Avvocati: la prestazione in favore della moglie è gratis
Avv. Laura Bazzan - L'avvocato non può pretendere il pagamento del proprio compenso professionaleper l'attività di recupero credito svolta in favore del coniuge contitolare dello studio associato in quanto, per leprestazioni rese in ambito familiare, ancorché di natura professionale, vige ilprincipio di gratuità. La decisionedel giudice di primo grado, che aveva ritenuto non applicabile la generale presunzionedi gratuità in ambito di prestazioni professionali tra coniugi e, in mancanza dellaprova dell'accordo di gratuità delle stesse, aveva rigettato le istanze della moglie opponenteconfermando il decreto ingiuntivo azionato dal marito, è stata così ribaltata insecondo grado e confermata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 24438 del 30 novembre 2016,di seguito allegata.
La curiosa vicenda vede quali protagonisti due coniugi avvocati contitolaridi uno studio professionale. In costanza di matrimonio, il marito aveva svoltoin favore della moglie attivitàprofessionale finalizzata al recupero dei crediti da quest'ultimavantati nei confronti di un ex assistito e, successivamente alla separazione personale,aveva agito in via monitoria neiconfronti della stessa per ottenere quanto dovuto a titolo di compenso per l'attivitàsvolta, oltre a spese ed interessi. In sede di opposizione, il Giudice di Pace confermavail decreto ingiuntivo opposto dalla moglie ma, in sede di appello, il Tribunaleriformava integralmente la sentenza impugnata, rilevando che ildecreto ingiuntivo era stato emesso sulla base di una parcella corredata dalparere del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati per l'emissione di un atto di precetto per conto della moglie e contro un terzo, non già per imporle la restituzione di quanto da questi incassato atitolo di spese legali.Per il giudice di seconde cure, infatti, in assenza di prova contraria, traconiugi doveva ritenersi operante il principio di gratuità delle prestazioni e l'esistenzadel rapporto associativo oltre che diconiugio tra le parti, unita all'attesa della causa di separazione prima di agire per il recupero del credito,deponeva a favore della originariagratuità della prestazione professionale.
Risultato soccombente insecondo grado, il marito proponeva ricorso avanti la Corte di Cassazione, deducendoche la presunzione di gratuità non avrebbe potuto estendersi fino aricomprendere quanto pagato da terzi con imputazionedel pagamento alla remunerazione del lavoro prestato dal professionista inuna procedura in cui il familiare era parte processuale. Nel rigettare il ricorso,la Suprema Corte ha ritenuto non pertinente il rilievo, impostato sulla pretesadella moglie di trattenere per sé somme da altri corrispostele a titolo dipagamento dell'attività professionale svolta in suo favore dal marito avvocato,poiché, "in tema di opposizione a decretoingiuntivo, nel relativo giudizio, l'accoglimento della domanda dell'ingiungentecreditore si presenta indipendente dallavalidità, dalla sufficienza e dalla regolarità degli elementi in base aiquali è stato emesso il decreto ingiuntivo opposto".
Data: 31/12/2016 06:00:00Autore: Laura Bazzan