Attenzione a cosa si pubblica sul web: la propaganda allo stato islamico è reato
di Valeria Zeppilli – Bisogna stare attenti in Italia a propagandare lo stato islamico: la condotta può integrare il reato di istigazione a delinquere, sanzionato dal nostro ordinamento.
Con una recentissima sentenza, la numero 47489 del 1° dicembre 2015 (qui sotto allegata), la Corte di Cassazione ha infatti confermato la condanna di un uomo per apologia dello stato islamico, per aver egli pubblicato su internet un documento di propaganda della predetta associazione, che, come noto, ha finalità di terrorismo internazionale.
Tale ultima connotazione, come ricordato anche dalla Corte, è consolidata in occidente ed è stata confermata da numerose risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu.
Nel dettaglio, il contenuto del documento, diffuso su siti privi di vincoli, presupponeva e accettava la natura combattente e di conquista violenta dell'organizzazione, ovverosia l'esecuzione di atti di terrorismo, ed esaltava la sua diffusione ed espansione anche con l'utilizzo delle armi.
L'adesione al cd. "Califfato", poi, era indicata come obbligatoria sulla base di una corretta interpretazione dei dettami religiosi.
A tal proposito i giudici hanno chiarito che l'apologia di reato può avere ad oggetto anche un reato associativo, con la conseguenza che può ben essere ricondotto a tale fattispecie anche il delitto di associazione con finalità di terrorismo internazionale di cui all'articolo 270-bis del codice penale.
Per quanto riguarda, poi, il necessario accertamento del pericolo concreto di commissione di delitti in conseguenza dell'istigazione e dell'apologia, esso, per la Corte, può avere ad oggetto non solo la commissione di atti di terrorismo ma anche la partecipazione ad una simile associazione.
Nulla da fare dunque per il ricorrente: la condanna non può che essere confermata.
Data: 02/12/2015 17:00:00Autore: Valeria Zeppilli