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Intercettazioni: legittimo spiare anche in casa

Sì della Cassazione alle intercettazioni tramite "trojan" su pc, tablet e smartphone, ma solo per criminalità organizzata, terrorismo e associazione a delinquere


di Lucia Izzo - Presa di posizione netta della Corte di Cassazione per quanto riguarda le intercettazioni ambientali effettuate con l'utilizzo di virus "Trojan horse" installati su smartphone e tablet: anche se il materiale intercettato proviene da comunicazioni effettuate nei luoghi di privata dimora, questo potrà essere legittimamente utilizzato.


Nell'informazione provvisoria delle Sezioni Unite Penali (qui sotto allegata), i giudici hanno fornito risposta ad una questione particolarmente controversa, ossia se anche nei luoghi di privata dimora ex art. 614 c.p., anche non singolarmente individuati e anche se non vi si stia svolgendo l'attività criminosa, sia consentita l'intercettazione di conversazioni o comunicazioni tra presenti, mediante l'installazione di un captatore informatico in dispositivi elettronici portatili (ad esempio personal computer, tablet, smartphone, ecc.).

Si tratta di una materia spinosa, poichè il rischio di una simile operazione è quello di coinvolgere nelle intercettazioni persone e informazioni estranee al reato, con il rischio di ledere i principi stabiliti dalla Costituzione e dalla CEDU. La pervasività del virus sui dispositivi mobile, infatti, pone a rischio il rispetto della privacy.

Per tali ragioni, la soluzione affermativa adottata dalle Sezioni Unite non ha valore assoluto: quanto stabilito vale unicamente per i procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata, anche terroristica (a norma dell'art. 13 d.l. n. 152 del 1991), intendendosi per tali quelli elencati nell'art. 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.c., nonché quelli comunque facenti capo a un'associazione per delinquere, con esclusione del mero concorso di persone nel reato.


Smartphone, tablet e computer si trasformano, pertanto, in vere e proprie "cimici" ambulanti nei procedimenti indicati, un arresto che smentisce quanto stabilito in passato dalla stessa Cassazione che aveva escluso che le captazioni mediante Trojan potessero essere utilizzate come prove senza che il giudice non avesse preventivamente indicato i giudici in cui le intercettazioni erano consentite.
Unica eccezione i reati in tema di mafia e terrorismo, in cui la gravità dell'illecito giustifica la deroga, come stabilito dall'art. 13 del decreto "antimafia" n. 152 del 1991.
Data: 30/04/2016 18:30:00
Autore: Lucia Izzo