Decreto ingiuntivo: guida e modello Marina Crisafi - 13/11/24  |  L'ipoteca a garanzia dell'assegno di mantenimento Matteo Santini - 10/11/24  |  La scienza smascherata United Lawyers for Freedom – ALI Avvocati Liberi - 21/06/23  |  Compiti a casa: i docenti devono usare il registro elettronico  Redazione - 12/04/23  |  Annullate multe over50: la prima sentenza United Lawyers for Freedom – ALI Avvocati Liberi - 26/03/23  |  

Agcom in guerra contro le chat gratuite. WhatsApp si pagherà col credito telefonico

La proposta del Garante delle comunicazioni come "contropartita" per il pagamento dell'uso delle reti


di Marina Crisafi – Whatsapp potrebbe diventare presto a pagamento con prelievo diretto dal credito telefonico. E, stavolta, non si tratta della solita "bufala" (proprio in questi giorni girava tra gli utenti un messaggio/invito a rinnovare l'abbonamento, segnalato dalla Polizia di Stato come virus), ma della proposta proveniente direttamente dal Garante delle Comunicazioni (l'Agcom). In realtà quella che è stata già ribattezzata come "guerra alle chat gratuite" riguarda tutte le app, e, quindi, non solo Whatsapp ma anche Telegram, Messenger, Viber e tutti i servizi di messaggistica istantanea gratuiti che dovranno pagare un "pedaggio" per l'uso delle reti, potendo "rifarsi" sul credito telefonico dei clienti.

Ma procediamo con ordine.

L'uso delle reti

Secondo quanto riportato da Repubblica, il Garante nell'indagine sui "Servizi di comunicazione elettronica", relatore Antonio Preto, ha rilevato che tutte le applicazioni di messaggistica gratuite (da Whatsapp a Viber, per intenderci) viaggiano sulle reti internet costruite dalle società di telecomunicazioni, utilizzando anche i numeri di telefono assegnati ai clienti dalle stesse, il tutto senza pagare assolutamente nulla per tale transito.

Questo "privilegio" doppio ha portato quindi l'Agcom a schierarsi a favore delle aziende Tlc e a proporre un cambiamento che è destinato a rivelarsi epocale.

Il pedaggio

Per il Garante, le applicazioni dovranno pagare un corrispettivo per l'uso dei beni altrui, ossia una sorta di "pedaggio" per il fatto stesso di passare sulle reti internet.

L'Agcom, come si legge nell'articolo di oggi a firma di Aldo Fontanarosa, vuole "imporre agli sviluppatori delle app un 'obbligo a negoziare' con le società di tlc" stabilendo un importo a titolo di "risarcimento" per l'uso della rete, "equo, proporzionato, non discriminatorio". È chiaro infatti che le aziende di telecomunicazioni non potranno prendere per la gola le app, anche perché, soprattutto per le più deboli, il rischio è l'estinzione. Oppure, il transito in altri Paesi evitando il mercato italiano.

Il borsellino del cliente

Da qui, l'idea di una specie di "compensazione" per il costituendo pedaggio. Quale contropartita per il pagamento infatti, il Garante sta pensando di permettere alle applicazioni gratuite l'accesso al borsellino del cliente: in altri termini, Whatsapp e le altre potranno attingere al credito telefonico degli italiani, in cambio del loro uso, ma dovranno fornire nuovi servizi a valore aggiunto.

In sostanza, lo spettro dell'uso a pagamento delle chat di messaggistica per gli utenti (che per Whatsapp, peraltro, è terminato da poco tempo con la soppressione del canone annuale, seppur irrisorio), è più che mai vicino anche se è prematuro immaginarne l'entità. In ogni caso, quale contropartita, secondo la proposta del Garante, si potrà usufruire di ulteriori servizi.

La privacy

Inoltre, ricorda l'Agcom, è vero che le applicazioni sono gratuite, ma questo solo in apparenza. In realtà dietro c'è un modello di business basato sulla profilazione degli utenti: attraverso il loro utilizzo le app monitorano ogni azione e ne ricavano una serie di dati, in termini di gusti e preferenze, che poi rivendono ad altre aziende. Questo si riverbera anche sulla privacy, visto che tali app non sono sottoposte alla legge italiana e, peraltro, sono scaricate dagli utenti senza neanche fare caso alle autorizzazioni che vengono concesse agli sviluppatori.

Per questo, l'Agcom propone quale rimedio un "titolo abilitativo", ossia una sorta di lasciapassare che imporrebbe alle app di piegarsi alla nostra legge sulla riservatezza.

Ma non solo. Le stesse sarebbero tenute anche ad aprire un call center italiano per rispondere a richieste, reclami e fornire assistenza ai clienti, oltre che rendere possibile le chiamate gratuite d'emergenza.

Data: 28/06/2016 11:30:00
Autore: Marina Crisafi