Bancarotta fraudolenta patrimoniale
- Bancarotta fraudolenta: l'art. 216 L.F.
- Bene giuridico protetto
- Soggetto attivo
- Elemento soggettivo
- Elemento oggettivo
- Oggetto materiale della condotta
- Consumazione
- Prescrizione
- Tentativo
- Procedibilità
- Concorso
- Cessione del ramo d'azienda
- Percezione di compensi da parte dell'amministratore di una società fallita
- Giurisprudenza
- Considerazioni conclusive
Bancarotta fraudolenta: l'art. 216 L.F.
Art. 216 L.F. - Bancarotta fraudolenta
"1. È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti."
Bene giuridico protetto
L'interesse dei creditori ad un pronto ed efficace ristoro sul patrimonio del debitore. Indirettamente la bancarotta offende anche l'economia pubblica e l'amministrazione della giustizia, tanto che non manca chi la considera reato plurioffensivo.
Come ha del resto ribadito di recente la Cassazione nella sentenza n. 17792/2022: "la bancarotta fraudolenta patrimoniale ha natura di reato di pericolo, sicchè qualunque condotta che determini un depauperamento del patrimonio dell'impresa o che sia anche solo potenzialmente idonea a porre in pericolo, seppur concreto, le ragioni dei creditori configura un atto distrattivo, poiché al centro dell'obiettivo di tutela penale del delitto di cui all'art. 216, comma primo, n. 1, I. fall. si colloca il diritto di creditori alla conservazione della garanzia sui loro crediti, garanzia che coincide con il patrimonio dell'impresa."
Soggetto attivo
L'agente può essere:
a. il fallito e cioè l'imprenditore commerciale non piccolo[1], il socio illimitatamente responsabile di una S.n.c. o una S.a.s. ex art. 222 L.F. (c.d. bancarotta propria);
b. persona diversa dal fallito e cioè l'amministratore, il direttore generale, sindaco e liquidatore di società - di persone o di capitali - dichiarate fallite ex art. 223 comma 1 L.F., l'institore ex art. 227 L.F. (c.d. bancarotta impropria).
Elemento soggettivo
Per i fatti di distruzione, occultamento, dissimulazione, distruzione e dissipazione è sufficiente il dolo generico per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell'impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (cfr. Sentenza n. 22474 del 31/03/2016): si tratta della "consapevolezza" della mera possibilità di danno che possa derivarne alle ragioni dei creditori. Non rileva l'eventuale distanza temporale tra l'atto illecito e la pronuncia di fallimento, anche perché la datazione di quest'ultima è spesso influenzata dalle più varie evenienze.
Si ammette il dolo eventuale quando il soggetto agisce semplicemente "a rischio" di subire una perdita altamente probabile.
Dottrina e giurisprudenza sono, invece, concordi nel ritenere che il richiesto "scopo di recare pregiudizio ai creditori" in relazione ai fatti di esposizione e di riconoscimento di passività inesistenti, sia da qualificare come dolo specifico.
Nei casi di bancarotta postfallimentare è essenziale che l'agente abbia la conoscenza della dichiarazione di fallimento; ciò, però, non significa che il dolo si possa sic et simpiciter presumere atteso che non si può escludere che i fatti siano commessi per altri fini.
Elemento oggettivo
Le varie condotte previste dalla norma sono accomunate dal fatto di comportare un'offesa alla garanzia patrimoniale del creditore attraverso la diminuzione, fittizia od effettiva, del patrimonio del debitore. Le modalità di esecuzione (distrazione, occultamento, dissimulazione, distruzione, dissipazione) sono alternative e fungibili. Non è necessaria l'esistenza di un nesso causale tra i fatti di diminuzione del patrimonio ed il successivo fallimento. Si tratta di un reato di "mero pericolo" anche nei casi di diminuzione effettiva del patrimonio (nel caso di distruzione o dissipazione di alcuni beni, all'esito della procedura concorsuale, vi potrebbe essere un integrale soddisfacimento dei creditori). La giurisprudenza ritiene che si tratti di reato di pericolo astratto, comportante, cioè, una mera probabilità di lesione che non deve essere in concreto accertata dal giudice. In quanto reato di pericolo, non richiede, per la sua sussistenza, la prova che la condotta abbia causato un effettivo pregiudizio ai creditori.
