La registrazione tardiva sana la nullità del contratto?
Avv. Grazia Masi - La legge finanziaria del 2005, n. 311/2004 all'art. 1 comma 346, ha statuito che: "i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati", disposizione destinata a trovare applicazione per i contratti stipulati a partire dal 1 gennaio 2005.
A decorrere da tale data, quindi, per tutti i contratti stipulati l'adempimento fiscale della registrazione è stato elevato a rango di requisito di validità del contratto, implicandone la nullità ex art. 1418 c.c. [1]
Il dibattito che si è sviluppato in dottrina ed ha interessato i tribunali di merito si è concentrato sulla possibilità di sanare tale nullità con un adempimento fiscale tardivo e sull'applicabilità di tale disposizione anche ai contratti stipulati anteriormente al 01.01.2005.
Cosa succede se il contratto viene tardivamente registrato?
Il Decreto Legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale) aveva ulteriormente innovato la disciplina della registrazione dei contratti di locazione ad uso abitativo con l'articolo 3, commi 8 e 9, che testualmente recitava: "8. Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina: a) la durata della locazione e' stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d'ufficio; b) al rinnovo si applica la disciplina di cui alla della citata Legge n. 431 del 1998, articolo 2, comma 1; c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione e' fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti. 9. Le disposizioni di cui alla Legge 30 dicembre 2004, n. 311, articolo 1, comma 346, ed al comma 8 del presente articolo si applicano anche ai casi in cui: a) nel contratto di locazione registrato sia stato indicato un importo inferiore a quello effettivo; b) sia stato registrato un contratto di comodato fittizio".
Ebbene, la Consulta con la sentenza n. 50 del 2104, ha dichiarato la incostituzionalità per eccesso di delega del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e comma 9 [2].
Il dibattito è, quindi, rimasto aperto sino alla data del 17 settembre 2015 allorquando, con sentenza n. 18213 emessa dalle Sezioni Unite, il Supremo Collegio, decidendo in merito al contrasto giurisprudenziale che si era venuto a creare in ordine all'applicabilità della legge finanziaria del 2005 e, in particolare, con riferimento ai contratti di locazione ad uso abitativo non registrati stipulati per dissimulare l'importo del canone locativo, sulla violazione ex art. 13 della legge 431/1998, ha definito il proprio orientamento in materia fornendo comunque una risposta ai principali problemi di interpretazione e di applicazione della legge incontrati sino a quel momento dagli operatori del diritto.
Le norme di carattere generale
In primo luogo le Sezioni Unite hanno richiamato l'attenzione sulle norme di carattere generale dell'ordinamento in materia:
1) la legge finanziaria del 2005;
2) l'art. 3 del Decreto Legislativo 14 marzo 2011, n. 23, commi 8 e 9, dichiarati illegittimi per eccesso di delega dalla Corte Costituzionale;
3) infine, quella di cui alla Legge 27 luglio 2000, n. 212, articolo 10, commi 1 e 3, (Disposizioni in materia di Statuto dei Diritti del Contribuente), secondo cui: "I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede" e "Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto".
E' chiaro che, con l'emanazione della legge finanziaria del 2005, sebbene al pregevole fine di combattere l'evasione fiscale ed il "nero" in materia di locazione, sono stati disattesi, in particolare, sia il principio secondo il quale le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto, sia gli obblighi di informazione del contribuente, parimenti prescritti dal predetto statuto.
Il precedente
Anche prima dell'entrata in vigore della legge finanziaria del 2005 il dibattito in ordine alla necessità della registrazione del contratto di locazione, in particolare nel caso di locazioni ad uso abitativo si era sviluppato sull'interpretazione dell'art. 13, comma 1, della legge 431/1998, il quale testualmente recita: "È nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. È fatto carico al locatore di provvedere alla registrazione nel termine perentorio di trenta giorni, dandone documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni, al conduttore ed all'amministratore del condominio, anche ai fini dell'ottemperanza agli obblighi di tenuta dell'anagrafe condominiale di cui all'articolo 1130, numero 6), del codice civile".
