La politica della religione
La perniciosa diffusione nella nostra epoca dell'uso della religione a fini politici
di Angelo Casella - Tra istituzioni politiche e religiose intercorrono rapporti complessi nei quali è comunque in gioco il controllo della società.
Se le prime dispongono del potere coercitivo e di comando sui comportamenti sociali, le seconde si appropriano dell'area emozionale dei singoli connessa al sacro.
Come si può definire il "sacro"? Una definizione accettabile attribuisce tale qualifica a tutto ciò che possa essere connesso ad un potere sovrumano. Storicamente, appare credibile che sia accaduto l'inverso, e cioè che a tutto ciò che - negli accadimenti umani e naturali - risulta non spiegabile dalla ragione, quindi non controllabile nè dominabile, sia stata attribuita la qualifica di "sacro", come espressione di un potere superiore che sfugge al controllo umano. In tal senso appare significativo il doppio significato, positivo e negativo attribuito insieme, dai Romani, al termine "sacer" (come nel detto: auri sacra fames). Tutto ciò che non è spiegabile con la ragione, viene "spiegato" emotivamente come frutto di un potere sovrumano.
Per l'appunto, la conquista di quell'area dei sentimenti umani che ricomprende tutto ciò che è comunemente considerato sacro e soprannaturale, viene ritenuto dal potere politico un poderoso strumento di seduzione e manipolazione delle masse.
I massimi risultati, nella conduzione della società, si possono ovviamente ottenere con l'unione delle due aree di influenza, così come avviene esplicitamente nelle teocrazie, quali, ad esempio, Israele ed Arabia saudita. E d'altronde, nella storia dell'umanità, si è costantemente assistito a diverse forme di convergenza tra i due poteri a scopo di reciproco rafforzamento e più efficace manipolazione delle masse. Dal mitico re Inca Manco Capac, al Sacro Romano Impero, agli Stati moderni, il potere civile ha sempre cercato di legittimarsi con quello religioso, e quest'ultimo, in cambio, ha cercato nel primo un appoggio ed un sostegno.
Oggi, la questione si presenta sotto un diverso profilo. Lo sviluppo degli studi sulla comunicazione e sulla fabbricazione del consenso, particolarmente intenso negli anni precedenti e successivi alla seconda Guerra mondiale, hanno fornito al potere politico (e sopratutto a chi è dietro di questo) gli incentivi per direttamente creare delle confessioni religiose portatrici di valori e principi atti a facilitarlo e supportarlo.
Tralasciando il caso clinico della Chiesa d'Inghilterra, sorta per il capriccio ed il comodo di un regnante, è recente l'esempio dell'Arabia saudita, dove la dinastia regnante ha ideato una setta, il wahabitismo, con il preciso obbiettivo di legittimare e convalidare il proprio potere sul Paese (oggi, è la base dell'estremismo islamico).
Ma questo sogno di potere totale sul cittadino è sopratutto attivo negli Stati Uniti, dove è intensamente coltivata una ideologia - a fondamento neoliberale - riferita ad uno schema di dominio a sfondo economico di modello, si direbbe, para-orwelliano, che sogna un perfetto assoggettamento delle masse agli interessi del profitto.
Sono così sorte in quel Paese, diverse confessioni religiose, diffuse poi a livello globale. Si tratta, ad esempio, dei Testimoni di Geova, dei Bambini di Dio, di Scientology e dei numerosi Movimenti Evangelici, questi ultimi gratificati da un successo travolgente, grazie agli abili meccanismi seduttivi posti in atto ed ai generosi (ed interessati) finanziamenti delle multinazionali.
Tutti questi culti trasmettono un messaggio che, nella sua intima sostanza, appare fortemente oscurantista perché basato su un tipo di struttura gerarchica (o verticistica) che, come affermano alcuni studiosi del fenomeno (Del Vecchio, Pitrelli), "è il sogno inconfessato di ogni leader di partito". Si disegna così il progetto politico che vi è dietro, che appare inquietante nella sua ideazione e nei suoi fini.