La sentenza della Cassazione n. 11567/2022 ha avuto modo di puntualizzare al riguardo che: "in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l'accertamento dell'elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico deve valorizzare la ricerca di "indici di fraudolenza", rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell'azienda, nel contesto in cui l'impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell'amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell'integrità del patrimonio dell'impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall'altro, all'accertamento in capo all'agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017)."
Oggetto materiale della condotta
Beni, presenti e futuri, dell'imprenditore, vale a dire il suo patrimonio che costituisce, ai sensi del comma 1 dell'art. 2740 c.c.,[2] la garanzia generica dei creditori; esso è inteso comunemente come il complesso dei rapporti giuridici economicamente valutabili a lui facenti capo e segnatamente riguarda diritti reali aventi ad oggetto beni materiali ad es. beni strumentali all'esercizio d'impresa (macchinari, arredi, giacenze di magazzino), diritti sui beni immateriali (invenzioni, marchi, avviamento, know-how) diritti di credito ovvero altri diritti di natura patrimoniale.
Riguardo ai beni di cui l'imprenditore abbia solo una limitata disponibilità, per averli egli ricevuto a titolo diverso dalla traslatio dominii (locazione, comodato, deposito, vendita con riserva di proprietà, leasing con possibilità di riscatto), non vi è unicità di vedute, nel senso che da una parte, l'atto di disposizione di tali beni si ritiene condotta sanzionabile come bancarotta fraudolenta patrimoniale, dall'altra no.
Alcuni ritengono che il patrimonio del fallito vada considerato nella sua consistenza oggettiva e non in relazione al modo in cui si è formato, perciò, anche i beni conseguiti "illecitamente" sono acquisiti de iure alla massa e costituiscono altrettanti cespiti sui quali i creditori possono pretendere di soddisfare le loro ragioni, con la conseguenza che le eventuali sottrazioni operate su di essi configurano, in caso di fallimento dell'imprenditore, il reato di bancarotta per distrazione.
Nei casi di "bancarotta impropria" in cui il soggetto attivo del reato non è l'ente o la persona fisica fallita, ma un'altra persona che riveste una posizione qualificata all'interno dell'ente fallito, l'oggetto materiale dell'attività criminosa non è costituito dai beni propri dell'autore del reato, bensì dai beni della società sui quali il soggetto attivo esercita poteri di gestione o di controllo. Infine, nel caso in cui sia stato dichiarato fallito il "socio illimitatamente responsabile" ex art. 147 L.F., acquisterà rilevanza penale l'attività antidoverosa da questi compiuta sui propri beni. Rientrano nella nozione di patrimonio anche i beni futuri[3] purché su di essi l'imprenditore vanti un vero e proprio diritto (si ritiene escluso il reato se l'azione del fallito cade su beni futuri oggetto di semplice aspettativa o speranza di eredità, di guadagno, di vincita, ecc..).
Vi sono beni che, pur compresi nel patrimonio del fallito, non sono compresi nel fallimento.[4]
Consumazione
Si suole distinguere tra bancarotta prefallimentare, per indicare le condotte poste in essere prima della sentenza di fallimento rispetto alle quali la data della dichiarazione costituisce il momento della consumazione e bancarotta postfallimentare, per designare fatti illeciti verificatesi dopo la data di emissione della sentenza e per i quali la data di consumazione coincide con la data del fatto stesso (l'occultamento, però, si presenta come reato permanente): in questi casi la bancarotta sottrae beni non alla funzione di garanzia, ma all'attivo fallimentare e la competenza sarà determinata dal luogo di commissione del reato.
Più fatti di bancarotta non danno luogo ad un reato continuato, ma ad un unico reato aggravato ex art. 219[5].
Prescrizione
In base all'articolo 157 del c.p. la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria.
Tentativo
Si ritiene che per la bancarotta prefallimentare il tentativo sia inammissibile perché finirebbe per colpire un'offesa non ancora definita in quanto i fatti tipici, nel momento in cui si realizzano, non vanno oltre la messa in pericolo delle ragioni creditorie. Più facile è ipotizzare il tentativo per fatti commessi dopo la dichiarazione di fallimento (si pensi ad es. al fallito che cerca di asportare beni già presi in carico dal curatore, ma custoditi in locali facilmente accessibili, senza riuscirvi).