Era, quindi, intervenuto il Supremo Collegio che, in materia aveva stabilito che: "In tema di locazioni abitative, una lettura costituzionalmente orientata della norma di cui all'art. 13, comma primo della legge n. 431 del 1998 porta ad escludere qualsivoglia sanzione di nullità per l'ipotesi di mancata registrazione di un accordo ulteriore intercorso tra le parti, rispetto all'originario contratto di locazione, avente ad oggetto la previsione di un più elevato canone locatizio (non spiegando, all'uopo, influenza la circostanza che, ai sensi del successivo comma secondo, al conduttore sia in tal caso concessa l'azione di ripetizione), sicché deve, in linea generale, predicarsi a tutt'oggi il principio secondo cui la registrazione non è stata elevata dal legislatore speciale a requisito di validità del contratto di locazione. (Cfr. Corte Cost. n. 333 del 2001, dichiarativa della illegittimità costituzionale dell'art. 7 legge citata)"(Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 27 ottobre 2003, n. 16089).
La Consulta, come richiamato dal Supremo Collegio, aveva tempestivamente preso posizione in ordine alla impossibilità per le norme fiscali di sconfinare nel campo del diritto civile allorquando in precedenza aveva dichiarato la illegittimità costituzionale l'art. 7 della legge n. 431/1998. Si tratta della nota sentenza del 5/10/2001, n. 333 che cancellò l'articolo che statuiva l'obbligo di adempimento nel pagamento dei tributi relativi all'immobile, in mancanza del quale sarebbe stata preclusa la procedura di sfratto. Ciò in forza del principio per cui la nullità è normalmente collegata alla tutela di interessi superindividuali, di ordine superiore, economico e sociale considerati rilevanti dalla Costituzione stessa, e non particolari come quello di cui è portatore il Fisco, e fra i quali, quindi, non pareva equo far rientrare il mancato rispetto della normativa tributaria.
Ciononostante, con l'ordinanza n. 242 del 2004, La Consulta, occupandosi, ex professo dell'articolo 13 della Legge n. 431 (su cui sarebbero ritornate le S.U. nel 2015, di cui infra) nella parte in cui, rispettivamente, si sanciva la nullità delle pattuizioni volte a determinare un importo del canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato (comma 1) e consentiva al conduttore di chiedere la restituzione delle somme indebitamente corrisposte (comma 2), dichiarò manifestamente inammissibile la questione sollevata perché il rimettente, pur alla luce delle diverse tesi predicate in giurisprudenza circa la natura e gli effetti della registrazione del contratto di locazione e la corrispondente pluralità di opinioni dottrinarie, aveva omesso quel doveroso tentativo di ricercare un'interpretazione adeguatrice del testo di legge denunciato.
Lo stesso richiamo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 333/2001, pure operato successivamente dal Tribunale di Torino e dal Tribunale di Napoli, nelle rimessione delle questioni di illegittimità costituzionali, sotto tale profilo, in relazione all'art. 1 co. 346 L. 311/2004, non ha mai più superato il vaglio della Consulta, avendo la Corte sostenuto la "inadeguata motivazione" e/o la "mancata chiarezza" delle motivazioni rimesse, per cui ne ha dichiarato la manifesta infondatezza [3].
Anche la dottrina specialistica ha dato la sua interpretazione. Parte di essa ha preferito considerare la registrazione del contratto, non quale requisito di validità dello stesso, ma rimanendo sul piano meramente effettuale, quale condizione legale – sospensiva – di efficacia dell'accordo negoziale [4]. Seguendo tale prospettiva ermeneutica, pertanto, tale dottrina ha affermato che la registrazione tardiva conferisce piena efficacia al rapporto locativo dal momento della decorrenza prevista in contratto [5].
La giurisprudenza di merito che ha sposato tale ricostruzione ha affermato che la registrazione del contratto, lungi dal costituire "requisito di validità" del contratto, potesse essere considerata "mera condicio iuris" di efficacia dello stesso, che può intervenire ed avverarsi anche in un momento successivo alla conclusione del negozio, inducendo l'efficacia di esso, con effetto ex tunc ai sensi dell'art. 1360, comma 1 c.c. [6].
Il Tribunale di Firenze in data 1.4.2009, in adesione alle questioni di costituzionalità sollevate in precedenza dagli altri giudici di prime cure, ha chiaramente enucleato le contraddittorietà cui potrebbe condurre la statuizione di nullità sancita dall'art. 1 comma 346 L. 311/2004: 1) incoerenza di una ragione di nullità che incide necessariamente "dopo" la formazione del vincolo negoziale; 2) incoerenza nell'aver collegato la nullità per violazione di una norma imperativa al comportamento omissivo dei contribuenti (entrambi possono registrare) successivo alla creazione del vincolo; 3) incoerenza di uno spazio temporale "inevitabile" di invalidità tra la conclusione del vincolo e la successiva registrazione; 4) incoerenza di un sistema in cui la validità del contratto può dipendere da un atto non volontario (registrazione a seguito di accertamento tributario), di tal guisa pervenendo alla conclusione che forse il legislatore con la norma censurata abbia detto più di quanto volesse in realtà e cioè di consentire che gli effetti del contratto si producano con l'adempimento dell'onere della registrazione e non piuttosto sanzionando la nullità ab origine (e come tale insanabile) del vincolo negoziale [7].
