Avvocati: sì alle "vecchie" tariffe come criterio orientativo
di Marina Crisafi - Per l'attività di consulenza svolta, l'avvocato può fare riferimento, ai fini della definizione del proprio compenso, al "vecchio" tariffario, quale criterio orientativo, da rimodulare sui nuovi criteri stabiliti dal d.m. n. 140/2012.
A sancirlo è il Tribunale di Genova con la recente sentenza n. 1912/2015 (qui sotto allegata), in una vicenda riguardante il compenso professionale spettante a un legale per aver assistito una società nell'ambito di una operazione commerciale internazionale con una controparte nigeriana.
L'operazione riguardava una "colossale importazione di materiali ferrosi" e al legale era stato chiesto dalla società cliente di redigere un contratto quadro che regolasse l'intero accordo. Il professionista adempiva alla propria prestazione, tuttavia l'affare si rivelava una truffa giacchè la controparte nigeriana era in realtà inesistente. Il legale, per l'attività svolta (per la quale aveva già ricevuto un anticipo di 10mila euro) reputava di aver diritto ad un compenso pari allo 0,15% del valore del contratto, stimando il valore della pratica trattata sulla base dell'enorme valore che gli era stato prospettato quale oggetto del contratto (90 milioni di euro per un anno di spedizioni) e applicando allo stesso un coefficiente per l'attività di "assistenza alla redazione del contratto", in virtù della tariffa (soppressa all'epoca dell'incarico) prevista per l'attività stragiudiziale dal dm del 2004.
A seguito di tale applicazione, il legale chiedeva globalmente oltre 130mila, ma la società non era affatto d'accordo.
A giudizio del tribunale, anche in base alla soppressa tariffa, la prestazione intanto avrebbe dovuto essere liquidata come di "consulenza" e non di "assistenza", considerato che l'avvocato non si era confrontato con una volontà contrattuale effettiva, ma si era limitato "ad individuare uno schema negoziale astratto idoneo a disciplinarla", e quindi con impiego delle voci previste per la redazione di parere scritto.
Una volta delimitata l'attività professionale svolta, il tribunale ligure ricorda che al caso va applicato il dm 140/2012, e nello specifico, l'art. 3 che prevede che l'attività stragiudiziale è liquidata "tenendo conto del valore e della natura dell'affare, del numero e dell'importanza delle questioni trattate, del pregio dell'opera prestata, dei risultati e dei vantaggi, anche non economici, conseguiti dal cliente, dell'eventuale urgenza della prestazione".
Tuttavia, essendo pacifica l'assenza di contratto, nonché abrogata la forza vincolante della tariffa, per il giudice genovese si può far riferimento alla tariffa previgente quale mero uso e così farne un primo "impiego orientativo" da confrontare poi coi principi dell'art. 3 vigente.
E se sotto il profilo dell'assistenza, "il valore della pratica è zero", considerato che l'affare non ebbe mai una reale consistenza, in termini di consulenza, ha affermato il tribunale, "il valore è quello dichiarato al professionista che ha ricevuto unilateralmente il mandato", orientandolo nella considerazione "delle tipologie contrattuali da porre in essere, delle tutele da adottare, nel livello di cura da dedicare a disposizioni di dettaglio, che, nel contesto di rilevantissime negoziazioni possono essere di rilievo".
In definitiva, dunque, considerato che le tariffe soppresse all'epoca dei fatti prevedevano per la consulenza scritta un compenso pari allo 0,065% del valore del contratto (circa 58.500 euro) e confrontando questo dato con i nuovi criteri previsti dal suddetto art. 3, al legale spettano circa 48mila euro, dai quali vanno detratti i 10mila già percepiti.
Vedi anche nella sezione delle risorse:
- Il calcolo della nota spese per gli avvocati con i nuovi parametri forensi
- Il calcolo con le vecchie tariffe forensi (ante 2012)
Data: 26/11/2015 21:00:00Autore: Marina Crisafi