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Il giudizio del giudice di pace secondo equità

Profili normativi e giurisprudenziali del giudizio del giudice di pace secondo equità ai sensi dell'art. 113 comma 2 e art. 114 c.p.c.


Pronuncia secondo equità giudice di pace: le norme

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Con il varo del d.l. 8 febbraio 2003 n.18, poi convertito con modificazioni dalla legge 7 aprile 2003 n. 63, recante "Disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo equità", il legislatore è intervenuto modificando il disposto dell'art. 113 comma 2 c.p.c. ai sensi del quale era consentito al giudice di pace di decidere secondo equità quelle cause il cui valore non eccedeva le due milioni di lire.

Dopo questa riforma l'art. 113 c.p.c. ha assunto il seguente tenore: "Nel pronunciare sulla causa il giudice deve seguire le norme del diritto, salvo che la legge gli attribuisca il potere di decidere secondo equità [disp. att. 119]. Il giudice di pace decide secondo equità la causa il cui valore non eccede millecento euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all'articolo 1342 del codice civile".

E' poi intervenuta la modifica ad opera del D. Lgs. 13 luglio 2017, n. 116, che sarebbe dovuta entrare in vigore dal 31 ottobre 2021, che ha innalzato l'importo della competenza per valore delle decisioni del Gdp secondo equità nella seguente misura: "Il giudice di pace decide secondo equità le cause il cui valore non eccede duemilacinquecento euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all' art. 1342 del c.c."

E' accaduto però che il Dlgs n. 116/2017 è stato modificato dal D.L. del 30 dicembre 2019, n. 162, a sua volta convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2020, n. 8 , la quale, ha disposto con l'art. 32, comma 3, che la modifica di cui al secondo comma del presente articolo entra in vigore il 31 ottobre 2025.

Profili applicativi dell'art. 113 comma 2 c.p.c.

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Come si apprende dal tenore della norma di cui sopra è stato rimodulato negli anni il valore della somma che consente al Giudice di Pace di decidere secondo equità. Nel tempo inoltre, rispetto a quanto previsto inizialmente, il valore di detta competenza è stata espresso in euro, nel valore attuale di 1100 euro.

Determinazione del valore di 1.100 euro

Valore di 1.100 euro che, come chiarito dalla recente Cassazione n. 10188/2021, va calcolato nel rispetto dei seguenti criteri: "Per stabilire se la causa decisa dal giudice di pace sia di valore inferiore o superiore a 1.100 euro (e, di conseguenza, se sia appellabile o ricorribile per cassazione), non si può, infatti, tenere conto, secondo quanto stabilito dall'art. 10 c.p.c., delle spese successive alla proposizione della domanda per cui, nella determinazione del valore della causa di opposizione a decreto ingiuntivo non rilevano le spese processuali liquidate dal giudice che ha pronunciato il decreto oggetto di opposizione (cfr. Cass. n. 10626 del 2012), così come, ai medesimi fini, al capitale devono essere sommati unicamente gli interessi scaduti al momento della domanda e non anche quelli maturati successivamente a quest'ultimo momento (cfr. Cass. n. 2966 del 2013). Nel caso di specie, risulta dallo stesso ricorso che la domanda proposta dalla (...) aveva ad oggetto il pagamento della somma di € 960,00, quale capitale, e degli interessi di mora maturati ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2002 dalla data della scadenza della fattura fino all'effettivo pagamento, pari, al momento della presentazione del ricorso per decreto ingiuntivo, e cioè nell'anno 2010, ed in forza del prospetto predisposto dalla stessa ricorrente (v. il ricorso, p. 8), a non oltre 100 euro: dovendosi escludere tanto gli interessi successivi, quanto le spese liquidate nel decreto ingiuntivo poi opposto, il valore della domanda proposta non era, evidentemente, superiore al limite di € 1.100,00 al di sotto del quale, a norma dell'art. 113, comma 2°, c.p.c., la decisione deve essere assunta secondo equità."

Esclusi dall'equità anche i buoni fruttiferi postali

Si fa presente inoltre che, tra le materie che giudice non può decidere secondo equità, sono comprese quelle relative ai contratti che sono stati conclusi nelle forme e con le modalità di cui all'art. 1342 c.c., ovvero attraverso la compilazione di moduli e formulari.