A conforto dell'opinione per cui sarebbe preferibile opinare per la natura di condizione sospensiva relativa alla mera efficacia del contratto e non quale suo requisito di validità, Di Marzio sosteneva che in effetti: "non potrebbe concepirsi, altrimenti una nullità ballerina, la quale, in mancanza di diversa espressa disposizione di legge, richiesta dall'art. 1423 c.c., operi in barba al principio quod inizio vitiosum est, non potest tractu temporis convalescere".
Tuttavia, proprio in virtù di tale principio giurisprudenziale altri Tribunali di merito hanno ritenuto di aderire alla tesi più restrittiva per cui, non disponendo diversamente la norma di legge, la tardiva registrazione non sia idonea a sanare l'invalidità del contratto di locazione [8].
Invero non è mancato chi in dottrina ha parlato anche di "nullità relativa", che non colpisce, cioè, gli effetti sostanziali del rapporto di locazione quali la concessione in godimento di un immobile in cambio del corrispettivo di un canone, se non per quanto riguarda la clausola relativa all'ammontare del canone stesso. In sostanza, l'invalidità connessa alla stipulazione di un contratto di locazione [9] potrebbe ben configurarsi (per risolvere l'impasse anche nel caso di contratti non registrati e/o registrati tardivamente) considerando la nullità statuita dalla legge, come posta a salvaguardia, a certe condizioni, del solo conduttore, onde i rimedi offerti dall'ordinamento per reagire alla patologia del negozio sarebbero preordinati a preservare l'interesse della parte debole del rapporto contrattuale [10].
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La legge finanziaria del 2005 ha certamente posto il problema della dicotomia fra l'aspetto prettamente civilistico e quello invece puramente fiscale del contratto di locazione. Il dibattito si è concentrato sull'inevitabile dubbio per cui la norma avrebbe posto un limite all'autonomia contrattuale con ripercussioni sull'interesse pubblico perseguito dall'amministrazione finanziaria che sarebbe rimasto, comunque, irrimediabilmente frustrato da tale statuizione di nullità assoluta a causa del discrimine venutosi a creare rispetto agli altri contratti di natura privata ugualmente soggetti all'onere della registrazione, ipotizzando la possibilità di configurare il contratto di locazione come una fattispecie a formazione progressiva, con inevitabili negative ripercussioni sul mercato immobiliare e sulla trasparenza delle operazioni connesse. Sotto tale profilo la norma è stata ritenuta da più parti discriminatoria oltre che in contrasto con il criterio di ragionevolezza.
Un secondo aspetto, pure rimesso alla Corte Costituzionale, è quello per cui pare che il legislatore, impegnato nella difficile battaglia combattuta contro l'evasione fiscale, non si sia posto, tuttavia, una semplice considerazione: se il contratto di locazione è nullo, e quindi, come tale mai esistito, l'Erario non potrà pretendere che i relativi canoni siano denunciati nella dichiarazione dei redditi ed applicare le sanzioni previste dalle norme fiscali.
Se infatti il canone ricevuto non potesse considerarsi un reddito da locazione, ma una somma indebitamente percepita, ne scaturirebbe l'ovvia conseguenza che, in caso di contratti non registrati, non potrebbero trovare applicazione le sanzioni e presunzioni previste dagli altri commi della Finanziaria 2005, che valgono solo e unicamente per i contratti regolarmente registrati, e quindi non affetti da nullità. Le sanzioni si applicherebbero solo ed esclusivamente ai contratti di locazione registrati, ma i cui canoni non siano stati denunciati nella dichiarazione dei redditi. Dunque chi stipula locazioni "in nero" non sarà in alcun modo colpito dalle nuove norme, con la paradossale conseguenza che le medesime norme emesse per combattere l'evasione fiscale ne vadano a promuovere la diffusione!
