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Il processo minorile

Il processo minorile è disciplinato in maniera peculiare dal d.p.r. 448/1988, con il fine di adattare il processo penale alle esigenze di tutela del minore


Cos'è il processo minorile

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Il procedimento minorile si articola attorno alla figura del minore/indagato minore/imputato, ossia quel soggetto, infradiciottenne, che ha commesso ovvero ha tentato di commettere un reato.

La sede naturale in cui lo stesso si svolge è il Tribunale per i Minorenni, il quale si differenzia notevolmente da quello ordinario. La differenza più evidente si ravvisa nella composizione dell'organo giudicante, in quanto nel Tribunale per i Minorenni l'unico giudice monocratico è il G.I.P., mentre G.U.P. e giudice dibattimentale sono organi collegiali, a prescindere dal titolo di reato per il quale si procede.

Caratteristica del processo minorile è quella di recuperare gli aspetti positivi del minore mediante un percorso penale il meno possibile traumatizzante.

Tutele per il minore

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Il minore-imputato viene tutelato da specifiche previsioni normative redatte ad hoc. Il legislatore ha infatti previsto, come risulta dal combinato disposto dell'articolo 12 (Assistenza all'imputato minorenne) e dell'articolo 6 (Servizi minorili), che al minore sia assicurata l'assistenza psicologica e affettiva, in ogni grado e stato del procedimento, dai genitori e, in difetto ovvero a sostegno di questi, dai servizi minorili dell'amministrazione della giustizia.

Un'ulteriore tutela del minore è concessa con l'articolo 13 (Divieto di pubblicazione e di divulgazione), con il quale il legislatore ha sancito espressamente il divieto di pubblicazione o di divulgazione di immagini nonché di notizie del minore tali da consentire la sua identificazione. L'udienza dibattimentale, ad esempio, come dispone l'articolo 33, si svolge a porte chiuse salvo che l'imputato sedicenne lo richieda e che la sua richiesta sia motivata (salvo cause ostative, come l'ipotesi in cui sia coimputato un infrasedicenne o uno dei coimputati non acconsenta).

Altro aspetto volto a tutelare il minore è rappresentato dalla limitata segretezza dei suoi precedenti penali, i quali trovano luogo in uno speciale casellario giudiziale.

Aspetto non codificato e facoltativo, ma ugualmente importante nel processo minorile, è rappresentato dalla mediazione penale, volta a far recuperare al minore il rapporto con la vittima mediante l'ausilio di un mediatore attraverso diversi incontri.

Processo minorile: principali differenze con il rito ordinario

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Nonostante sia modellato sul Codice Vassalli, il processo minorile presenta alcune importanti differenze rispetto al rito ordinario.

Innanzitutto, possiamo citare l'impossibilità, per la persona offesa, di costituirsi parte civile.

Inoltre, nel processo penale minorile non è possibile chiedere il patteggiamento (tecnicamente, l'applicazione della pena su richiesta delle parti) né ricorrere al procedimento per decreto penale di condanna. E' invece ammesso il giudizio abbreviato, mentre quello direttissimo è possibile solo se possibile effettuare gli accertamenti sulla personalità del minore e garantire la sua assistenza ai sensi, rispettivamente, dell'articolo 9 e dell'articolo 12 del d.p.r. n. 448/1988. In ogni caso, il PM non può procedere al giudizio direttissimo né chiedere il giudizio immediato se ciò comporto un grave pregiudizio per le esigenze educative del minore.

Arresto e fermo

Altre differenze sussistono per quanto riguarda l'arresto e il fermo: il PM, quando riceve la notizia di uno di tali provvedimenti, dispone che il minorenne sia condotto senza ritardo in un centro di prima accoglienza o in una specifica comunità pubblica o autorizzata. Se lo ritiene opportuno, tenendo conto delle modalità con il quale è stato commesso il fatto, dell'età del minore e della sua situazione familiare, può anche disporre che sia condotto presso l'abitazione familiare ove deve comunque rimanere a disposizione. Se, infine, ritiene di non dover richiedere l'applicazione di una misura cautelare, può anche disporre che il minorenne sia posto immediatamente in libertà.

Misure cautelari per il minore

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Per quanto concerne le misure cautelari, esse sono adottate alla luce di quanto previsto dal codice di procedura penale nonché subordinate alle esigenze di studio e di vita del minore.

Le prescrizioni

Una particolare attenzione deve essere rivolta alle prescrizioni, alla luce delle quali il giudice impartisce al minore una determinata condotta da tenere, la quale non può, in ogni caso, superare il massimo temporale di 2 mesi, salvo che per esigenze probatorie non sia disposta la rinnovazione, ma solo per una volta.

