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Niente più spese compensate (o quasi) nel processo tributario

La compensazione resta solo in caso di soccombenza reciproca o per ragioni gravi ed eccezionali, adeguatamente motivate. Attenzione poi a rifiutare un accordo c


di Valeria Zeppilli – Con il decreto legislativo numero 156/2015, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 7 ottobre scorso in attuazione della delega fiscale, scompare quasi del tutto la compensazione delle spese dal processo tributario.

Oggi, infatti, il nuovo articolo 15 del decreto legislativo numero 546 del 1992, dopo aver disposto che la parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio liquidate in sentenza, precisa che la compensazione, totale o parziale, è ammessa solo nel caso di soccombenza reciproca o al ricorrere di ragioni gravi ed eccezionali, sulle quali il giudice deve espressamente motivare.

Tale regola, che entrerà in vigore dal 1° gennaio prossimo, rende la compensazione una vera e propria eccezione alla regola, che non potrà più essere disposta con leggerezza.

È chiaro, tuttavia, che il collegio giudicante continuerà comunque a mantenere in tal senso una certa discrezionalità: è infatti pressoché impossibile predeterminare in assoluto le ragioni gravi ed eccezionali alla base della compensazione.

Un'altra interessante novità in materia di condanna alle spese introdotta con il decreto dello scorso ottobre riguarda i casi di conciliazione.

Sempre l'articolo 15 del decreto del 1992, infatti, prevede oggi che se una parte fa una proposta conciliativa ma l'altra non la accetta senza giustificato motivo, le spese saranno addebitate a quest'ultima.

Insomma: attenzione a rifiutare un accordo conciliativo le cui condizioni siano favorevoli ad entrambe le parti.

Tuttavia si precisa che, ai fini della condanna, non è sufficiente che la conciliazione sia rifiutata ma è necessario che le pretese siano riconosciute in misura inferiore al contenuto dell'accordo proposto.

Data: 15/12/2015 09:00:00
Autore: Valeria Zeppilli