In tale ultimo caso, infatti, si produce il duplice vantaggio per il locatore di non pagare le tasse sulle somme percepite e per il conduttore di sfilarsi da ogni obbligazione contrattuale derivante da una scrittura privata non registrata, compreso quello di non pagare i canoni di affitto. Conseguenza paradossale cui potrebbe aggiungersi addirittura quella di richiedere in restituzione quanto già pagato con un'azione di restituzione di indebito (sic!).
Sotto tale secondo aspetto si è denunciato che la norma potesse essere ritenuta in contrasto con l'obbligo di contribuzione alle spese dello stato ai sensi dell'att. 53 Cost. e con il principio di trasparenza, correttezza e buon funzionamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost.
A tutte queste eccezioni le Sezioni Unite hanno tentato di dare una risposta.
Le sezioni unite del 2015
L'isolata pronuncia del Giudice delle leggi del 2007, lo sforzo dei Tribunali di merito che non sono riusciti ad ottenere sulle varie questioni sollevate una nuova pronuncia interpretativa/adeguatrice, ed infine, lo spostamento della giurisprudenza di merito su di un orientamento opposto all'unico precedente del Supremo Collegio del 2003, ha spinto, quindi la 3° Sezione civile di Cassazione con ordinanza del 3 gennaio 2014, n. 37 a ritenere che, in tema di contratti di locazione non registrati, andava trasmessa al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione relativa alla loro validità, ravvisandosi la necessità di rimeditare l'orientamento interpretativo delineato da Cass. n. 16089/2003 che aveva escluso "qualsivoglia sanzione di nullità per l'ipotesi di mancata registrazione di un accordo ulteriore intercorso tra le parti, rispetto all'originario contratto di locazione, avente ad oggetto la previsione di un più elevato canone locatizio".
Ed infatti, le Sezioni Unite hanno confermato il mutamento di orientamento propugnato da più parti dagli operatori del diritto, ritenendo che il noto precedente, più volte richiamato anche da alcuni Tribunali di merito (Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 27 ottobre 2003, n. 16089), andava riformato ed hanno ritenuto di accogliere le istanze da più parti sollevate di un auspicato revirement sul punto, giustificando tale mutamento alla luce di due fondamentali e recenti approdi giurisprudenziali: quello "sulla causa in concreto" e quello in tema di "abuso del diritto" .
In definitiva le Sezioni Unite hanno ritenuto che la lettura della disposizione di legge e del suo ambito di operatività volta ad allontanarne i dubbi di costituzionalità, prospettata dalla Cassazione del 2003, secondo cui era condivisibile l'interpretazione in base alla quale un contratto di locazione concluso in forma scritta, ma non registrato, sia valido e vincolante per le parti, e possa essere fatto valere in giudizio, è stata, ormai, superata definitivamente [11] per i seguenti motivi:
1) In primo luogo i più recenti arresti giurisprudenziali richiedono di determinare la "causa concreta" del negozio costituito da un contratto di locazione non registrato: le Sezioni Unite la individuano nello scopo di ottenere uno specifico risultato vietato dalla legge desumendone l'impredicibilità di una validità/efficacia del detto negozio. In proposito la Corte, in altre occasioni aveva avuto modo di affermare che la norma volta alla tutela di interessi pubblicistici si profila per ciò stesso come imperativa ed inderogabile, non soltanto nei rapporti tra P.A. e privato [12], ma anche in quelli tra privati [13] anche se l'orientamento non poteva dirsi pacifico [14].
2) Sotto il secondo profilo la Corte rammenta di aver più volte affermato e applicato il principio del divieto di abuso del diritto [15] specie in tema di imposte, in particolare precisando che l'esame delle operazioni poste in essere dal contribuente deve essere in ogni caso compiuto alla stregua del principio desumibile dal relativo concetto elaborato dalla giurisprudenza comunitaria [16] secondo cui non possono trarsi benefici da operazioni che, seppure realmente volute e quand'anche immuni da invalidità, risultino, alla stregua di un insieme di elementi obiettivi, compiute essenzialmente allo scopo di ottenere un indebito vantaggio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che le giustifichino, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale [17]. Tale, generale principio "antielusivo" trova il suo fondamento proprio nell'articolo 53 della Costituzione, invocato, invano, dalla dottrina e da parte della Giurisprudenza nella rimessione delle questioni di costituzionalità alla Consulta, in chiave discriminatoria.
Conclusioni
La risposta al problema dell'efficacia ex nunc o ex tunc di un contratto di locazione registrato tardivamente si legge solo tra le righe, atteso che, le Sezioni Unite, nel caso concreto, sono state chiamate a risolvere più in particolare la questione della nullità sancita dall'art. 13, comma 1 L. 431/1998, ovvero dell'atto non registrato recante il canone reale (in genere superiore, attestante la funzione di controdichiarazione) in sostituzione di quello stabilito nel contratto regolarmente registrato.