Già l'utilizzo del sacro per controllare l'uomo è di per sé del tutto ripugnante.
Sul piano delle applicazioni concrete dei rapporti ed interazioni che possono intercorrere tra religione e politica, risultano particolarmente illuminanti gli accadimenti posti in atto nel Sud America a cura degli Usa.
Analizzarne gli aspetti più rilevanti, sia pure a grandi linee, consente di capire come la conquista di quell'area dei sentimenti umani che ricomprende tutto ciò che è comunemente considerato sacro e soprannaturale, venga ritenuto dal potere politico un poderoso strumento di seduzione e manipolazione delle masse.
Negli anni '50 e '60 la Chiesa cattolica sudamericana, nella sofferta consapevolezza delle condizioni di estremo disagio di quelle popolazioni, aveva messo in opera quella che venne chiamata "teologia della liberazione". Non si trattò della trovata di qualche parroco di campagna, ma di una dottrina, elaborata con notevole spessore. Spesso non capita o male interpretata (in quanto, il più sovente, ad arte mal rappresentata), si ispirava ai principi del riscatto sociale dei più poveri, per i quali stabiliva quella che fu chiamata "opzione preferenziale".
Sacerdoti e suore, con il supporto di alcuni lavoratori, organizzavano i contadini, poveri e pesantemente sfruttati (in particolare, dalle multinazionali americane, proprietarie della maggior parte dei terreni fertili, con l'appalto delle élites locali), in comunità attive dove, insieme alla lettura dei Vangeli, ricevevano indicazioni e aiuti per realizzare coordinamenti organizzativi ed assetti con i quali avrebbero potuto assumere la gestione ed il controllo della loro esistenza. In pratica, veniva loro dato accesso ad un nuovo modello di esistenza, basato sulla solidarietà collettiva e sulla dignità individuale. Ciò significava realizzare un risveglio delle coscienze atto a far evolvere i proletari in uomini liberi, in forze sociali coscienti e critiche, padrone del loro destino, ponendo fine alla schiavitù salariale, alla mercificazione del lavoro.
Queste iniziative, che rendevano consapevoli contadini ed operai dei loro diritti essenziali, dei quali non avevano mai sospettato l'esistenza, furono sufficienti perché gli Usa (ovvero le loro multinazionali, con le quali vi è perfetta identificazione) li classificassero subito tra i loro peggiori nemici. (Insopportabile, per i grandi centri economici, una religione che lavori per i poveri e non per i ricchi). Contro di loro venne così scatenata una vera guerra senza quartiere, sia ideologica, cercando di svalutarli sul piano della credibilità, sia materiale, aizzando contro di loro e contro le comunità da essi create delle bande armate formate, (come i "contras" in Nicaragua) da elementi addestrati, pagati e dotati di armi e logistica a cura degli Usa stessi e, in particolare, della famigerata "Scuola delle Americhe" (ora ribattezzata "Istituto dell'emisfero Occidentale per la Cooperazione e la Sicurezza"), sorta per addestrare e indottrinare i militari delle nazioni alleate, sopratutto sudamericane.
Significativo che questa "Scuola" vanti pubblicamente fra i suoi maggiori meriti
proprio quello di aver contribuito a "distruggere la teologia della liberazione".
E furono squadracce addestrate e guidate dagli Usa ad assassinare migliaia di contadini, sindacalisti, operai, ed a distruggere le loro comunità. Il Vescovo Romero, autorevole sostenitore della teologia della liberazione, nonché sei grandi intellettuali gesuiti, impegnati a coltivarne la dottrina, vennero egualmente eliminati. (Gli Usa vennero condannati nel 1986 dalla Corte Internazionale di Giustizia per "aggressione armata" al Nicaragua).
