendale non sia agevolmente riducibile ad una solamente delle due categorie. Essa differisce anche dalla universalità normata dall'art. 816 c.c., poiché quest'ultima deve necessariamente comporsi di soli beni mobili. Rispetto ad essa, inoltre, l'azienda si differenzia perché le utilità che la compongono sono accomunate dall'organizzazione dell'imprenditore e non dall'appartenenza ad un unico proprietario.

Giova quindi ricordare le principali teorie che, nel tempo, sono state elaborate in dottrina sulla natura giuridica dell'azienda.

- Una tesi(iv), vede nell'azienda una cosa composta funzionale, caratterizzata dalla ricorrenza di nessi funzionali fra le sue parti componenti.

- Un altro orientamento reputa che il complesso aziendale integri un bene mobile ed immateriale(v). La convinzione si origina dall'art. 812 c.c. che, per un verso, ha carattere tassativo, e che, per l'altro verso, non annovera l'azienda fra i beni immobili. Se ne dovrebbe dedurre, in via residuale, la sua natura mobiliare.

- La tesi c.d. atomistica (vi) ritiene che l'azienda possa vantare una natura unitaria solamente quando è oggetto di cessione mentre, nella sua fase statica, essa non potrebbe essere intesa come un unicum.

- Si palesa, infine, una tesi secondo cui l'azienda dovrebbe essere intesa come un'universalità. Un indice normativo in tal senso si individua nell'articolo 670 c.p.c.(vii), che, appunto, sembra riferirsi all'azienda come ad un'universalità.

Occorre ricordare che,per i motivi sopra descritti, l'azienda presenta dei profili di eterogeneità rispetto all'unica universalità disciplinata dal codice civile, ovvero a quella di cose mobili, che viene normata dall'art. 816 c.c. Ciò ha indotto il pensiero giuridico ad elaborare delle ulteriori categorie.

L'universitas iuris. Per dottrina tradizionale(viii), a fianco alle universalità di beni mobili, possono individuarsi le universalità di diritto, nelle quali l'unificazione degli elementi viene statuita dalla legge. In tale contesto l'azienda viene intesa come un'universitas iuris.

L'universitas rerum. Un diverso intendimento(ix) qualifica l'azienda come un'universalità di fatto. Argomentando dall'art. 670 c.p.c. e dal fatto che nulla nell'ordinamento vieta di costituire delle universalità diverse da quelle ex art. 816 c.c., si ritiene configurabile una categoria generale di universalità, rispetto alla quale quella normata dall'art. 816 c.c. si pone in un rapporto di specie a genere.

In tale ricostruzione, l'azienda potrebbe qualificarsi come un'universalità caratterizzata dall'organizzazione impressa dall'imprenditore. Il collegamento funzionale fra le singole componenti aziendali, infatti, qualificherebbe il complesso come un'utilità diversa dalla mera somma delle sue componenti perché capace di soddisfare dei peculiari e specifici interessi, che sarebbero altrimenti irraggiungibili utilizzando le parti del complesso singolarmente considerate.

In altri termini, l'organizzazione farebbe venir meno l'individualità giuridica dei singoli componenti dando rilievo a quella dell'insieme. Essa, inoltre, accomunerebbe le utilità del complesso indipendentemente dal fatto che esse siano qualificabili come beni mobili, immobili o diritti di credito(x).

Tale orientamento è condiviso dalla giurisprudenza, che qualifica l'azienda come un'universitas rerum(xi).


3. L'oggetto del possesso in ambito aziendale

Una questione controversa riguarda la situazione giuridica soggettiva dell'imprenditore in relazione alla propria azienda.

Una tesi ritiene(xii) che sull'universalità di fatto insista universitas iurium. In altri termini, l'unificazione logico-giuridica dei beni del complesso aziendale non comporterebbe l'unicità del diritto del suo titolare. Esisterebbero, dunque, tanti diritti (reali e/o personali) quanti sono i beni del complesso aziendale, così che su di esso non insisterebbe un unico diritto, ma un fascio di diritti.