Sul punto il Collegio ha risolto il contrasto presente in dottrina e giurisprudenza, affermando che il legislatore del 1998 non ha in alcun modo voluto sancire un obbligo di registrazione del contratto con norma imperativa la cui violazione comporterebbe la nullità dell'intero contratto. "Non la mancata registrazione, ma la illegittima sostituzione di un prezzo con un altro, è stata espressamente sanzionata di nullità dall'art. 13 comma 1 L. 431/1998, secondo un meccanismo del tutto speculare a quello previsto per l'inserzione automatica di clausole in sostituzione di quelle nulle: nel caso di specie, l'effetto diacronico della sostituzione è impedito dalla disposizione normativa, sì che sarà proprio la clausola successivamente inserita in via interpretativa attraverso la controdichiarazione ad essere affetta da nullità ex lege, con conseguente, perdurante validità di quella sostituenda (il canone apparente) e dell'intero contratto" (Cass. S.U. 18253/2015).
Ed ai contratti di locazione mai o solo tardivamente registrati cosa accade?
Secondo le Sezioni Unite l'efficacia endonegoziale della registrazione è predicabile solo a far data dalla Legge n. 311 del 2004 e, quindi, per i contratti stipulati a far data dal 01.01.2005.
Nella fattispecie di cui all'art. 13 comma 1, L. 431/1998, in caso di registrazione tardiva, si è affermato il principio per cui: "Di quel medesimo atto nullo [n.d.r. quello stipulato ex art. 13 comma 1 L.431/1998] non può, pertanto, predicarsi una ipotetica validità sopravvenuta (i.e., una sia pur impropria forma di conversione negoziale) in presenza di un requisito extraformale (la registrazione) di un negozio che, sul piano morfologico, resta identico salva la indicazione del canone diverso e maggiore". Ciò in quanto il patto di cui alla ridetta previsione legislativa, seppure tardivamente registrato, è pur sempre nullo in forza di una espressa norma di legge, per cui, per tale fattispecie la questione della tardiva/mancata registrazione è stata mal posta [18].
Tuttavia, ragionando per deduzioni, si ritiene di poter dedurre dalla pronuncia delle Sezioni Unite un orientamento ben preciso.
La Corte, infatti, si è spinta oltre ed ha affermato che si dovrebbe ritenere che il legislatore abbia comminato una nullità espressa e tassativa, idonea a rientrare, tra "quei casi stabiliti dalla legge" di cui è menzione nell'articolo 1418 c.c., u.c.
Ne discende che laddove la sanzione della nullità derivasse dalla sola violazione dell'obbligo di registrazione, allora sembrerebbe ragionevole ammettere un effetto sanante al comportamento del contraente che, sia pur tardivamente, adempia a quell'obbligo, al pari di quanto avviene nel sistema tributario ove è previsto, difatti, il cosiddetto "ravvedimento" [19].
La Corte ha osservato, invero, che il riconoscimento di una efficacia sanante alla tardiva registrazione consentirebbe al fisco di evitare il danno derivante dalla preclusione alla tassabilità dei contratti stipulati "in nero" rispondendo così alle numerose eccezioni sollevate in tal senso dalla dottrina specialistica e dai tribunali di merito.
Tale orientamento sembra quello preferibile anche perché dettato, secondo la Corte, da ragioni di tipo storico-sistematico, se si pensa che le disposizioni di legge successive al 1998 introducono un principio generale di inferenza/interferenza dell'obbligo tributario con la validità del negozio, principio generale di cui è sostanziale conferma nel dictum dello stesso giudice delle leggi (cfr. nota 1, Corte Cost. 420 del 2007), sopra ricordato, il che consente di rendere omogenea (sia pur per altra via) la soluzione adottata con quella scaturente dalla normativa successiva al 1998.
Soluzione che, infine, su di un più generale piano etico/costituzionale, impedisce altresì che, dinanzi ad una Corte suprema di un Paese Europeo, una parte possa invocare tutela giurisdizionale adducendo apertamente e impunemente la propria qualità di evasore fiscale, atteso che l'imposizione e il corretto adempimento degli obblighi tributari, lungi dall'attenere al solo rapporto individuale contribuente-fisco, afferiscono ad interessi ben più generali, in quanto il rispetto di quegli obblighi, da parte di tutti i consociati, si risolve in un miglior funzionamento della stessa macchina statale, nell'interesse superiore dell'intera collettività.