Procedibilità
D'ufficio.
Concorso
Il concorso di persone nella bancarotta fraudolenta soggiace alle regole dettate negli artt. 110 ss. c.p.. Il concorso del soggetto non qualificato ad es. l'impiegato o il collaboratore (c.d. extraneus) è possibile, ma è necessaria la contemporanea presenza di alcuni elementi: l'attività tipica di almeno un soggetto intraneus, l'influenza causale - sul verificarsi del fatto - della condotta dell'extraneus, la consapevolezza da parte dell'extraneus della qualifica del soggetto intraneus.
Secondo la giurisprudenza, concorre nel reato il professionista (es. legale o commercialista) che assuma l'iniziativa di ideare e programmare egli stesso gli atti di distrazione ovvero li proponga e li attui, assumendo la veste di gestore o cogestore dell'impresa del proprio cliente.
Nel caso di amministratore di fatto[6] si tratterà, normalmente, di responsabilità diretta per fatto suo proprio e non di concorso eventuale nel reato.
Cessione del ramo d'azienda
Prendiamo spunto da alcune pronunce della Cassazione per parlare del caso di cessione di un ramo d'azienda.
Si riporta, innanzitutto, il comma quinto dell'art. 2112 del cod. civ.: «Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l'usufrutto o l'affitto di azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento».
Costituisce, quindi, elemento costitutivo della cessione del ramo d'azienda, l'autonomia funzionale del ramo ceduto ovvero la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi, funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere - autonomamente dal cedente - il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell'ambito dell'impresa cedente al momento della cessione.
Detto questo la Cassazione n. 17792/2022 precisa che "integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la cessione di un ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale (Sez. 5, n. 34464 del 14/5/2018; Sez. 5, n. 17965 del 22/1/2013). Né il pagamento futuro che avrebbe potuto costituire un congruo prezzo può in astratto ritenersi idoneo ad escludere l'oggettività del reato, poiché l'anomala dilazione di esso, fuori da ogni logica commerciale, rende evidente le conseguenze di fatto depauperative dell'operazione."
Bancarotta e cessione di azienda sono oggetto anche della sentenza della Cassazione n. 17101/2022 in cui gli Ermellini ribadiscono che: "secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, integra il reato di bancarotta fraudolenta impropria patrimoniale la cessione di un ramo d'azienda che renda non più possibile l'utile perseguimento dell'oggetto sociale senza garantire contestualmente il ripiano della situazione debitoria della società (Sez. 5, n. 16989 del 02/04/2014, Sez. 5, n. 10778 del 10/01/2012)."
Già la sentenza della Cassazione n. 32938/2021 aveva avuto modo di ribadire che "del tutto costante è l'affermazione di questa Corte secondo cui l'alienazione di cespiti della fallita integra la fattispecie di bancarotta per distrazione qualora ad essa non sia seguito il pagamento del prezzo pattuito»(Sez. 5, n. 33306 del 23/05/2016). Dunque, integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la cessione di un ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale, mentre non assume rilievo, al riguardo, il dettato dell'art. 2560 cod. civ. in ordine alla responsabilità dell'acquirente dell'azienda rispetto ai pregressi debiti dell'azienda (Sez. 5, n. 17965 del 22/01/2013), costituendo tale garanzia un post factum della già consumata distrazione (Sez. 5, n. 34464 del 14/05/2018)."
Percezione di compensi da parte dell'amministratore di una società fallita
Può integrare il reato di bancarotta fraudolenta anche la condotta dell'amministratore che percepisca compensi [7] non giustificati.
Al riguardo la sentenza della Cassazione n. 24901/2022 ha sancito infatti che in un: "contesto di conclamata crisi economica e finanziaria, la percezione di una maggior somma rispetto a quella autorizzata dall'assemblea integra una condotta distrattiva, a prescindere dall'esistenza di una successiva autorizzazione in ratifica. Un dato formale che solo apparentemente legittima (ex post) il prelievo, in quanto privo di specifiche e concrete indicazioni idonee a consentire una valutazione oggettiva della congruità d& compenso e della necessità di una diversa valutazione rispetto alla precedente determinazione. Come già ritenuto da questa Corte, infatti, integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell'amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come compensi per la carica ricoperta, qualora tali compensi, solo genericamente indicati nello statuto e non giustificati da dati ed elementi di confronto che ne consentano una oggettiva valutazione, siano stati determinati nel loro ammontare con una delibera dell'assemblea dei soci adottata pro forma, al solo fine di giustificare l'indebito prelievo (Sez. 5, n. 3191 del 16/11/2020)."
