Consiglio di Stato: no alla fecondazione eterologa a pagamento
di Marina Crisafi – E' illegittimo far pagare la fecondazione eterologa ponendone il costo a carico degli assistiti e finanziando invece la sola omologa. È questo il principio affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza di oggi che ha bocciato la determinazione regionale della Lombardia, respingendo il ricorso della regione avverso la decisione del Tar in materia.
La vicenda era iniziata infatti con il ricorso al giudice amministrativo lombardo da parte dell'associazione Sos infertilità che lamentava la fissazione da parte della regione di una tariffa per la fecondazione eterologa tra i 1.500 e i 4.000 euro, interamente a carico degli utenti e variabile in base alla complessità dell'intervento.
Per l'associazione si era di fronte ad una evidente disparità di trattamento rispetto alla fecondazione omologa e il Tar aveva dato ragione (con la sentenza n. 2271/2015). Da qui il ricorso al Consiglio di Stato della regione che si appellava, tra l'altro, al fatto che al di fuori dei Lea rientra nell'insindacabile discrezionalità della regione valutare se le prestazioni e i servizi sono a carico del proprio bilancio o meno.
Ma il Consiglio di Stato conferma la decisione del tribunale amministrativo.
"La determinazione regionale di distinguere la fecondazione omologa da quella eterologa – si legge, infatti, nella decisione - finanziando la prima e ponendo a carico degli assistiti la seconda, non risulta giustificata e, nell'incidere irragionevolmente sull'esercizio del diritto riconosciuto dalla sentenza n. 162 del 10 giugno 2014 della Corte Costituzionale, realizza una disparità di trattamento lesivo del diritto alla salute delle coppie affette da sterilità o da infertilità assolute".
Per i giudici di palazzo Spada, inoltre, il fatto che alcune prestazioni sanitarie "non siano state inserite nei livelli essenziali di assistenza, pur rappresentando un limite fissato alle Regioni e connesso alla salute intesa quale diritto finanziariamente condizionato, non può costituire ragione sufficiente, in sé sola, a negare del tutto prestazioni essenziali per la salute degli assistiti, né può incidere sul nucleo irriducibile ed essenziale del diritto alla salute, poiché l'ingiustificato diverso trattamento delle coppie affette da una patologia, in base alla capacità economica delle stesse, 'assurge intollerabilmente a requisito dell'esercizio di un diritto fondamentale'".
Data: 21/07/2016 17:40:00
Autore: Marina Crisafi