[1] Cort. Cost. 420/2007
[2] C.Cost. 14.03.2014, n. 50.
[3] cfr. ordinanza del 25.11.2008 n. 389 su questione sollevata dal Tribunale di Napoli, Sezione distaccata di Ischia, con riferimento agli artt. 3, 24 e 41 Cost., ed infine C. Cost. 9.4.2009, n. 110 su questione sollevata dal Tribunale di Napoli, che per la seconda volta ha aggiunto, come motivazione all'incostituzionalità della norma, la circostanza per cui l'art. 10 co. 3 della legge 27.7.2000 n. 212 statuisce espressamente che le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto.
[4] cfr. BUSANI – VIGNA
[5] cfr. Lazzaro, Di Marzio, i quali hanno affermato, peraltro, che anche laddove si propendesse per la tesi della nullità, si potrebbe parlare di efficacia sanante della registrazione successiva con valore retroattivo.
[6] cfr. Trib. Modena, 12.06.2006, il quale ha statuito espressamente che anche l'omessa registrazione, se non può consentire la convalida di sfratto, non determina, comunque, la nullità della pattuizione; Trib. Reggio Emilia, 5.3.2009.
[7] cfr. Tribunale di Melfi in materia di sfratto per morosità in cui il Tribunale ha riconosciuto validità ed efficacia al contratto di locazione sebbene tardivamente registrato: procedura n. 573/2007 R.G.: emessa ordinanza di convalida di sfratto il 25/07/2007, data esec. 18/09/2007. Trattavasi di contratto di locazione avente decorrenza nell'ottobre 2001 e registrato il successivo 17.5.2005; proc. n. 620/2008 R.G.: emessa convalida di sfratto per morosita` e decreto ingiuntivo n. 268/2008 R.G. emessi il 18/11/2008. Trattavasi di contratto di locazione del 1.4.2006 registrato il 6.6.2008.
[8] Trib. Genova, Sez. III, 5.12.2008, n. 4515; Trib. Roma Sez. VI 30.09.2010, n. 20529; Trib. Melfi, sent. N. 317/2011 del 6.7.2011.
[9] cfr. in dottrina Grasselli e Masoni, categoria concettuale utilizzata nei contratti verbali.
[10] sul punto cfr. Trib. Catanzaro, 27.5.2008 in ordine al diverso caso del riconoscimento della legittimazione attiva in capo al locatore che agisca per far valere la nullità del contratto.
[11] Cass. S.U. n. 18213/2015: "Non può, difatti, darsi ulteriore seguito all'interpretazione della norma adottata da questa Corte con la più volte ricordata sentenza n. 16089 del 2003 anche se non sotto il profilo formale dell'efficacia endonegoziale della registrazione, predicabile solo a far data dalla Legge n. 311 del 2004".
[12] Cass. ss.uu. 17/6/1996, n. 5520.
[13] Cass. ss.uu. 17/12/1984, n. 6600; Cass. 17/12/1993, n. 12495, e, in tema di locazioni, Cass. 4/2/1992, n. 1155.
[14] in senso contrario, difatti, si sono espresse Cass. 22/3/2004, n. 5672; Cass. 20/3/1985, n. 2034, e, in tema di locazioni, Cass., 17/12/1985, n. 7412.
[15] Cass. 18/9/2009, n. 20106; Cass. 15/10/2012, n. 17642;
[16] in materia fiscale, ex aliis, Corte di Giustizia 21/2/2006, in causa C-255/02.
[17] tra le altre, Cass. 29/9/2006, n. 21221; Cass. ss.uu. 23/12/2008, n. 30055; Cass. 9/3/2011, n. 5583; Cass. 28/6/2012, n. 10807; Cass., 30/11/2012 n. 21390, e, tra le più' recenti, Cass. 6/12/2013, n. 27352.
[18] vedi la recente Cass. 18/04/2016 n. 7634.
[19] Decreto Legislativo n. 471 del 1997, ex articolo 13, comma 1, - disciplina poi confermata ex Decreto Legge 6 dicembre 2011, n. 201 -, consistente nel versamento di una sanzione pecuniaria ridotta per correggere errori ed omissioni o per versare in ritardo l'imposta dovuta, alla condizione che la violazione non sia già' stata constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività' amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza.
Data: 06/05/2016 16:00:00Autore: Grazia Masi