Una diversa opinione(xiii) ritiene che quella sopra esposta sia un'inutile duplicazione di concetti, e che sull'universalità di beni insisterebbe un unico diritto. Più esattamente, si reputa che l'universalità si atteggi come un bene complesso, formato da altri beni, sul quale insisterebbe un solo diritto, anche esso complesso, avente ad oggetto sia l'universalità, sia i beni che la compongono.

Focalizziamo ora l'attenzione sul possesso.

La possibilità di configurare il possesso dell'azienda, secondo la giurisprudenza(xiv), deriverebbe dalla lettera dell'art. 670 c.p.c., ai sensi del quale il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario di un'azienda quando ne è controversa la proprietà o il possesso.

Ad ulteriore conferma si ricorda che il possesso consiste in una situazione di fatto corrispondente all'esercizio della proprietà o di un altro diritto reale. La legge, ai sensi degli artt. 2556 c.c. e 2561 c.c., prevede che l'azienda possa essere oggetto di proprietà e di usufrutto e da ciò si deduce che essa possa essere anche essere posseduta.

Ammettendo che sull'azienda insista un unico diritto, si conviene che anche il possesso concerna l'intera azienda, oltre che le sue singole componenti.

Ciò premesso, può ammettersi la possibilità di usucapire l'intero complesso allorquando ricorrano le condizioni previste dalla legge.

Resta da chiedersi che cosa sia usucapibile.

In altre parole, se si accoglie la tesi restrittiva dell'azienda, non si dubita che l'oggetto del possesso verta unicamente sui beni aziendali, il cui acquisto a titolo originario non pone particolari problemi.

Se si opta per la tesi omicomprensiva, per la quale la definizione di azienda ex art. 2555 c.c. include anche i rapporti giuridici, la costruzione dogmatica diventa più complessa. Ai sensi dell'art. 1140 c.c., infatti, il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà o di un altro diritto reale.

Il riferimento al termine “cosa” farebbe senz'altro dubitare che esso possa configurasi in relazione ai diritti di credito.

Di parere opposto sono le Sezioni Unite della Cassazione, che, con la sopra menzionata sentenza 5087/2014, hanno precisato che la nozione di cosa non deve intendersi in modo naturalistico, ma in modo economicosociale, sicché non sarebbe illogico trattare come cosa tutti quei possibili oggetti di rapporti giuridici che non hanno natura corporea.

4. Conclusioni

Appare configurabile una situazione di possesso che verta sull'intera azienda, intesa unitariamente e, cioè, come un quid pluris rispetto alle sue singole componenti, tra le quali vanno annoverati anche i diritti di credito.

In tale ottica si condivide pienamente la tesi giurisprudenziale secondo cui l'azienda, quale complesso dei beni organizzati per l'esercizio dell'impresa, deve essere considerata come un bene distinto dai singoli componenti, suscettibile di essere unitariamente posseduto e, nel concorso degli altri elementi indicati dalla legge, usucapito. Si ricorda che, secondo l'insegnamento della Cassazione(xv), non trova applicazione la regola del possesso vale titolo prevista dall'art. 1153 c.c., la cui applicazione sarebbe impedita dal successivo 1156 c.c.

Infine, quanto alla tutela, a parere di chi scrive, ammessa l'applicabilità dell'art. 1140 c.c. in relazione all'azienda, non può dubitarsi della possibilità di adire al giudice civile per ottenere la reintegrazione o la manuntenzione(xvi).


Dott. Stefano Trobbiani

Laureato con lode presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Univerità degli Studi di Macerata. Cultore della materia di Diritto commerciale. Cultore della materia di Diritto del commercio internazionale. Dottorando presso l'Università di Macerata.