La teologia della liberazione, da sempre accusata dagli Usa di tendenze marxiste (!), venne sconfessata da Papa Woytila, che intendeva piuttosto collaborare con gli Usa, sopratutto per "liberare" la sua Polonia dal legame con l'Urss. Anche l'attuale Papa Bergoglio si è mantenuto su queste posizioni, che consentono un amichevole relazione con gli Usa.
In contemporanea con le azioni terroristiche gli Usa organizzarono su vasta scala e con grande impiego di capitali, una serrata diffusione delle confessioni evangeliche e dominioniste.
Questa azione di propaganda, unitamente all'arretramento forzato della teologia della liberazione, privata dell'appoggio di Roma, ha fatto sì che la religione cattolica perdesse, in pochi anni, oltre il 40% dei fedeli.
Come sappiamo, il nocciolo del messaggio trasmesso da queste confessioni si basa su di una promessa di ricchezza e di prosperità (qualora si seguano le rigorose prescrizioni dei predicatori), ovviamente molto attraente in un contesto di miseria e di sfruttamento.
Sopratutto centrale è il dovere dell'obbedienza e dell'impegno sul lavoro, molto coerente con un modello sociale di sfruttamento organizzato.
Considero particolarmente esecrabile questo modo di attirare le masse attraverso un messaggio divino e considero altresì spregevole che la religione venga ridotta a strumento per attuare un progetto politico (che per altra via non avrebbe speranze di accoglimento). Siamo di fronte a un esemplare paradigma dell'utilizzo distorto della religione a fini di potere, che assume le sembianze del totalitarismo.
Questa ideologia manipolativa appartiene da sempre agli Usa (e non solo...), dove è stata sviluppata scientificamente, da Bernays in poi, una "fabbrica del consenso", mirata ad introdurre nelle menti della massa convinzioni conformi agli interessi del potere.
Già l'intervento nella prima Guerra mondiale è stato realizzato suscitando un sostegno popolare del tutto assente, (l'opinione pubblica era anzi assolutamente contraria). Egualmente, come si è accertato di recente, l'attacco giapponese a Pearl Harbour è stato il frutto di una consapevole provocazione statunitense, abilmente sfruttata, poi, per suscitare quella indignazione popolare che opportunamente doveva sostenere l'intervento bellico.
Ma l'utilizzo di motivazioni religiose ha preso particolarmente piede nella nostra epoca. Da Al Qaeda in Afghanistan contro i russi, ai Talebani, a Boko Haram, ad al Nusra, all'Isis, ecc., ecc., si sono moltiplicati a dismisura i gruppi che, su ordinazione, perseguono fini politici con (esibite) motivazioni religiose.
L'associazione tra religione a politica si è radicata anche in America dove rinveniamo la culla di una miriade di confessioni, molte delle quali hanno prestato il fianco a principi socio-capitalistici creando una associazione tra religione e politica che, da Carter in poi, ha portato gli aspiranti alla Casa Bianca ad esibire uno straordinario fanatismo religioso, ad uso elettorale. E' stato calcolato che un terzo dei votanti per Bush jr. apparteneva alle sette dominioniste. E chi lo ha votato sembra ignorasse che il suddetto fosse iscritto alla conventicola "Skull and bones", di ispirazione anticlericale.
Tutto ciò conferma come nella nostra società globale "mutilata dalla corruzione sistematica della sua intellighenzia" (C.Cruise O' Brien) si radichi l'osservazione un tempo riservata da Tocqueville agli Usa: "non conosco nessun altro Paese in cui l'indipendenza di pensiero e la libertà di discussione siano così limitate come in America".
La valorizzazione ad ogni livello, familiare e scolastico, del pensiero critico, della libera creatività individuale, si manifesta come l'esigenza primaria della nostra epoca, per non chiudere definitivamente - in tempi brevi - le pagine della storia umana ed aprire quelle degli automi.
"L'essenza della natura umana è la libertà dell'uomo, e la sua coscienza di questa libertà" (Rousseau).
Data: 06/03/2016 14:55:00Autore: Angelo Casella