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Omesso mantenimento: per i figli dei conviventi non è reato

La Cassazione precisa che la violazione dell'art. 3 legge 54/2006 scatta solo se la coppia era legata da coniugio


di Lucia Izzo - Niente condanna per omesso mantenimento se i genitori erano solo conviventi. La violazione prevista dall'art. 3 della legge sull'affidamento condiviso (legge 8 febbraio 2006, n. 54), quanto all'inosservanza degli obblighi di natura economica, scatta solo se vi è stata separazione dei genitori coniugati, ovvero scioglimento, cessazione degli effetti civili o nullità del matrimonio


Lo ha previsto la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, nella sentenza n. 2666/2017 (qui sotto allegata) annullando il provvedimento impugnato senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Il ricorrente era stato condannato per il reato di cui alla legge 54/2006, art. 3, per aver versato alla ex-compagna solo parte della somma per il mantenimento del figlio minorenne, rispetto al maggiore importo fissato dal Tribunale per i Minorenni, nonché per aver omesso di versare la quota del 50% delle spese mediche e straordinarie.

La vicenda, giunta in Cassazione, si risolve con un annullamento senza rinvio da parte dei giudici di legittimità, perché il fatto oggetto di contestazione e di condanna nei giudizi di merito non è previsto dalla legge come reato.


Dagli atti, precisano i giudici, emerge con chiarezza che l'uomo era legato alla denunciante non da rapporto di coniugio, bensì da rapporto di convivenza. Deve escludersi, però, che l'art. 3 della legge n. 54 del 2006 si riferisca anche alla violazione degli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza.

Invero, la disposizione in esame, in forza della quale "in caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica l'art. 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898", deve essere letta nel contesto della disciplina dettata dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54, e, in particolare, dell'art. 4, comma 2, che recita: "Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati".

Tale enunciato linguistico, evidenzia il Collegio, risulta introdurre una distinzione tra le diverse classi di ipotesi: precisamente, da un punto di vista sintattico, le disposizioni della legge n. 54 del 2006 sono indicate come da applicare non "in caso di figli di genitori non coniugati" (come, invece, "in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio") ma "ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati".

Per la Cassazione tale precisazione non risulta essere una formula verbale priva di possibili significati rilevanti, poiché la disciplina dettata dalla legge n. 54 del 2006, regola i provvedimenti che il giudice deve adottare in relazione ai figli allorché interviene la separazione tra i genitori, modificando il codice civile (art. 155) e introducendovi nuovi articoli (artt, 155-bis e ss.) nonché i profili processuali relativi alle controversie in materia di esercizio della potestà genitoriale e di affidamento, modificando l'art. 708 c.p.c e introducendo l'art. 709-ter.

Può allora concludersi che, mentre in caso di separazione dei genitori coniugati, ovvero di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio si applicano tutte le disposizioni previste dalla legge n. 54 del 2006, per quanto riguarda i figli di genitori non coniugati il riferimento ai "procedimenti relativi" agli stessi assolve alla funzione di circoscrivere l'ambito delle disposizioni applicabili a quelle che concernono i procedimenti indicati dalla medesima legge, e che sono quelli civili di cui all'art. 2, e non anche alle previsioni normative che attengono al diritto penale sostanziale.

La soluzione appena indicata, concludono gli Ermellini, oltre ad essere attenta al dato testuale delle disposizioni di legge, risponde anche al principio del cd. "diritto penale minimo" e non lede la posizione sostanziale dei figli di genitori non coniugati, per la cui tutela è possibile il ricorso a tutte le azioni civili, e ferma restando, inoltre, l'applicabilità della fattispecie di cui all'art. 570, secondo, comma, n. 2, del codice penale.
Data: 21/01/2017 20:40:00
Autore: Lucia Izzo