La particolare tenuità del fatto
- Cos'è la particolare tenuità del fatto
- Art. 131-bis c.p.: ambito di applicazione
- Limite edittale e bilanciamento
- Particolare tenuità del fatto: presupposti
- Particolare tenuità del fatto: profili processuali
Cos'è la particolare tenuità del fatto
L'istituto della particolare tenuità del fatto risponde alla concezione gradualistica del reato e ai principi di sussidiarietà e proporzionalità del diritto penale.
Esso risponde altresì a una logica deflattiva, mirando a diminuire le fattispecie che, nonostante il superamento della soglia della tipicità, non giustificano l'irrogazione della pena ma piuttosto una sanzione civile finalizzata ad attuare la tutela risarcitoria e/o ripristinatoria. Per effetto della particolare tenuità di cui all'art. 131-bis c.p., invero, pur rimanendo il fatto in astratto penalmente rilevante, il modesto disvalore che lo caratterizza in concreto fa venire meno l'interesse punitivo penale dell'ordinamento.
Correlativamente, il legislatore è intervenuto in maniera sistematica anche in ambito procedurale, prevedendo espressamente la particolare tenuità ex art. 131-bis c.p. quale ipotesi di archiviazione (art. 411 c.p.p) e di proscioglimento predibattimentale (art. 469 c.p.p.) e regolando l'efficacia della sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto nel giudizio civile o amministrativo di danno con l'introduzione del nuovo art. 651-bis c.p.p.
Art. 131-bis c.p.: ambito di applicazione
La causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p. ha portata generale: come vedremo, l'esplicita limitazione dell'operatività dell'istituto è riservata ad alcune classi di reato tenendo conto dell'entità della pena prevista e in assenza di specifici connotati incompatibili con una particolare tenuità del fatto, mentre, sempre per espressa previsione legislativa, "non assume alcun rilievo ostativo la previsione già in via astratta della particolare tenuità del danno o del pericolo come elemento incidente – ovviamente in senso diminutivo – sulla gravità del reato" (Cass. n. 44132/2015).
La valutazione circa la non punibilità del fatto-reato per la sua particolare tenuità è rimessa al giudice che, esercitando la propria discrezionalità all'interno dei parametri fissati dal legislatore, dovrà verificare se l'offesa possa considerarsi particolarmente tenue e se il comportamento non sia abituale. Tale valutazione è destinata al solo giudice ordinario, con conseguente esclusione dell'applicabilità dell'istituto nei procedimenti di competenza del Giudice di Pace (cfr. Cass. n. 31920/2015), e può essere effettuata anche in relazione al delitto tentato quando sia desumibile la minima rilevanza del danno per l'ipotesi in cui il delitto avesse raggiunto il compimento. Dalla medesima valutazione non sono sottratti a priori neppure i reati di pericolo astratto o presunto, in quanto anche per essi il principio di necessaria offensività consente l'individuazione in concreto di un'offesa, anche minima, al bene protetto e perché la particolare tenuità si appezza per mezzo di un giudizio sintetico sul fatto concreto, da elaborare alla luce di tutti gli elementi indicati dalla norma (cfr. Cass. n. 24249/2006).
Limite edittale e bilanciamento
La cornice edittale costituisce il parametro preliminare per individuare l'ambito di applicabilità della norma. L'esclusione della punibilità per particolare tenuità, infatti, è riservata:
- a reati consumati o tentati con limite edittale massimo uguale o inferiore ai cinque anni di reclusione
- a reati per i quali la pena pecuniaria, prevista da sola o unitamente alla pena detentiva, non supera il limite dei cinque anni da calcolarsi attraverso i meccanismi di ragguaglio di cui all'art. 135 c.p. (art. 131-bis c. 1 c.p.).
In caso di reati circostanziati, ai fini della determinazione della pena non vanno considerate le circostanze comuni ma soltanto quelle per le quali la legge stabilisce una specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale che non vanno tra loro bilanciate (art. 131-bis c. 4 c.p.).
Particolare tenuità del fatto: presupposti
La valutazione del giudice circa l'applicabilità o meno dell'istituto della particolare tenuità è subordinata alla verifica della sussistenza di un'offesa particolarmente tenue, avuto riguardo alle modalità della condotta e all'esiguità del danno o pericolo, e della non abitualità del comportamento. Si tratta di criteri sintomatici espressamente indicati dalla disposizione di riferimento, da raffrontare con i parametri previsti dall'art. 133 c.p. per la determinazione della gravità del reato ai fini della quantificazione della pena.
