Le tasse del defunto le pagano gli eredi
Quali sono i tributi che devono pagare gli eredi, pro quota oppure in solido tra loro
di Lucia Izzo - Le colpe dei padri ricadono sui figli... e anche i debiti! Alla morte del de cuius, infatti, all'erede non spettano unicamente i beni da costui posseduti in vita, ma anche l'onere di sobbarcarsi, in caso di accettazione dell'eredità e acquisto della qualità di erede, i debiti accumulati (per approfondimenti: Successione: i debiti ereditari e la ripartizione tra gli eredi).
Tipologie di debito ereditabili
Si tratta, precisamente, dei debiti ereditari, ossia quelli lasciati dal defunto al momento della sua morte. Ereditabili sono le più disparate tipologie di debito: ad esempio imposte e altri debiti verso il fisco, bollette non pagate, mutuo, debiti dei confronti dell'INPS o prestiti non pagati. Anche i debiti nei confronti di Equitalia si trasmettono agli eredi.
La trasmissibilità non coinvolge, tuttavia, le eventuali sanzioni (amministrative, tributrie...) comminate al defunto: gli eredi saranno, pertanto, responsabili del pagamento della sola somma capitale e dei relativi interessi.
Debiti "pro quota"
È l'art. 752 del codice civile a disciplinare espressamente le modalità con cui i coeredi sono tenuti a rispondere dei debiti ereditari, prevedendo che "I coeredi contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi ereditari in proporzione delle loro quote ereditarie, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto".
Ai sensi della summenzionata disposizione, quindi, ciascun coerede deve rispondere dei debiti del de cuius proporzionalmente alla quota di eredità di sua spettanza, a meno che il de cuius non abbia stabilito diversamente, ad esempio prevedendo espressamente che i coeredi rspondano dei debiti ereditari solidalmente tra loro.
A tutela degli eredi, tuttavia, la legge offre la possibilità di non ereditare i debiti del defunto: la soluzione è quella di rinunciare all'eredità (ex art. 519 ss. del codice civile) oppure di accettare con beneficio di inventario (ex art. 490 ss. del codice civile). In particolare, in quest'ultimo caso, il beneficio di inventario permette di tenere separato il proprio patrimonio da quello del defunto, così di impedire ai creditori di aggredire i propri averi e di rivelarsi soltanto su quanto ereditato.
Debiti "in solido"
Se la regola generale è quella della proporzionalità, questa è derogata in diversi casi in cui i debiti si ripartiscono in solido tra i coeredi: l'articolo 65 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 prevede che in caso di obbligazioni aventi carattere tributario gli eredi siano responsabili in solido e non per quota ereditaria, così attribuendo sostanzialmente all'erario la facoltà di richiedere a ciascuno di essi di onorare l'intero debito del de cuius. Pertanto, in caso di imposte sui redditi (Irpef, Ires, ecc.) l'erede è chiamato a pagarne l'intero importo al fisco, salvo il diritto di rivalsa, pro quota, sugli altri eredi.
La solidarietà tra coeredi si ritiene sussistente anche per quanto riguarda l'imposta di successione, anche se trattasi di successione testamentaria anziché legittima (ex art. 36 del d.lgs. 346/90), come conferma anche la giurisprudenza di legittimità: la Corte di Cassazione, sent. n. 22426/2014 ha infatti precisato che "in caso di successione… nasce a carico di tutti i coeredi un'obbligazione tributaria solidale, avente a oggetto l'intero importo del tributo successorio, analogamente a quanto accade nel negozio traslativo posto in essere nei confronti di più acquirenti di un immobile…"
Nella stessa sentenza, tuttavia, la Cassazione ha confermato che per gli eredi non c'è sempre solidarietà tributaria e che ciascun coerede dovrà versare al Fisco la propria parte in relazione alla quota ereditaria: secondo gli Ermellini, infatti, allorché si tratti di debito ereditario derivante dal recupero, verso il de cuius, di una maggiore imposta di registro non versata, non si applica la regola generale della corresponsabilità, ma gli eredi risponderanno esclusivamente pro quota sulla base della comune regola prevista dal codice civile, in mancanza di norme speciali che vi deroghino come, invece, avviene in materia di imposte dirette e di imposta di successione.
Fanno eccezione alla regola della solidarietà anche IMU e TASI: gli eredi saranno tenuti al pagamento dei tributi per conto del defunto, fino alla data del decesso e per il periodo successivo, per conto proprio sulla base delle quote a loro riconosciute in caso di successione legittima, o indicate nel testamento in caso di successione testamentaria.
Notifica dell'accertamento fiscale
Alla morte del de cuius, agli eredi è richiesto di comunicare all'ufficio finanziario competente (in relazione alla sede del domicilio fiscale del defunto), direttamente o a mezzo raccomandata a/r, le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale.
Per la giurisprudenza di legittimità quello della comunicazione configura un vero e proprio onere, che consente agli uffici di "azionare direttamente nei confronti degli eredi le obbligazioni tributarie, il cui presupposto si sia verificato anteriormente alla morte del de cuius".
In difetto della comunicazione prevista dall'art. 65 del d.P.R. n. 600/1973, gli atti intestati al dante causa non possono essere notificati direttamente nei confronti degli eredi presso il loro indirizzo, ma dovranno giunge all'ultimo domicilio dello stesso ed essere diretti agli eredi collettivamente e impersonalmente (Cass., sent. n. 26718/2013).
In pratica, se gli eredi non ottemperano alla comunicazione all'Agenzia delle Entrate del proprio domicilio, gli uffici o il concessionario della riscossione (ad esempio Equitalia) potranno intestare l'atto al contribuente deceduto e notificarlo, legittimamente e validamente, presso l'ultimo domicilio delle stesso, nei confronti degli eredi collettivamente e impersonalmente.
Se, invece, gli eredi hanno effettuato la comunicazione, l'atto avente carattere tributario deve essere notificato personalmente e nominativamente agli eredi presso il loro domicilio fiscale.
Se non viene osservato il procedimento descritto, la notifica viene considerata insanabilmente nulla in quanto incide sul rapporto tributario, poiché relativo a un soggetto non più esistente (contribuente defunto).
Autore: Lucia Izzo