Compenso CTU: obbligo solidale per tutte le parti in causa
Avv. Daniele Paolanti - Il CTU, eseguite le sue prestazioni nel procedimento per il quale è convocato, ha di norma diritto ad un compenso che viene liquidato dal Giudice con decreto. Il Consulente tecnico, infatti, dopo il deposito della sua perizia, ha immediatamente diritto ad ottenere la liquidazione della sua parcella e, laddove voglia procedere al recupero del suo credito, sarà suo onere azionare non la sentenza, che fa stato unicamente tra le parti, quanto piuttosto il decreto di liquidazione, poiché la regolazione giudiziale delle spese fatta con sentenza, comprese quelle del CTU, ha come destinatarie esclusivamente le parti, rimanendo invece il Consulente Tecnico d'Ufficio un ausiliario del giudice. Pertanto le spettanze del CTU dovranno essere pagate insieme dalle parti a nulla rilevando il principio della soccombenza, operante solo nei rapporti tra le medesime e non nei confronti dell'ausiliare.
La Suprema Corte ha più volte ribadito il principio secondo il quale l'obbligo di pagare la prestazione eseguita dal consulente tecnico d'ufficio, quale ausiliario del giudice, ha natura solidale ex art. 1294 c.c., dal momento che la sua prestazione viene svolta nell'interesse di tutte le parti del giudizio (Cass, n. 6199/96 ed altre ivi citate; 2262/04; 17953/05; 20314/06; 23586/08).
La giurisprudenza di legittimità ha a più riprese ammesso che il compenso spettante al Ctu, in mancanza di diversa previsione, è posto solidalmente a carico delle parti.
Pertanto, se le parti non fanno opposizione dopo l'emissione del decreto di liquidazione del giudice in favore del Ctu, questi può procedere anche nei confronti di una sola di esse, pretendendo il versamento dell'intera somma, non assumendo rilievo alcuno il fatto che il giudizio sia giunto a sentenza e il giudice abbia posto le spese a carico dell'altra parte oppure solo parzialmente a carico della parte intimata. La Suprema Corte ha ritenuto, al riguardo e con apodittica chiarezza, porre in rilievo il fatto che "[…] L'obbligazione nei confronti del consulente per il soddisfacimento del suo credito al compenso deve gravare su tutte le parti del giudizio in solido tra loro, prescindendo dalla disciplina in ordine alla ripartizione delle spese processuali fra le parti, che è regolata dal principio della soccombenza: quest'ultimo attiene, infatti, al rapporto fra le parti e non opera nei confronti dell'ausiliare" (Cass. civ., Sez. II, 15/09/2008, n. 23586).
Detto principio è stato di recente ribadito dalla Suprema Corte che, richiamando dei pregressi precedenti (Cass., Sez. 6 – 3, n. 25179 dell'8 novembre 2013; Cass. Sez. 6-3 n. 23522 del 5 novembre 2014), ha ammesso che "[…] Le parti sono solidalmente responsabili del pagamento delle relative competenze anche dopo che la controversia, durante la quale il consulente ha espletato il suo incarico, sia stata decisa con sentenza, sia definitiva sia non ancora passata in giudicato, a prescindere dalla ripartizione di dette spese nella stessa stabilita e, quindi, altresì, ove tale ripartizione sia difforme da quella in precedenza adottata con il decreto di liquidazione emesso dal giudice: unica eccezione a tale principio si rinviene nella emissione di un provvedimento incidentale di revoca o modifica del suddetto decreto prima della emissione della sentenza a regolazione definitiva delle competenze dell'ausiliario" (Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 8 ottobre – 12 novembre 2015, n. 23133).
In conclusione si può quindi ritenere che qualora il consulente tecnico d'ufficio non abbia ricevuto il proprio compenso dalle parti a seguito dell'emissione del decreto di liquidazione, saranno le parti stesse ad essere obbligate solidalmente a corrisponderlo, a prescindere dalla diversa ripartizione delle spese stabilita nella sentenza che definisce il giudizio.
Data: 29/05/2016 15:00:00Autore: Avv. Daniele Paolanti