Quando c'è particolare tenuità dell'offesa
Secondo quanto precisato dalla Corte di Cassazione in relazione al criterio della particolare tenuità dell'offesa, non può darsi un'offesa tenue o grave in chiave archetipica ma deve aversi riguardo alla concreta estrinsecazione del reato, di talché "l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto è applicabile a qualsiasi reato che rientri nell'ambito della previsione astratta della norma, comprese le fattispecie caratterizzate da soglie quantitative minime per indicare la rilevanza del fatto o determinare la gravità dell'offesa del bene giuridico" (Cass. n. 13681/2016). La particolare tenuità dell'offesa, più specificamente, è desumibile da elementi oggettivi e soggettivi quali:
- la natura, la specie, i mezzi, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell'azione (art. 133 c. 1 n. 1 c.p.);
- l'esiguità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato (art. 133 c. 1 n. 2 c.p.);
- l'intensità del dolo o il grado della colpa (art. 133 c. 1 n. 3 c.p.).
Il fatto, in ogni caso, non può mai essere sussunto nell'alveo della particolare tenuità quando:
- l'autore ha agito per motivi abietti o futili,
- l'autore ha agito con crudeltà, anche in danno di animali,
- l'autore ha adoperato sevizie,
- l'autore ha approfittato delle condizioni di minorata difesa della vittima,
- la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona,
- si procede per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive,
- nei casi in cui il reato è stato commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni o nelle ipotesi di oltraggio a un magistrato in udienza.
La non abitualità della condotta
In relazione alla non abitualità della condotta, il requisito appare certamente non soddisfatto in ipotesi di delinquenza abituale, professionale o per tendenza dell'autore, o quando questi abbia commesso più reati della stessa indole, come nel caso in cui sia dichiarato recidivo reiterato e specifico, anche quando ciascun fatto singolarmente considerato sia di particolare tenuità, e qualora le condotte siano plurime, abituali e reiterate (art. 131-bis c. 3 c.p.).
In proposito, la giurisprudenza ha avuto modo di delimitare l'ambito di operatività della norma rispetto al reato permanente e al concorso formale di reati.
In particolare, distinguendo l'ipotesi del reato permanente da quella del reato continuato, con sentenza n. 47039/2015 la Corte di Cassazione ha ritenuto la condotta abituale solo per la continuazione; di conseguenza, la condotta persistente, caratterizzata dalla protrazione nel tempo dell'offesa al bene giuridico protetto, non è di per sé ostativa alla concessione del beneficio qualora sia soddisfatto il criterio della particolare tenuità dell'offesa, nella consapevolezza che la sussistenza ne risulterà tanto più difficilmente rilevabile quanto più tardi sia cessata la stessa permanenza. Nella medesima pronuncia, la Suprema Corte ha chiarito che la preclusione dell'abitualità del comportamento non opera nel concorso formale di reati, caratterizzato da una unicità di azione od omissione, che in quanto tale si pone in termini strutturalmente antitetici rispetto alla nozione di "condotte plurime, abituali e reiterate", mentre potrebbe rilevare rispetto ai "reati della stessa indole".
Se nella fattispecie sono in concreto riscontrabili entrambi i criteri (offesa particolarmente tenue e comportamento non abituale), la causa di non punibilità per particolare tenuità è applicabile anche qualora sia prevista una circostanza attenuante che dia rilievo alla tenuità del fatto (art. 131-bis c. 5 c.p.). Anzi, la stessa configurabilità di tale circostanza costituisce elemento particolarmente rilevante nell'ambito della valutazione dell'esiguità del danno finalizzata all'esclusione della punibilità del fatto.
Particolare tenuità del fatto: profili processuali
La declaratoria di non punibilità può essere pronunciata sia prima dell'esercizio dell'azione penale, con decreto di archiviazione, sia nel corso del processo in concomitanza con le fasi decisorie.
In caso di richiesta di archiviazione per non punibilità della persona sottoposta alle indagini per particolare tenuità del fatto, l'avviso deve sempre essere notificato sia all'indagato sia alla persona offesa, anche qualora quest'ultima non ne abbia fatto formale richiesta ex art. 408 c.p.p. L'eventuale opposizione deve essere presentata nel termine unico di dieci giorni.
In seguito all'esercizio dell'azione penale, la declaratoria di non punibilità predibattimentale di cui all'art. 469 c. 1-bis c.p.p. è condizionata alla mancata opposizione da parte di pubblico ministero e imputato; l'eventuale opposizione della parte offesa non ostacola la pronuncia posto che la stessa deve essere portata a conoscenza della possibile definizione del procedimento ex art. 131-bis c.p. ma non ha alcun potere di veto in merito (cfr. Cass. n. 31920/2015). La particolare tenuità del fatto può essere, altresì, pronunciata con sentenza dibattimentale all'esito dell'istruttoria nonché – pure in assenza di una specifica previsione in tal senso – in sede di udienza preliminare.
Per approfondimenti vai alle guide di diritto penale
Data: 14/11/2020 12:00:00Autore: Laura Bazzan