Cassazione: la "bugia" del dipendente non giustifica il licenziamento
di Valeria Zeppilli – In generale, la giusta causa che legittima un licenziamento deve essere identificata in quel comportamento del lavoratore che rivesta una gravità tale da ledere il legame fiduciario che lo lega al datore di lavoro e non consentire la prosecuzione, neanche temporanea, del rapporto lavorativo.
Ma quando si verifica, in concreto, tale inadempimento?
Per la Cassazione difficilmente quando il lavoratore menta sui motivi che hanno causato un suo ritardo ingiustificato. O meglio, per poter rinvenire in tale comportamento una giusta causa di licenziamento, è necessaria un'indagine adeguata.
Come precisato con la sentenza numero 7419/2016, depositata il 14 aprile e qui sotto allegata, la giusta causa di licenziamento deve infatti estrinsecarsi in un'irrimediabile e, in quanto tale, definitiva negazione totale degli elementi del rapporto di lavoro, in particolare dell'ineludibile elemento fiduciario.
Nel caso di specie, il giudice del merito aveva con "leggerezza" confermato la legittimità del recesso datoriale per venir meno dell'elemento fiduciario, basato sulla circostanza che la giustificazione addotta da un lavoratore a sostegno di un suo ritardo sarebbe risultata non vera.
Per la Cassazione, infatti, nella valutazione della Corte d'appello era mancata la necessaria compiuta analisi circa la gravità del fatto contestato e la sua idoneità a ledere il vincolo fiduciario.
Mancava, insomma, qualsivoglia apprezzamento relativo al grado della colpa e all'elemento intenzionale, così come era assente ogni valutazione in merito alla rilevanza del fatto in relazione al ruolo e alle mansioni del lavoratore.
Occorre quindi una nuova analisi: la sentenza va cassata con rinvio.
Data: 16/04/2016 15:39:00Autore: Valeria Zeppilli