La decadenza del Consigliere comunale a seguito di ripetute assenze
Occorre valutare con rigore fondatezza, serietà e rilevanza dei motivi in ordine alla nolontà dell'espletamento dell'incarico
di Francesca Pietropaolo - L'art. 43 c. 4 D.L. 267/2000 stabilisce che lo Statuto comunale determini i casi di decadenza per la mancata partecipazione alle sedute del Consiglio e le relative procedure, garantendo il diritto del consigliere a far valere le cause giustificative. Devono generalmente considerarsi tali le assenze motivate da malattia, lavoro, esigenze di salute, dovendosi necessariamente di volta in volta considerare le peculiarità del caso.
Per ciascuna Amministrazione sarà la carta statutaria a determinare le modalità a cui dover ottemperare ai fini della validità delle comunicazioni di assenza e delle relative giustificazioni.
Qualora siano accertate un numero di assenze non giustificate consecutive superiori a quelle consentite, la stessa carta generalmente prescrive che l'Amministrazione comunichi per iscritto al Consigliere l'avvio del procedimento ex art. 7 L. 241/1990, con l'indicazione del termine entro cui ottemperare alla presentazione delle giustificazioni, laddove non comunicate congiuntamente alle dichiarazioni di assenza.
Decorso tale spatium temporis, necessario ed essenziale al fine di garantire l'apprestamento dei mezzi difensivi dell'incarico pubblico, il Consiglio comunale potrà deliberare sulla decadenza o meno del Consigliere, tenuto adeguatamente conto delle cause giustificative da questi esposte in ossequio all'art. 43 citato.
Particolari problematiche potrebbero ravvisarsi in merito alle carenze delle previsioni statutarie o della normativa di dettaglio contenuta nel Regolamento del Consiglio comunale.
In merito, costante giurisprudenza ha chiarito che le norme comunali devono chiarire preventivamente gli aspetti procedurali dell'intero iter, in modo da garantire la massima trasparenza e il contemperamento degli interessi in gioco.
Di fatti, se un atteggiamento di nolontà o disinteresse che fosse intervenuto nell'espletamento dell'incarico pubblico è certamente da considerarsi preclusivo alla continuazione dello stesso, occorre tuttavia di volta in volta provare tale disinteresse o astensionismo ingiustificato, espressione del mancato rispetto al mandato elettorale.
Ulteriori problematiche si aprono in tema di tentativi di procedimento di decadenza avverso i consiglieri considerati 'scomodi' in quanto facenti parte delle opposizioni o, più raramente, delle stesse maggioranze con cui si siano interrotti o siano comunque vulnerati i rapporti politici.
Per porre riparo a tali tutt'altro che infrequenti situazioni, soccorrono tanto i principi di leale e trasparente collaborazione, oggettivazione del concetto di buona fede, quanto il più generale principio dell'ordinamento secondo cui le contestazioni del fatto illecito debbano avvenire in un termine ravvicinato, tenuto conto che il decorso del tempo tra l'intervenuta prima assenza e il verificarsi dell'ultima assenza utile all'avvio del procedimento finalizzato a decidere sulla decadenza potrebbe assumere rilievo in ordine alla possibilità, o meno, di garantire al consigliere che vi è sottoposto la più corretta indagine in merito anche alla prova della giustificazione addotta, laddove richiesta dallo Statuto o dal Regolamento.
La delicatezza delle problematiche esposte ha fatto sì che il Consiglio di Stato abbia elaborato una serie di principi volti a garantire il giusto contemperamento degli interessi che vi sono sottesi.
Innanzitutto che le giustificazioni delle assenze possano essere fornite anche successivamente alla notificazione all'interessato della proposta di decadenza, ferma restando l'ampia facoltà di apprezzamento del Consiglio comunale in ordine alla relativa fondatezza.
Non secondariamente che le circostanze da cui consegue la decadenza vadano interpretate restrittivamente e con estremo rigore.
Non in ultimo che debbano sempre essere valutati con la massima attenzione gli aspetti garantistici della procedura, al fine di evitare un uso distorto dell'istituto come strumento di discriminazione politica: dovendo restare provato, di volta in volta nei casi pratici, quell'atteggiamento di carenza e nolontà, o disinteresse per futili motivi, rispetto agli impegni derivanti dall'incarico elettivo, così che l'inconferenza delle giustificazioni sia obiettivamente grave per assenza o estrema genericità e tale da impedire qualsiasi accertamento sulla fondatezza, serietà e rilevanza dei motivi (Consiglio di Stato n. 5277/2007).
Tali principi restano attuali e ancora illuminano le questioni più rilevanti sottoposte ai Tribunali Amministrativi sul tema, determinando un chiaro spartiacque tra gli usi e gli abusi delle diverse prassi consiliari.
Francesca Pietropaolo - pietropaolofrancesca@gmail.com
Abogado Ilustre Colegio Sant feliu de Llobregat
Avvocato Ordine degli Avvocati di Roma Sez. Speciale D.lgs 96/2001
Data: 24/11/2016 13:00:00Autore: Avv. Francesca Pietropaolo