Mail: stefanotrobbiani@hotmail.it

Note:

i In dottrina: Ghidini, Disciplina giuridica dell'impresa, Milano, 1950, pp. 157, 158; Ferrara Jr, La teoria giuridica dell'azienda, Firenze, 1945, p. 105; Cervelli, I diritti reali, Manuale ed applicazioni pratiche dalle lezioni di Guido Capozzi, Milano, 2001, p.19; Colombo, Trattato di Diritto Commerciale e di Diritto Pubblico dell'economia, vol. III, L'azienda e il mercato, Padova, 1979, pp. 19 ss; Campobasso, Diritto Commerciale I Diritto dell'Impresa, Torino, 1993, p. 144.

In giurisprudenza: Trib. Monza, 08/10/2001 in Giur. di Merito, 2001.

ii Auletta, Azienda(Diritto Commerciale,) in Enc. Giur. Treccani, vol. IV, Roma, 1991, pp. 4 ss.; Casanova, Azienda, in Nov. dig. it., vol. III, Torino, 1957, pp 3ss.; Trabucchi, Istituzioni di Diritto Civile, Padova, 2007, p 1044; Zatta, Colussi, Lineamenti di Diritto Privato, Padova, 2007, p. 219; Bianca, Diritto Civile, Vol. VI, Milano, 1999, p. 89; De Gregorio, Corso di diritto commerciale, I, parte I, Roma, 1952, pp. 48 ss.; Perlingeri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2000, p. 658.

iii Cass. 9 ottobre 1954 n. 3495, in Giust. Civ. 1954, p. 2311; Cass. 18 febbraio 1950 n. 410, in Foro It., 1950, I, 1018; Cass. 6 agosto 1947 n. 1469; Cass. 29 agosto 1963 n. 2391 in Foro it., 1963, I, 1610; Cass. 22 gennaio 1972 n. 171 in Giur. It., 1973, I,1, 262; Cass. 9 giugno 1981 n. 3723 in Giust. civ. 1981, I, 2942, Cass. 15/01/2003 n. 502; Cass. 09/04/2009 n. 8643; Cass. 30/06/2015,n. 13319 in CED Cassazione 2015. In tal senso si sono pronunciate anche le Sezioni Unite della Cassazione con sent. Cass. Ss. Uu. 05/03/2014 n. 5087 in CED Cassazione 2014.

iv Barbero, Il sistema di diritto privato, Torino, 1989, p. 136.

v Ferrara Jr, La teoria giuridica dell'azienda, cit, pp. 125 ss. Diversamente: Rotondi, Trattato di diritto dell'industria: teoria generale dell'azienda, 1921, Padova, pp. 129 ss, per il quale l'azienda può vantare natura mobiliare qualora tutti i componenti siano mobili, immobiliare nel caso contrario.

vi Scialoia, in Foro ital. 1893, I, pp. 705 ss; Barassi, in Foro ital. 1912, I, pp. 316 ss. Campobasso, Diritto Commerciale 1 Diritto dell'Impresa, Torino, 1993, pp. 146 ss; Trabucchi, Istituzioni di Diritto civile, Padova, 2007, p. 1045, Colombo, Trattato di Diritto Commerciale e di Diritto Pubblico dell'economia, vol. III, L'azienda e il mercato, Padova, 1979, p. 16; Torrente, Schlesinger, Manuale di Diritto Privato, Milano, 1999 p. 132.

vii Art. 670. Sequestro giudiziario Il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario:

1) di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni, quando ne è controversa la proprieta' o il possesso, ed è opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestione temporanea;
2) di libri, registri, documenti, modelli, campioni e di ogni altra cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, quando è controverso il diritto alla esibizione o alla comunicazione; ed è opportuno provvedere alla loro custodia temporanea.

viii Fadda, Benza, Note alle Pandette di Windscheid, vol. I Parte II, Torino, 1920, pp. 491 ss; Gazzoni,Manuale di diritto privato, Napoli, 2007, pp. 204, 205,1349. Non manca, tuttavia, chi dubita della esistenza stessa delle universitas iuris (in tal senso: Ferrara Jr, La teoria giuridica dell'azienda, cit., p. 60 ss.).

