Le prove dello stalking
Avv. Emanuela Foligno - Il nostro codice penale disciplina il delitto di stalking all'art. 612-bis: con esso si intendono tutte le condotte persecutorie (comportamenti invadenti, di intromissione con pretesa di controllo, minacce o molestie costanti e reiterate nel tempo con telefonate, messaggi, appostamenti, ossessivi pedinamenti, ecc.) che interferiscono nella vita privata della persona molestata.
La natura giuridica del delitto de quo - trattandosi di un delitto di evento e di danno - comporta la necessaria sussistenza di un collegamento causale tra la condotta posta in essere dallo stalker e l'evento verificatosi hic et nunc.
Il reato di atti persecutori, è caratterizzato da condotte alternative e da eventi disomogenei, ciascuno idoneo ad integrarlo, i quali devono essere oggetto di rigoroso e puntuale accertamento da parte del giudice in ordine alla gravità dei comportamenti e della loro idoneità a rappresentare una minaccia, mentre lo stato di ansia o di paura va identificato in una condizione emotiva spiacevole, accompagnata da un senso di oppressione e da una notevole diminuzione dei poteri di controllo.
Per la consumazione del reato è necessario, infatti, dimostrare l'effetto che la condotta dell'aggressore ha avuto sulla vittima, che può essere di tre tipi, tra loro alternativi:
- un procurato perdurante e grave stato di ansia e di paura;
- un ingenerato fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da relazione affettiva;
- una alterazione delle proprie abitudini di vita.
Si sono sviluppati molti studi, anche metagiuridici, sul fenomeno dello stalking che hanno distinto due categorie attraverso le quali lo stesso si può attuare:
- comunicazioni intrusive e persecutorie che si attuano con l'ausilio di strumenti come telefono, lettere, sms, e-mail o persino graffiti e murales;
- contatti che possono essere attuati sia attraverso comportamenti di controllo (pedinamento) sia mediante il confronto diretto (visite sotto casa o sul posto di lavoro).
Affinché si configuri il reato in parola è necessario che lo stalker abbia la volontà e la coscienza di porre in essere volontariamente ogni singolo atto e la condotta che deriva dall'insieme dei comportamenti. Tant'è che in più di un'occasione, ed anche recentemente, la Suprema Corte ha ribadito che per la configurazione del reato di stalking è sufficiente il dolo generico. Non occorre un particolare animus e nemmeno che si rappresenti la volontà di procurare al molestato il grave e perdurante stato di ansia, oppure il cambiamento delle abitudini della vita quotidiana.
Quando alla prova del delitto, la stessa può desumersi (anche) dalle dichiarazioni della vittima se la stessa risulta credibile. Così ha ritenuto più volte la Suprema Corte, affermando che: "in tema di atti persecutori, la prova dell'evento del delitto in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente ed anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata" (cfr. Cass. n. 46510/2014; Cass. n. 20531/2014).
Come visto, secondo queste recenti pronunce, la vittima dello stalking deve provare i fatti persecutori reiterati e idonei a generare ansia, disagio e timore. Tale prova può essere raggiunta con le dichiarazioni della vittima: non occorre la prova clinica del disagio in sé.
Questa circostanza, però, è alquanto aleatoria.
Si consideri, infatti, che molte vittime dello stalking versano in uno stato psicologico di estremo disagio, finanche di disturbo. Tale stato emotivo influisce, oltre che sul comportamento del danneggiato stesso, certamente sulla sua credibilità e sulla esposizione delle dichiarazioni.
Sarà, pertanto, doveroso compito del difensore della vittima valutare, con l'ausilio di una consulenza medica specialistica, se produrre la prova clinica del disagio e/o turbamento psicologico subito dalla vittima.
Tale valutazione dovrà essere coniugata con l'intero assetto delle prove dei fatti che si intendono produrre in giudizio: testimonianze di terzi (e non testimonianze de relato), tabulati telefonici, videoregistrazioni, audioregistrazioni, ecc.
Se, dunque, secondo le citate pronunzie, è sufficiente che la vittima provi il turbamento della propria serenità, non è ragionevole, in concreti casi di turbamenti e/o lesioni psicologiche della vittima, non produrre la relativa documentazione clinica.
