La destinazione urbanistica non può essere modificata in peius
Avv. Cristina Bassignana - La vicenda che ha richiesto l'intervento del TAR dell'Umbria, e dallo stesso decisa con sentenza n. 227 dell'1 giugno 2015, prende le mosse dal ricorso presentato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze per l'annullamento della delibera del Consiglio Comunale 15.12.2008 n. 307 con la quale il Comune di Terni modificava in peius la destinazione edificatoria del previgente strumento urbanistico generale.
La vicenda
Il Comune ha disposto la destinazione a verde pubblico di un compendio immobiliare, denominato ex Caserma Cairoli e dichiarato di particolare interesse storico–artistico, di cui è proprietario il Ministero.
Le censure dedotte sono le seguenti:
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violazione dell'art. 6 della L.R. 31/1997 e del principio della necessità della preventiva intesa in ipotesi di mutamento della destinazione d'uso di beni statali;
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violazione dei termini di cui alla Legge31/1997 in quanto il PRG sarebbe stato adottato oltre il termine di 180 giorni dalla conclusione della conferenza partecipativa;
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violazione del termine di cui alla L.R. 31/2007 in quanto la delibera sarebbe intervenuta oltre il termine di 120 giorni previsto per l'esame delle osservazioni;
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Eccesso di potere per difetto/illogicità della motivazione in quanto si tratterebbe dell'unica area destinata a verde pubblico ma interamente interclusa da fondi edificati;
Eccesso di potere per errore/illogicità della scelta amministrativa: la destinazione a verde pubblico impressa all'immobile di proprietà dello Stato consentirebbe un incremento di volumetria a favore dell'aggiudicatario della gara per l'alienazione dell'area del mercato coperto.
La decisione del Tar
Il TAR ha ritenuto fondato il ricorso accogliendolo per le seguenti ragioni.
Il compendio immobiliare non può essere ascritto al patrimonio disponibile dello Stato in quanto ai sensi dell'art. 822, II comma, c.c., "appartengono al demanio necessario gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico". E' pertanto priva di fondamento la pretesa del Comune di ascrivere la ex Caserma Cairoli al patrimonio disponibile dello Stato.
La Legge Regionale n. 31/97 disciplina le modalità di adozione del PRG indicando peraltro gli Enti, le Amministrazioni dello Stato ed i soggetti legittimamente interessati che debbono essere invitati a partecipare alla Conferenza.
La Corte Costituzionale con sentenza del 15.11.1985 n. 286, dal canto suo, ha stabilito il principio secondo cui "ogni qual volta concorra una molteplicità d'interessi eterogenei, riferibili a soggetti diversi e tutti di rilievo costituzionale, alla loro composizione si deve provvedere attraverso l'istituto, tipico e generale del diritto pubblico, rappresentato dall'intesa; non spetta dunque alle regioni ed alle province autonome approvare gli strumenti urbanistici senza che, nelle parti in cui essi prevedono il mutamento di destinazione di beni pubblici statali, sia previamente intervenuta un'intesa con i competenti organi centrali".
Il richiamo alla Consulta
Ad avviso del TAR il principio affermato dalla Consulta è applicabile anche al caso di specie in quanto la modifica della destinazione d'uso di un immobile sottoposto al vincolo storico-artistico, in sede di approvazione di un PRG, è idonea ad incidere su interessi riferibili alla comunità. Non si può pertanto escludere un interesse legittimante la partecipazione dell'autorità statale al procedimento. Il TAR ritiene che nel caso concreto sia "irragionevole la pretesa del Comune di equiparare sul piano procedimentale la posizione dello Stato, proprietario di un bene sottoposto a vincolo storico artistico ed ente preposto alla relativa tutela, a quella indistinta di tutti i soggetti proprietari di aree private incise dal piano strutturale, per i quali sussite il solo strumento della presentazione delle osservazioni".
Data: 02/09/2015 16:00:00Autore: Cristina Bassignana