Altra dottrina reputa che alle universitas iuris non siano applicabili le norme dell'universalità di fatto, rendendo inutile l'inquadramento dell'azienda in tale categoria. Inoltre solo le universitas rerum assolverebbero una propria funzione economica, mentre quelle di diritto rileverebbero solo per il vincolo giuridico che le accomuna (Bianca, Diritto Civile, cit., p. 90).

ix Bianca, Diritto Civile, cit., p. 81 ss; Cervelli,I diritti reali, manuale e applicazioni pratiche delle lezioni di Guido Capozzi, Milano, 2000, p.15. Trimarchi, Universalità di cose, in Enc. dir. vol. XLV, Milano, 1980, p. 801 ss;

x Trimarchi , cit, p. 806.

xi Cass. 31/03/1958, n. 1113 in Foro It., 1958, 1, 696; Cass. 13/07/1973 n. 2031, 7 ottobre 1975 n. 3178, Cass. 16/01/1987 n. 360; 22/03/ 1980 n. 1939, 1Cass. 27/03/1996 n. 2714; 5/01 2003 n. 502; App. Milano 28/03/2002 in Giur. it. 2003,1659; Comm. Trib Centr. 05/10/1992 n. 5191.

xii Ferrara Jr, La teoria giuridica dell'azienda, cit., p. 109; Cervelli,I diritti reali, manuale e applicazioni pratiche delle lezioni di Guido Capozzi, cit, p.16.

xiii Bianca, Diritto Civile, cit., p. 87; Colombo, Trattato di Diritto Commerciale e di Diritto Pubblico dell'economia, vol. III, L'azienda e il mercato, Padova, 1979, pp. 16 ss; Cervelli,I diritti reali, manuale e applicazioni pratiche delle lezioni di Guido Capozzi,, cit, p.17, Trimarchi, cit., p. 821;

xiv Cass. Ss. Uu. 05/03/2014 in CED Cassazione 2014: Ai fini della disciplina del possesso e dell'usucapione, l'azienda, quale complesso dei beni organizzati per l'esercizio dell'impresa, deve essere considerata come un bene distinto dai singoli componenti, suscettibile di essere unitariamente posseduto e, nel concorso degli altri elementi indicati dalla legge, usucapito.

Trib. Monza, 26/06/1998 in Rass. Dir. Farm., 1999, 450: “La natura e la destinazione unitaria del complesso dei cespiti che compongono l'azienda farmaceutica, deducibile anche dal contenuto letterale degli art. 2555, 2556 c.c. e dall'art. 670 n. 1 c.p.c., spingono a qualificare quest'ultima come universalità di beni ai sensi dell'art. 816 c.c. e per conseguenza, ad individuare nell'art. 1160 c.c. la disciplina applicabile (possesso continuato per 20 anni) all'acquisto dell'azienda per usucapione”.

xv Cass. 26/09/2007, n. 20191 in CED Cassazione, 2007.

xvi In dottrina: Bianca, Diritto Civile, cit., p. 82.

In giurisprudenza: Pret. Ficarolo, 29/03/1983 in Orient. Giur. Lav., 1983, 796; Pret. Genova, 19/04/1989 in Foro it., 1990, I, 2373; Pret. Roma, 12/07/1989 in Dir. Fall., 1990, II, 625;

In senso contrario: Cass. civ., 31/03/1958, n. 1113 in Foro It., 1958, 1, 696.

Da notare la pronuncia del Trib. Monza, 08/10/2001, cit., secondo la quale l'azione di reintegrazione nel possesso di un'azienda non può estendersi alle facoltà ed ai diritti di natura obbligatoria ricompresi nel compendio.

Data: 11/08/2015 15:32:00
Autore: Dott. Stefano Trobbiani