Addebito della separazione e risarcimento danni
di Valeria Zeppilli - Quando lo scioglimento del rapporto matrimoniale è riconducibile al comportamento di uno dei due coniugi, e non a una semplice sopravvenuta e insuperabile incompatibilità che ostacola le possibilità di condurre una vita insieme, è possibile richiedere al giudice l'addebito della separazione.
A disciplinare tale circostanza è, in particolare, l'articolo 151 c.c., il quale stabilisce che “il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”.
Dall'addebito della separazione deriva il dovere del coniuge “responsabile” di provvedere al mantenimento dell'altro coniuge che non abbia adeguati redditi propri e la sua esclusione dai diritti successori.
Orbene, molte discussioni sono sorte in ordine alla possibilità di riconoscere, in presenza di addebito della separazione, anche un risarcimento del danno al coniuge non responsabile derivante dal fallimento del matrimonio, ovviamente non strettamente connesso alla violazione di una norma di carattere risarcitorio (che dà inconfutabilmente diritto al risarcimento).
Orientamento originario: l'addebito della separazione non può essere fonte di responsabilità extracontrattuale
In un primo momento vi erano remore da parte della giurisprudenza ad individuare nell'addebito della separazione anche una fonte di responsabilità extracontrattuale.
Emblematica in tal senso è la sentenza n. 5866/1995 della Corte di cassazione, nella quale si è affermato che “l'addebito della separazione, di per sé considerato, non è fonte di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., determinando, nel concorso delle altre circostanze specificamente previste dalla legge, solo il diritto del coniuge incolpevole al mantenimento. Pertanto, la risarcibilità dei danni ulteriori è configurabile solo se i fatti che hanno dato luogo all'addebito integrano gli estremi dell'illecito ipotizzato dalla clausola generale di responsabilità espressa dalla norma citata”.
La svolta della giurisprudenza: il mancato rispetto dei doveri coniugali comporta conseguenze anche sul piano risarcitorio
Un punto di svolta è stato segnato dalla sentenza n. 9801/2005 della Cassazione, con la quale si è invece stabilito che “il rispetto della dignità e della personalità, nella sua interezza, di ogni componente del nucleo familiare assume il connotato di un diritto inviolabile, la cui lesione da parte di altro componente della famiglia costituisce il presupposto logico della responsabilità civile”.
A conferma di ciò, la successiva sentenza n. 18853/2011 ha sancito che “i doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio hanno natura giuridica e la loro violazione non trova necessariamente sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, quale l'addebito della separazione, discendendo dalla natura giuridica degli obblighi suddetti che la relativa violazione, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, possa integrare gli estremi dell'illecito civile e dare luogo a un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 c.c., senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia a questa preclusiva”.
Alla luce di tali recenti orientamenti sembra quindi che, laddove l'inadempimento dei doveri coniugali che dà luogo ad addebito della separazione sia particolarmente rilevante, in capo al coniuge che lo abbia posto in essere possa riconoscersi anche una responsabilità risarcitoria ex art. 2043 c.c., che, in ogni caso, necessita di autonomo procedimento, per la diversità di rito che interessa le questioni strettamente connesse alla separazione.
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Autore: Valeria Zeppilli