Tradimento: è possibile chiedere i danni all'amante?
di Marina Crisafi - Le corna danno diritto al risarcimento del danno a chi le ha subite? La risposta non è di facile soluzione.
Se tra coniugi la giurisprudenza ha mostrato una certa apertura, in base alle "modalità" del tradimento, chiedere i danni all'amante del partner non è cosa pacificamente riconosciuta.
Le conseguenze del tradimento
La scappatella o la relazione vera e propria da parte del coniuge fedifrago, com'è noto può essere causa di addebito della separazione, laddove sia stata la causa dell'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, con consequenziale perdita (per il traditore), del diritto al mantenimento (cfr., tra le altre, Cass. n. 8929/2013).
La richiesta di danni al coniuge fedifrago
Quanto al giusto indennizzo per i portatori "sani" di corna, nei rapporti tra coniugi ad aprire la strada è stata la Corte di Cassazione, la quale ha riconosciuto il risarcimento dei danni per il coniuge tradito anche nell'ipotesi di una separazione consensuale (cfr. Cass. n. 18853/2011).
Ma per essere risarciti, ha avvertito il Palazzaccio bisogna distinguere, perché c'è tradimento e tradimento.
Il ristoro dei danni per il coniuge tradito spetta solo se chi lo richiede dimostra di aver subito una "lesione di un diritto costituzionalmente garantito".
È il caso in cui ad esempio si dimostri che il tradimento "per le sue modalità e in relazione alla specificità della fattispecie, abbia dato luogo a lesione della salute del coniuge".
In altri termini, i danni si possono chiedere, spiega la Corte, se il tradimento "abbia trasmodato in comportamenti che, oltrepassando i limiti dell'offesa di per sé insita nella violazione dell'obbligo in questione" e "si siano concretizzati in atti specificamente lesivi della dignità della persona, costituente bene costituzionalmente protetto" (cfr. Cass. n. 18853/2011; Cass. n. 610/2012) (Leggi anche "Ecco quando il coniuge tradito ha diritto al risarcimento").
Ma quid iuris se il tradito chiede anche i danni all'amante?
I danni all'amante
La questione ha interessato a lungo gli interpreti che si sono interrogati sulla possibilità che il terzo possa essere chiamato a rispondere, insieme al coniuge traditore, dei danni causati alla vittima dell'adulterio. Qualcuno si è spinto fino a sostenere l'applicabilità dell'istituto del concorso colposo del creditore nel fatto illecito del debitore, tuttavia, una simile forzatura mal si adatta al rapporto coniugale (nel quale le componenti affettive, emotive e sessuali escludono la realizzazione di uno schema rigido) e non ha trovato terreno fertile in giurisprudenza.
In generale, anzi, secondo i giudici a carico dell'amante non vi è un dovere di astensione che, per quanto possa richiamarsi ai valori costituzionali di solidarietà o di tutela della famiglia, deve comunque misurarsi col diritto, costituzionalmente garantito, alla libera espressione della propria personalità.
Più volte i tribunali hanno stabilito come, con il matrimonio, ci si espone al rischio che il coniuge non rispetti l'obbligo di fedeltà.
Secondo il Tribunale di Roma, ad esempio, dal momento che un coniuge non ha diritto di essere garantito contro i rischi del tradimento al quale è già esposto per il fatto di essersi sposato, il problema potrebbe configurarsi semmai soltanto nel caso di "amante particolarmente audace e insistente". Per cui, nessun risarcimento potrebbe scattare se l'iniziativa è stata assunta dal coniuge fedifrago.
Questo orientamento è stato superato dal ben più "libertino" Tribunale di Milano (sentenza n. 14196/2002) che ha di fatto escluso la possibilità di chiedere i danni a chi ha flirtato con una persona sposata.
La vicenda sottoposta all'attenzione del tribunale meneghino riguardava un marito che ottenuta la pronuncia di separazione con addebito alla moglie adultera, aveva chiesto i danni alla stessa e al suo amante ai sensi dell'art. 2043 c.c.
"Senza ripercorrere l'iter del complesso dibattito, in dottrina e in giurisprudenza sull'argomento – ha chiarito la decima sezione del tribunale di Milano - è sufficiente qui sottolineare che, anche secondo l'indirizzo giurisprudenziale favorevole alla applicabilità della norma generale dell'art. 2043 c.c. (in aggiunta alla disciplina sanzionatoria propria del diritto di famiglia) nell'ambito dei rapporti fra coniugi, in caso di condotte lesive dei loro diritti inviolabili, non può definirsi illecita, e quindi fonte di responsabilità anche risarcitoria, qualsiasi violazione dei doveri nascenti dal matrimonio, pur legittimante la declaratoria di addebito".
Ai fini del riconoscimento di una responsabilità risarcitoria a carico del coniuge – è richiesta infatti prosegue la sentenza "una particolare ed obiettiva gravità della condotta violatrice" e inoltre che il danno a carico dell'altro coniuge "sia riconducibile non alla frattura coniugale in sé, ma proprio alla condotta trasgressiva, posta in essere in aperta e grave violazione di uno o più doveri coniugali".
Quanto all'amante, poi, si legge ancora, lo stesso eserciterebbe un diritto "costituzionalmente garantito alla libera espressione della propria personalità", diritto che permane anche se le relazioni sono intrattenute con un soggetto sposato.
Perfettamente in linea anche una decisione del Tribunale di Monza (del 15.3.1997) che ha nettamente escluso la possibilità per il coniuge vittima di tradimento di chiedere i danni al terzo estraneo alla coppia ribadendo che l'amante non ha alcun dovere di astensione da interferenze nella vita familiare dei coniugi.
In termini più possibilisti (ma pur sempre negativi) si è espresso anche il tribunale di Savona (cfr. sentenza del 5.12.2002, in famigliaediritto, 2003, 248) secondo il quale: "Non può escludersi, in astratto, che sia configurabile la risarcibilità dei danni ulteriori qualora i fatti che abbiano dato luogo all'addebito della separazione integrino gli estremi dell'illecito ipotizzato dalla clausola generale di responsabilità ex art. 2043 c.c.".
In definitiva, il coniuge tradito e ferito dovrà rassegnarsi: gli amanti, salvo che ovviamente non commettano reati (come ad es. la diffamazione del coniuge tradito), non potranno essere chiamati a risarcire alcun danno per il fatto di aver "insidiato" la moglie o il marito di un altro.
Data: 11/12/2016 11:35:00Autore: Marina Crisafi