Principio affermato in precedenza dalla sentenza della Cassazione n. n. 44308/2019: "anche in presenza di un titolo solo genericamente individuato sussiste la bancarotta fraudolenta per distrazione, nel caso di condotta dell'amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione, se tali compensi sono solo genericamente indicati nello statuto e non vi sia stata determinazione di essi con una delibera assembleare, perchè, in tal caso, il credito è da considerarsi illiquido, in quanto, sebbene certo nell'"an", non è determinato anche nel "quantum".
Interessante anche la Cassazione n. 33200/2019 per il confronto con la bancarotta preferenziale: "con riferimento a crediti da lavoro (...) il socio amministratore che prelevi dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti da lui vantati per il lavoro prestato nell'interesse della società, commette bancarotta per distrazione, e non preferenziale, se manchi l'indicazione di dati ed elementi di confronto che ne consentano un'adeguata valutazione, quali, ad esempio, gli impegni orari osservati, gli emolumenti riconosciuti a precedenti amministratori o a quelli di società del medesimo settore, i risultati raggiunti."
Giurisprudenza
Integra il reato di bancarotta fraudolenta la condotta del fallito che distragga dal proprio patrimonio i beni pervenutigli dopo la dichiarazione di fallimento e in pendenza della procedura fallimentare, essendo egli tenuto a riversarli senz'altro alla massa, ferma restando la possibilità, per gli organi preposti alla procedura fallimentare, di rinunciare all'acquisizione dei predetti beni, qualora i costi da sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzo (Sentenza n. 23619/2016).
Elemento soggettivo: dolo generico
L'elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell'impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (Sez. U n. 22474/2016).
Non occorre il nesso tra distrazione e fallimento
Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l'esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l'agente abbia cagionato il depauperamento dell'impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività. (In motivazione, la Corte ha precisato che i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l'impresa non versava in condizioni di insolvenza) (Sez. U n. 22474/2016).
Socio snc e distrazione beni personali
Ai fini della configurabilità, in capo al socio illimitatamente responsabile di una società in nome collettivo dichiarata fallita, del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione dei beni del suo patrimonio personale è necessario che il fallimento sia stato esteso nei suoi confronti ai sensi dell'art. 147 l. fall. (Sentenza n. 13091/2016).
Concorso bancarotta fraudolenta per distrazione
In tema di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, il dolo del concorrente "extraneus" nel reato proprio dell'amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell'"intraneus", con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società (Sentenza n. 12414/2016).
Bancarotta e piano di risanamento
Integra il reato di bancarotta per distrazione il compimento di pagamenti o atti di disposizione del patrimonio della società anche in presenza di un piano di risanamento ex art. 67, comma terzo, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, allorchè lo stesso, sulla base di una valutazione in concreto del giudice penale, non sia, o almeno non appaia, idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria e riequilibrare la situazione finanziaria della stessa, ma si risolva in un mero strumento volutamente depauperatorio del patrimonio aziendale, pregiudizievole per i creditori (Sentenza n. 8926/2016).
Bancarotta riparata
La bancarotta "riparata" si configura, determinando l'insussistenza dell'elemento materiale del reato, quando la sottrazione dei beni venga annullata da un'attività di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell'impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento, non rilevando, invece, il momento di manifestazione del dissesto come limite di efficacia della restituzione. (Fattispecie in tema di condotta restitutoria consistita in una compensazione di debito) (Sez. 5, Sentenza n. 4790 del 20/10/2015).