La prova di un evento psichico deve, però, essere ancorata alla ricerca di fatti sintomatici del turbamento stesso. In relazione al raggiungimento della prova suddetta, vi è da dire che certamente assumono importanza anche i comportamenti successivi della vittima alle azioni dello stalker, nonché la condotta di quest'ultimo che deve essere valutata sia in astratto che in concreto.
Ciò detto, per ottenere la condanna è anche necessario fornire in giudizio la prova di: pedinamenti, telefonate, sms o mail insistenti, visite indesiderate presso l'abitazione o il luogo di lavoro, il tutto con videoregistrazioni, audioregistrazioni, testimonianze dirette, esibizione di messaggi di posta elettronica, sms e tabulati telefonici.
Per quanto riguarda i tabulati telefonici, nel caso in cui lo stalker molesti attraverso l'uso del telefono, da produrre unitamente alla querela, o in un secondo tempo con memoria integrativa, è necessario specificare che il danneggiato, o il Difensore, dovrà affrontare una strada abbastanza impervia per potere ottenere i tabulati telefonici delle chiamate moleste.
Il danneggiato dovrà inviare, infatti, al proprio gestore telefonico:
1) Dichiarazione di veridicità e di non utilizzo dei dati richiesti per fini illeciti e dichiarazione di conferma di titolarità del numero della sim abbonamento e/o del numero fisso abbonamento
2) Dichiarazione di specificazione del periodo di richiesta del dettaglio delle chiamate telefoniche in entrata (il massimo temporale è stabilito in tre mesi); dichiarazione di manleva della compagnia telefonica; dichiarazione dei dati di fatturazione
3) Copia frontespizio denuncia-querela con il timbro di deposito e pedissequo dettaglio di registrazione della Procura
4) Mandato difensivo (se la richiesta la svolge il difensore)
5) Copia tesserino iscrizione Ordine degli Avvocati (se la richiesta la svolge il difensore)
Inoltre il danneggiato, o il difensore, dovrà comunicare al gestore telefonico con dichiarazione separata, ai sensi della L. 397/2000, quale è la necessità processuale della allegazione del traffico telefonico in entrata.
Tale dichiarazione dovrà essere molto dettagliata poiché senza la prova della sussistenza degli elementi essenziali del reato, dimostrabili esclusivamente attraverso l'acquisizione dei tabulati telefonici, l'imputazione ex art. 612 bis c.p. avanzata dalla persona offesa, non verrà accolta.
E' ben vero che i tabulati telefonici possono essere richiesti dal Pubblico Ministero nella fase delle indagini preliminari, ma se gli stessi vengono depositati unitamente alla querela si otterrà una chiusura delle indagini preliminari molto veloce.
Infine, nel caso in cui lo stalker utilizzi un "numero anonimo" per molestare il danneggiato è possibile ai sensi dell'art. 127 del D.Lgs. n. 196/2003 che venga impedito al chiamante di criptare il numero anonimo.
Per ottenere questa ulteriore prova è necessario fare apposita richiesta al gestore telefonico di soppressione dell'identificazione anonima delle chiamate in entrata, invocando l'art. 127 del decreto citato e le chiamate "anonime" verranno palesate per un periodo non superiore ai 15 giorni. (c.d. tabulato override o servizio override).
In altri termini, lo stalking esiste solo se la vittima dimostra uno degli eventi sopra descritti, il che a volte può essere molto difficile. In mancanza di tale prova, i ripetuti atti dello stalker, non seguiti da uno di quegli eventi, possono essere declassati ai reati di minaccia o di molestia.
Praticamente la vittima deve sopportare un onere probatorio molto pesante: deve dimostrare gli atti di molestia o minaccia, deve dimostrare che sono reiterati e, inoltre, deve dimostrare che sono causalmente finalizzati a determinare gli eventi stabiliti dalla norma e, ulteriormente, deve dimostrare l'esistenza degli eventi.
E' compito dell'avvocato, dunque, fornire con la proposizione della querela le prove adeguate.
Avv. Emanuela Foligno
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Autore: Avv. Emanuela Foligno