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Niente Facebook per chi è agli arresti domiciliari

Per la giurisprudenza l'uso dei social network a mezzo chat o messaggi vocali costituisce comunicazione con i terzi


di Lucia Izzo - Internet e i social network sono una costante nelle nostre esistenze quotidiane, una presenza massiccia che, tuttavia, può andarsi a scontrare con le misure imposte dal nostro ordinamento, ad esempio nel caso di chi si trovi sottoposto al regime detentivo degli aspetti domiciliari.


Ai sensi dell'art. 284 c.c., il giudice, quando necessario, impone limiti o divieti alla facoltà dell'imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono. Tuttavia, può essere facilmente eluso se la persona fa uso degli strumenti messi a disposizione dal web, ad esempio proprio i social network.

La giurisprudenza di Cassazione, infatti, è orientata nel senso di consentire a chi è agli arresti domiciliari di utilizzare Internet, ma non i social come ad esempio Facebook, mettendosi così in contatto con altre persone.

Con la sentenza n. 37151/2010 la Suprema Corte ha convertito la misura degli arresti domiciliari con la custodia in carcere, per due soggetti che avevano comunicato a mezzo Facebook violando la prescrizione imposta di non comunicare e/o interagire con persone diverse dai familiari conviventi.


La generica prescrizione di "non comunicare con persone diverse dai familiari conviventi" va intesa, precisa il Collegio, come di divieto non solo di parlare con persone non della famiglia e non conviventi, ma anche di entrare in contatto con altri soggetti, dovendosi ritenere estesa, pur in assenza di prescrizioni dettagliate e specifiche, anche alle comunicazioni, sia vocali che scritte attraverso Internet.

L'uso di Internet non può essere vietato tout court ove non si risolva in una comunicazione con terzi, comunque, attuata, ma abbia solamente funzione conoscitiva o di ricerca, senza di entrare in contatto, tramite il web, con altre persone.

La moderna tecnologia, evidenziano i giudici, consente oggi un agevole scambio di informazioni anche con mezzi diversi dalla parola, tramite Web, e anche tale trasmissione di informazioni deve ritenersi ricompresa nel concetto di "comunicazione", pur se non espressamente vietata dal giudice, dovendo ritenersi previsto nel generico "divieto di comunicare", il divieto non solo di parlare direttamente, ma anche di comunicare, attraverso altri strumenti, compresi quelli informatici, sia in forma verbale che scritta o con qualsiasi altra modalità che ponga in contatto l'indagato con terzi ("pizzini", gesti, comunicazioni televisive anche mediate, etc.).

Un orientamento confermato anche dalla sentenza della Corte n. 4064/2012 (per approfondimenti: Chi si trova agli arresti domiciliari non può chattare su Facebook) secondo cui l'uso di internet non è di per sé illecito, quando assume una funzione meramente conoscitiva (leggere notizie, guardare video, ecc.), ma lo diviene se utilizzato per comunicare a distanza come avvenuto nel caso esaminato in cui il ragazzo presso i domiciliari aveva addirittura sfruttato Facebook per preparare un progetto criminoso. Da qui la scelta di sostituire la misura con quella della custodia in carcere.

Data: 29/09/2016 08:09:00
Autore: Lucia Izzo