Bancarotta fraudolenta se l'impegno sul patrimonio è notevole
Non ricorre l'ipotesi di bancarotta semplice di cui all'art. 217, comma primo, n. 2, legge fall., integrata da operazioni di manifesta imprudenza, ma quella più grave della bancarotta fraudolenta, allorché si tratti di operazioni che comportino un notevole impegno sul patrimonio sociale, essendo quasi del tutto inesistente la prospettiva di un vantaggio per la società, mentre le operazioni realizzate con imprudenza costitutive della fattispecie incriminatrice della bancarotta semplice sono quelle il cui successo dipende in tutto o in parte dall'alea o da scelte avventate e tali da rendere palese a prima vista che il rischio affrontato non è proporzionato alle possibilità di successo, fermo restando che, in ogni caso, si tratta pur sempre di comportamenti realizzati nell'interesse dell'impresa. (Sentenza n. 35716/2015).
Amministratore di diritto e di fatto
In tema di bancarotta fraudolenta, l'amministratore di diritto risponde unitamente all'amministratore di fatto per non avere impedito l'evento che aveva l'obbligo di impedire, essendo sufficiente, sotto il profilo soggettivo, la generica consapevolezza che l'amministratore effettivo distragga, occulti, dissimuli, distrugga o dissipi i beni sociali, la quale non può dedursi dal solo fatto che il soggetto abbia accettato di ricoprire formalmente la carica di amministratore; tuttavia allorchè si tratti di soggetto che accetti il ruolo di amministratore esclusivamente allo scopo di fare da prestanome, la sola consapevolezza che dalla propria condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato (dolo generico) o l'accettazione del rischio che questi si verifichino (dolo eventuale) possono risultare sufficienti per l'affermazione della responsabilità penale (Sentenza n. 7332/2015).
Bancarotta fraudolenta e sovrafatturazione
Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta consistita nella sovrafatturazione con restituzione all'utilizzatore di parte del prezzo pagato, in quanto anche il temporaneo ingresso nel patrimonio della fallita di beni che in forza di un patto illecito vengano restituiti al dante causa determina un incremento dello stesso che espande le garanzie dei creditori, con la conseguenza che la restituzione costituisce atto ingiustificato idoneo ad integrare la condotta di distrazione. Non può, invece, sussistere distrazione laddove alla fatturazione per operazioni inesistenti non segua l'effettivo pagamento da parte dell'utilizzatore delle fatture con la successiva restituzione delle somme ricevute (Sentenza n. 51248/2014).
Attendibilità delle scritture contabili
In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l'accertamento della previa disponibilità da parte dell'imputato dei beni non rinvenuti in seno all'impresa non può fondarsi sulla presunzione di attendibilità dei libri e delle scritture contabili dell'impresa prevista dall'art. 2710 cod. civ., dovendo invece le risultanze desumibili da questi atti essere valutate - soprattutto quando la loro corrispondenza al vero sia negata dall'imprenditore - nella loro intrinseca attendibilità, anche alla luce della documentazione reperita e delle prove concretamente esperibili, al fine di accertare la loro corrispondenza al reale andamento degli affari e delle dinamiche aziendali (Sentenza n. 52219/2014).
Vendita merce sottocosto
In tema di reati fallimentari, la vendita di merce sottocosto, realizzando scopi funzionali all'attività della società, attraverso operazioni economiche, comunque, coerenti con l'attività aziendale, integra il reato di bancarotta per distrazione ove ricorra l'ulteriore elemento della sistematica e preordinata vendita sottocosto o, comunque, in perdita di beni aziendali (Sez. 5, Sentenza n. 5317 del17/09/2014).
Erogazioni per finalità illecite
In tema di bancarotta fraudolenta, le erogazioni effettuate dall'impresa per fini illeciti, anche se compiute nel presunto interesse della stessa, costituiscono "distrazione", in quanto esse, da un lato, non sono riconducibili all'oggetto sociale, e, dall'altro, provocano un depauperamento del patrimonio a disposizione dei creditori, ai quali viene sottratta la possibilità di soddisfarsi, eventualmente, sui beni della società, nonché di individuare una contropartita, corrispondente alla illecita erogazione, sulla quale rivalersi in caso di fallimento (Fattispecie di utilizzo delle risorse della società per finalità corruttive) (Sentenza n. 32740/2014).