La permanenza in casa e il collocamento in comunità

Va poi ricordata la permanenza in casa, che, ove disposta, comporta che il minore non può allontanarsi dall'abitazione se non per esigenze di studio ovvero di lavoro; nel caso in cui venga violato tale provvedimento, anche per più di una volta, il giudice può disporre il collocamento presso comunità, il quale implica che il giudice ordina che il minore sia affidato presso una comunità pubblica o autorizzata, prevedendo anche le prescrizioni relative allo studio ed al lavoro. Laddove vengano violate tali prescrizioni o ci sia un ingiustificato allontanamento dalla comunità l'organo giudicante può disporre la custodia cautelare per un periodo non superiore ad un mese ove il reato per il quale si procede prevede la pena della reclusione non inferiore nel massimo ad anni 5.

La custodia cautelare

La custodia cautelare, invece, è applicata quando si procede per un delitto non colposo punito con la pena dell'ergastolo ovvero con una pena non inferiore nel massimo ad anni 9, nonché quando si procede per un reato, consumato o tentato, previsto nell'articolo 380, II comma, lettera e,) f) g) h) del codice di rito, e ancora nelle ipotesi di violenza sessuale di cui all'articolo 609-bis c.p.

Il giudice, inoltre, può disporre (si parla di un potere discrezionale del giudice) la custodia cautelare laddove sussista un concreto pericolo che vi sia reiterazione del reato, inquinamento probatorio, o la personalità dell'imputato sia tale da far presumere che lo stesso commetta un reato con l'uso delle armi o altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale, ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie per quelli che si procede.

I termini per l'applicazione di tali misure, rispetto all'articolo 303 del codice di rito, sono ridotti della metà laddove l'autore del reato sia un infradiciottenne e di un terzo nel caso che il minore sia un infrasedicenne. Essi decorrono dal momento dell'arresto, del fermo ovvero dell'accompagnamento.

L'udienza preliminare nel processo minorile

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Particolarmente importante è l'udienza preliminare, che è la sede ove il GUP può esercitare l'azione penale rinviando a giudizio il minore-imputato.

Il d. Lgs. 488/1988 statuisce che, "nell'udienza preliminare, prima dell'inizio della discussione, il giudice chiede all'imputato se consente alla definizione del processo in quella stessa fase, salvo che il consenso sia stato validamente prestato in precedenza. Se il consenso è prestato, il giudice, al termine della discussione, pronuncia sentenza di non luogo a procedere nei casi previsti dall'art. 425 del codice di procedura penale o per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto (…)".

Laddove in tale sede sia pronunciata sentenza di condanna essa è diminuita sino alla metà rispetto al minimo edittale applicando una sanzione pecuniaria ovvero una pena sostitutiva; avverso tale provvedimento è prevista impugnazione entro e non oltre giorni cinque dalla pronuncia ovvero, nel caso in cui l'imputato non sia comparso, entro e non oltre cinque giorni dalla notificazione dell'estratto; decorso inutilmente tale termine il provvedimento è inoppugnabile.

"L'esecuzione della sentenza di condanna pronunciata a carico di più minorenni imputati dello stesso reato rimane sospesa nei confronti di coloro che non hanno proposto opposizione fino a quando il giudizio conseguente all'opposizione non sia definito con pronuncia irrevocabile".

La fase dibattimentale prevede la medesima disciplina per i maggiorenni, salvo la possibilità di svolgerla in udienza pubblica e non a porte chiuse.

Sospensione del processo e messa alla prova del minore

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La forte tutela in capo al minore che caratterizza il processo minore è evidente anche dalla concessione della messa alla prova disciplinata dall'articolo 28 del decreto, mediante la quale si chiede la sospensione del processo per un determinato periodo entro il quale il minore svolge attività non retribuita funzionale alla sua rieducazione. La sospensione è disposta con ordinanza e l'esito positivo della messa alla prova comporta l'estinzione del reato.

L'istituto della messa alla prova, nato in ambito minorile e poi adottato anche nel processo in capo ai maggiorenni, prevede la sua applicazione a tutte le figure di reato, prescindendo quindi dal loro massimo edittale, e, rispetto al rito previsto per i maggiorenni, può essere concesso anche più di una volta.

Per quanto concerne la sospensione, essa ha una durata diversa a seconda dalla pena prevista per il reato per il quale si procede, infatti:

Nel periodo in cui il minore è messo alla prova la prescrizione è sospesa; la sospensione è revocata laddove vi siano gravi trasgressioni alla prescrizioni imposte.

Processo minorile e compimento della maggiore età

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Aspetto molto importante del processo minorile riguarda, infine, il superamento dell'età minorile dell'imputato nel corso del giudizio. In tal caso, la competenza giurisdizionale permane in capo al Tribunale per i Minorenni fino a quando l'imputato compia i 25 anni e, successivamente, il processo subisce una "trasmigrazione" divenendo la sua sede naturale il tribunale ordinario.

Avv. Francesca Servadei

Studio legale Servadei

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Data: 25/06/2021 06:00:00
Autore: Francesca Servadei