Anche su questa previsione la Cassazione è intervenuta di recente con la pronuncia n. 33033/2021 per fornire un importante chiarimento sulla ragione per la quale le controversie aventi ad oggetto i contratti conclusi con moduli o formulari non possono essere decisi secondo equità, ossia: "l'esigenza della decisione secondo diritto obbedisce nelle intenzioni del legislatore alla necessità che le dette controversie vengano decise in modo uniforme, in ragione della uniformità di disciplina dei rapporti che ne sono oggetto"; ragione per la quale, secondo questa pronuncia, devono ritenersi escluse dalla decisione secondo equità anche le controversie “comprese entro quel valore, le quali originino da rapporti contrattuali che siano sottoposti ad uniformità di disciplina, perché intervenuti tra un utente ed un monopolista legale di un pubblico servizio, atteso che l'esigenza di uniformità di decisione, garantita dalla regola - di natura processuale - della decisione secondo diritto non può che ricorrere a maggior ragione allorquando l'uniformità di disciplina del rapporto discenda dalla legge, che, nell'assicurare il monopolio del servizio, impone al monopolista di garantire all'utente parità di trattamento» (conf. Cass. 10559/2009). Sempre questa Corte (Cass. 25060/2017) ha precisato che la regola di esclusione dal giudizio secondo equità, prevista dall'art. 113, comma 2 c.p.c. per le controversie di valore non eccedente millecento euro derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all'art. 1342 c.c., si estende anche a quelle che traggono origine da rapporti contrattuali intervenuti tra un utente e una società in posizione dominante che esercita un pubblico servizio, per la necessità di garantire l'uniformità della decisione per tutti i fruitori del servizio."

Da qui l'esclusione del giudizio secondo equità anche alle controversie aventi ad oggetto i buoni postali fruttiferi "poiché la sottoscrizione di buono postale fruttifero, nonostante l'intervenuta privatizzazione della s.p.a. Poste Italiane, viene a creare un rapporto che si caratterizza per la posizione dominante della società e per l'evidente necessità che le relative controversie siano trattate con regole uguali per tutti i fruitori del servizio, secondo modulistica prestampata predisposta da Poste, che richiama il regolamento negoziale e le condizioni generali di contratto definite per regolamentare la serie indefinita di rapporti con tutti i risparmiatori-utenti del servizio interessati. Le relative controversie, ove rientranti nella competenza del giudice di pace, restano pertanto sottratte al potere di quest'ultimo di decidere secondo equità, anche se aventi valore non eccedente millecento euro, ai sensi dell'art. 113, secondo comma, cod. proc. civ., nel testo sostituito dal decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 7 aprile 2003, n. 63."

Pronuncia secondo equità su richiesta di parte

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All'ipotesi della decisione secondo equità per le cause di ridotto valore, si aggiunge quella contemplata dal successivo art. 114 c.p.c il quale dispone che:" Il giudice, sia in primo grado che in appello, decide il merito della causa secondo equità quando esso riguarda diritti disponibili delle parti e queste gliene fanno concorde richiesta [disp. att. 112, 118, 119]."

In questo caso, però attenzione, perché diversamente dal caso dell'equità necessaria appena visto, contemplato dall'art. 113 c.p.c, in cui le parti sono soggette alla decisione di equità, senza che rilevi al riguardo la loro volontà, nel caso contemplato dall'art. 114 c.p.c, in presenza della concorde richiesta delle parti, a condizione ovviamente che il diritto dedotto in causa sia disponibile, le parti sono titolari di un interesse positivo a che la controversia non sia decisa secondo le regole del diritto, ma secondo equità. Ne consegue che il giudice di pace a cui viene formulata una domanda concorde sul punto, ha il dovere di decidere secondo equità.

Appellabilità delle sentenze decise secondo equità

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La materia delle sentenze del giudice di pace decise secondo equità prevede la necessaria analisi della particolare disciplina relativa alla loro appellabilità contenuta nell'art. 339 c.p.c commi 2 e 3.

Questo quanto previsto: "2. È inappellabile la sentenza che il giudice ha pronunciato secondo equità a norma dell'articolo 114. 3 . Le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità a norma dell'articolo 113 , secondo comma, sono appellabili esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia."

Anche sul tema della impugnazione delle sentenze decise dal Giudice di Pace secondo equità la Cassazione ha fornito di recente, con la decisione n. 922/2022 un'altra precisazione di rilievo: "La sentenza che definisce il giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, compresa quella del giudice di pace, è soggetta ad appello che, pur se si tratta di cause di valore non superiore ad € 1.100,00, non è sottoposto alle limitazioni di cui all'art. 339, comma 3°, c.p.c. poiché, per espressa disposizione dell'art. 6, comma 12, del d.lgs. n. 150 del 2011, non è applicabile l'art. 113, comma 2°, c.p.c. e non è, quindi, possibile una pronuncia secondo equità."

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Data: 24/07/2022 09:00:00
Autore: Daniele Paolanti