Esercizio facoltà legittime
In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, anche l'esercizio di facoltà legittime, comprese nel contenuto di diritti riconosciuti dall'ordinamento, può costituire uno strumento di frode in danno dei creditori, in quanto la liceità di ogni operazione che incide sul patrimonio dell'imprenditore dichiarato fallito può essere affermata solo all'esito di un accertamento in concreto, in relazione alle conseguenze prodotte sulle ragioni del ceto creditorio. (Fattispecie in cui il titolare di una impresa individuale, prima della dichiarazione di fallimento, esercitando il diritto di recesso con riferimento a quote di partecipazione ad una società, di cui egli era titolare, ne aveva di fatto disposto il trasferimento alla moglie) (Sentenza n. 30830/2014).
Considerazioni conclusive
Punto di riferimento per capire se ci si trovi innanzi a fattispecie penali di bancarotta fraudolenta patrimoniale è il bene giuridico tutelato dalla norma: se la garanzia dei creditori al soddisfacimento dei propri crediti subisce un pregiudizio (danno o anche il semplice pericolo concreto) allora è probabile che fatti come quelli descritti diano luogo al reato de quo.
Ovviamente, occorrerà verificare la sussistenza sia dell'elemento oggettivo (condotta, evento e nesso di causalità) sia di quello soggettivo (dolo generico o dolo eventuale). In verità, è proprio la dimostrazione del dolo che consente di distinguere condotte perfettamente lecite da comportamenti penalmente rilevanti ai fini della legge fallimentare.
Ciò che sembra evidente è che la cessione o l'affitto di ramo d'azienda, come pure la corresponsione di somme di denaro all'amministratore di una società (salvo quanto detto in ordine alla sussistenza della bancarotta preferenziale), possono essere operazioni societarie perfettamente lecite e non intaccare il patrimonio sociale.
In conclusione, è troppo ghiotta l'occasione per non richiamare le testuali parole della Cassazione (Sent. n. 30830/2014) con le quali ha affermato che: «in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, anche l'esercizio di facoltà legittime, comprese nel contenuto di diritti riconosciuti dall'ordinamento, può costituire uno strumento di frode in danno dei creditori, in quanto la liceità di ogni operazione che incide sul patrimonio dell'imprenditore dichiarato fallito può essere affermata solo all'esito di un accertamento in concreto, in relazione alle conseguenze prodotte sulle ragioni del ceto creditorio».
[1] Per la nozione di imprenditore commerciale si deve fare riferimento ai concetti privatistici elaborati sulla base degli artt. 2082 e 2195 c.c. Sono esclusi, in caso di insolvenza, dalla procedura del fallimento, i piccoli imprenditori ex art. 2083 c.c., cioè coloro i quali sono coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia.
[2] Art. 2740 cod. civ. - Responsabilità patrimoniale.
1. Il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.
[3] Art. 42 L.F. - Beni del fallito
2. Sono compresi nel fallimento anche i beni che pervengono al fallito durante il fallimento, dedotte le passività incontrate per l'acquisto e la conservazione dei beni medesimi.
[4] Art. 46 L.F. - Beni non compresi nel fallimento
1. Non sono compresi nel fallimento:
1) i beni ed i diritti di natura strettamente personale;
2) gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia;
3) i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto è disposto dall'articolo 170 del codice civile;
4) abrogato;
5) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.
2. I limiti previsti nel primo comma, n. 2), sono fissati con decreto motivato del giudice delegato che deve tener conto della condizione personale del fallito e di quella della sua famiglia.
[5] Art. 219 L.F. - Circostanze aggravanti e circostanza attenuante.
1. Nel caso in cui i fatti previsti negli artt. 216, 217 e 218 hanno cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità, le pene da essi stabilite sono aumentate fino alla metà.
Le pene stabilite negli articoli suddetti sono aumentate:
1) se il colpevole ha commesso più fatti tra quelli previsti in ciascuno degli articoli indicati;
2) se il colpevole per divieto di legge non poteva esercitare un'impresa commerciale.
2. Nel caso in cui i fatti indicati nel primo comma hanno cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità, le pene sono ridotte fino al terzo.
[6] Art. 2639 c.c. - Estensione delle qualifiche soggettive.
1. Per i reati previsti dal presente titolo al soggetto formalmente investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge civile è equiparato sia chi è tenuto a svolgere la stessa funzione, diversamente qualificata, sia chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione.
[7] Art. 2389 c.c. - Compensi degli amministratori.
1. I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea.
Data: 17/07/2022 07:00:00Autore: Giovanni Tringali