Bucare il pallone ai bambini che giocano non è reato
di Marina Crisafi – Far fuori il pallone ai bambini per impedire loro di giocare in cortile non è reato! Neanche se questi corrono a casa a gambe levate e impauriti. Ad affermarlo sono i giudici della Cassazione, chiudendo così una vicenda che non ha nulla da invidiare alle migliori gag di Aldo Giovanni e Giacomo (ricordate l'episodio Milano Beach nel film "Il Cosmo sul comò?).
La "storia" ha inizio con un uomo che ripetutamente minacciava e ingiuriava un gruppo di ragazzini che giocavano a pallone nel cortile condominiale. Dalle minacce verbali, l'uomo, disturbato dal continuo vociare, un bel giorno passava ai fatti, tagliando con un coltello il pallone con cui i bambini giocavano.
Il fatto non passava inosservato e l'uomo si beccava in primo grado una condanna per stalking, successivamente riqualificata in violenza privata dalla Corte d'Appello, la quale evidenziava che "i bambini, impauriti per effetto del comportamento tenuto dall'imputato, spesso si vedevano costretti a rientrare in casa o scendevano nel cortile evitando di giocare con la palla".
Ma l'uomo non ci sta e adisce il Palazzaccio, lamentando che la sua condotta era in definitiva volta a far rispettare il regolamento condominiale, il quale prevedeva il divieto di giocare a pallone durante certi orari della giornata e che, comunque, i bambini non avevano certo paura di lui, tanto che continuavano a scendere in cortile a giocare.
Per la Cassazione (sentenza n. 1786/2017 qui sotto allegata), ha ragione.
L'oggetto di tutela del delitto ex art. 610 c.p. infatti scrivono "è dato dalla libertà individuale, intesa come possibilità di determinarsi spontaneamente, secondo motivi propri". Affinchè "attinga la soglia del penalmente rilevante, però, la violenza o la minaccia deve determinare una perdita o riduzione sensibile, da parte del soggetto passivo, della capacità di determinarsi ed agire secondo la propria volontà". Per cui, "non ogni forma di violenza o minaccia riconduce alla fattispecie dell'art. 610 c.p., ma solo quella idonea - in base alla circostanze concrete - a limitare la libertà di movimento della vittima o influenzare significativamente il processo di formazione della volontà, incidendo su interessi sensibili del coartato". A tanto conduce, prosegue la S.C., "sia il principio di offensività, sia l'esigenza di confinare nel 'giuridicamente indifferente' i comportamenti costituenti violazioni di regole deontologiche, etiche o sociali, inidonei - pur tuttavia - a rappresentare un reale elemento di turbamento per il soggetto passivo".
E nella vicenda, la condotta dell'uomo motivata dal rispetto delle regole del condominio, anche se temporaneamente faceva allontanare i bambini non aveva impedito loro di riprendere i giochi che disturbavano la (sua) quiete. Per cui, niente condanna perché il fatto non sussiste.
Data: 21/01/2017 19:00:00
Autore: Marina Crisafi