Costringere qualcuno a cancellarsi da Facebook non è stalking
Per la Cassazione non integra un cambiamento delle abitudini di vita, tenuto conto che esistono altri social cui aderire e che la scelta è reversibile
di Lucia Izzo - Niente stalking se la "vittima" riprende la relazione sentimentale con il suo persecutore dopo ogni litigio, non rilevando a contrario il fatto che abbia cancellato il profilo su un social network.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 55041/2016. La Corte d'Appello aveva riformato la sentenza che aveva condannato un uomo per stalking, riqualificando le imputazioni e ritenendo che la vicenda non fosse inquadrabile nella fattispecie di cui all'art. 612-bis c.p., sia sotto il profilo delle condotte persecutorie che dell'evento.
Pur se vi era prova di litigi, anche molte accesi e che determinarono l'intervento delle forze dell'ordine, per la Corte territoriale è indimostrato che tali condotte fossero avvinte da un unico contesto persecutorio e accomunate dall'intento di provocare uno dei danni previsti dalla norma.
La donna, infatti, aveva ripreso la relazione affettiva con l'imputato dopo ogni litigio e non risulta che fosse affetta da ansia, da fondato timore per la propria incolumità o costretta a mutare le abitudini di vita, non potendo essere ricondotta in tale ambito la decisione di cancellare il proprio profilo da un social network.
Una ricostruzione contestata in Cassazione dalla difesa della parte civile che ha sottolineato come le condotte aggressive, di tipo fisico e verbale, in danno alla donna, furono reiterate e la costrinsero a cancellare il profilo dal social, evento che doveva essere considerato significativo di un cambiamento delle abitudini di vita a cui la parte lesa venne costretta in ragione della condotta dell'imputato.
Per gli Ermellini, tuttavia, tale motivo è infondato: si rammenta che ai fini della configurabilità del reato di stalking è sufficiente la consumazione anche di uno solo degli eventi alternativamente previsti dall'art. 612-bis c.p. e la sentenza d'appello esclude che la donna fosse affetta da grave stato di ansia o fondato timore per la propria incolumità, posto che aveva sempre ripreso la relazione sentimentale con l'imputato.
Ancora, va negato che, in tale contesto, l'aver cancellato il profilo dal social network abbia integrato un cambiamento delle proprie abitudini di vita, tenuto conto anche della vasta gamma di social network a cui è possibile aderire e della reversibilità della scelta di esclusione.
Nel caso di specie, tuttavia, la sentenza impugnata va annullata in quanto il giudice d'appello ha erroneamente dichiarato estinti alcuni dei reati per cui l'uomo doveva essere invece imputato (ingiuria, minaccia, percosse e lesioni personali) per intervenuta remissione di querela.
Data: 30/12/2016 14:00:00Autore: Lucia Izzo