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Schiamazzi notturni e rumori nella giurisprudenza

Quando si applica la tutela civile e penale


Avv. Laura Bazzan - Il nostro ordinamento prevede delle apposite tutele contro i rumori e gli schiamazzi, specie quelli notturni. Esse trovano il loro fondamento sia nel codice civile che nel codice penale (Vai alla guida .

I rumori nel codice civile | I rumori nel codice penale | La giurisprudenza civile sui rumori | La giurisprudenza penale sui rumori

I rumori nel codice civile

Il codice civile, in particolare, all'articolo 844 sancisce che le immissioni rumorose sono vietate ove superino la soglia della normale tollerabilità (a tal proposito leggi anche "Rumori molesti: Cassazione, il concetto di "normale tollerabilità" nei rapporti di vicinato").
Si tratta di una norma molto importante in quanto svincola l'illiceità delle immissioni rumorose dai limiti assoluti e differenziali fissati dalla legge e dai regolamenti amministrativi: le immissioni rumorose possono essere impedite in ogni caso se risultano intollerabili. La relativa prova può essere fornita anche per testi (cfr. Cass. 201195/1995. Leggi anche "Rumori: anche i vicini possono testimoniare il superamento della normale tollerabilità").

I rumori nel codice penale

Il superamento del limite della normale tollerabilità, oltre a configurare un illecito civile, può integrare il reato di cui all'art. 659 c.p. qualora gli schiamazzi e i rumori siano idonei ad arrecare molestia non solo ad un circoscritto numero di persone (come gli occupanti degli edifici contigui alla fonte rumorosa) ma ad una pluralità indeterminata di persone in modo tale da mettere in pericolo la pubblica tranquillità.
Si pensi, ad esempio, al caso di una discoteca che, se non adeguatamente insonorizzata, può recare disturbo a una pluralità di persone e compromettere così la quiete pubblica.
L'esercizio di discoteche, bar e locali in cui viene suonata musica ad alto volume, peraltro, rileva non soltanto sotto il peculiare profilo di attività rumorosa autorizzata e dell'eventuale responsabilità di cui all'art. 659 c. 2 c.p. in caso di superamento dei valori-limite di rumorosità (cfr. Cass. 25103/2004), ma anche con riferimento ai rumori molesti provocati dagli avventori in rapporto all'art. 659 c. 1 c.p., di talché è stato ritenuto legittimo il provvedimento di sequestro preventivo dei locali, congruamente motivato con riferimento alla specifica, stabile ed organica strumentalità della cosa sottoposta a sequestro rispetto alla attività illecita quando la disponibilità della cosa comporti la reiterazione della condotta vietata (cfr. Cass. 15346/2006).

La giurisprudenza civile sui rumori

In materia di rumori, un ruolo fondamentale è rivestito dalla giurisprudenza che ha chiarito gli esatti confini della tutela, sia civile che penale.
Ecco alcune rilevanti pronunce della Cassazione civile.

"Quando venga accertata la non tollerabilità delle immissioni, l'esistenza del danno è in re ipsa e, pertanto, il vicino, fino a quando il pregiudizio derivante dalle immissioni intollerabili non venga eliminato, ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno a norma dell'art. 2043 c.c." (Cass. 2864/2016)
"In tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa mantiene la sua attualità anche a seguito dell'entrata in vigore del D.L. n. 208 del 2008, art. 6 ter, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 13 del 2009, al quale non può aprioristicamente attribuirsi una portata derogatoria e limitativa dell'art. 844 c.c., con l'effetto di escludere l'accertamento in concreto del superamento del costituzionalmente orientata, il soddisfacimento dell'interesse ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione" (Cass. 20198/2016).
"L'art. 844 detta una regola concepita per risolvere i conflitti di interesse tra usi diversi di unità immobiliari contigue.
Evoca le immissioni connesse all'espletamento di attività produttive, dinanzi alle quali è consentita l'elevazione della soglia di tollerabilità, sempre che non venga in gioco il fondamentale diritto alla salute, da considerarsi valore sempre prevalente in funzione del soddisfacimento del diritto a una normale qualità della vita" (Cass. 14180/2016)

"Il limite di tollerabilità delle immissioni non ha carattere assoluto, ma è relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti" (Cass. 3438/2010).
"La domanda di cessazione delle immissioni che superino la normale tollerabilità non vincola necessariamente il giudice ad adottare una misura determinata, ben potendo egli ordinare l'attuazione di quegli accorgimenti che siano concretamente idonei ad eliminare la situazione pregiudizievole, senza essere vincolato dal petitum" (Cass. 21172/2015).

La giurisprudenza penale sui rumori

Ecco, invece, alcune rilevanti pronunce della Cassazione penale.
"Deve ritenersi sussistente la fattispecie prevista e punita dall'art. 659 c. 1 c.p. nell'ipotesi di esercizio di una discoteca i cui rumori, in ora notturna, provocano disturbo al riposo delle persone abitanti nell'edificio in cui è ubicato il locale, se il fastidio non è limitato agli appartamenti attigui alla sorgente rumorosa, in quanto la propagazione delle emissioni sonore estesa all'intero fabbricato è sintomatica di una diffusa attitudine offensiva e della idoneità a turbare la pubblica quiete" (Cass. 23529/2014).
"Il gestore di tali locali è responsabile per i continui schiamazzi e rumori provocati dagli avventori degli stessi poiché la qualità di titolare della gestione dell'esercizio pubblico comporta l'assunzione dell'obbligo giuridico di controllare che la frequentazione del locale da parte dei clienti non sfoci in condotte contrastanti con le norme concernenti la polizia di sicurezza" (Cass. 16686/2003).
"Quando gli schiamazzi o i rumori avvengono all'interno di un esercizio non c'è dubbio che il gestore abbia la possibilità di assolvere l'obbligo di controllo degli avventori, impedendo loro comportamenti che si pongano in contrasto con le norme di polizia di sicurezza, ricorrendo, ove necessario, al cosiddetto ius excludendi in danno di coloro che, con il loro comportamento, realizzino tale contrasto", dalle ipotesi in cui il disturbo del riposo e delle occupazioni da parte degli avventori dell'esercizio pubblico avvenga all'esterno del locale, per le quali ai fini della sussistenza della responsabilità del gestore "è necessario quanto meno fornire elementi atti a evidenziare che egli non abbia esercitato il potere di controllo e che a tale omissione sia riconducibile la verificazione dell'evento" (Cass. 9633/2015).

"Le sole dichiarazioni rese dai denuncianti sono sufficienti a sostenere l'accusa in assenza di ulteriori indagini di riscontro, anche di natura fonometrica in ordine al reato di cui all'art. 659 c.p. perché la sussistenza del reato in questione può essere dimostrata con qualunque mezzo di prova" (Cass. 37097/2015).
Data: 18/09/2016 16:00:00
Autore: Laura Bazzan