Crediti tributari: si prescrivono tutti in cinque anni
La giurisprudenza in materia di prescrizione delle cartelle esattoriali relative a tributi erariali sulla scia della sentenza della sezioni unite n. 23397/2016
Avv. Marco Capone - Il tema della prescrizione delle cartelle esattoriali, data la suarilevanza, non poteva certo esitare con la pur autorevole e lapidariasentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 23397/2016.Appare quindi ancora interessante, oltre che utile, conoscere come levarie Corti e Giudici affrontano le controversie che hanno a che farecon pretese erariali risalenti nel tempo.
In questa sede, si vuole esaminare la sentenza n. 267/2017 direcente emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Avellino (qui sotto allegata).
Il giudizio è originato da un ricorso avverso due avvisi dipagamento con cui la P.A. ha chiesto il versamento dei tributiriportati in altrettante cartelle esattoriali notificaterispettivamente nell'anno 2002 e nell'anno 2006. A seguitodell'eccezione del ricorrente, la detta Commissione Tributaria haritenuto che entrambi i crediti devono ritenersi inesigibili perchéormai prescritti. I giudici avellinesi, in linea con l'ormaiacclarato orientamento giurisprudenziale, in primo luogo hannoescluso che gli atti impositivi emessi delle amministrazionitributarie (come le cartelle esattoriali) potessero determinare latrasformazione dei termini di prescrizione da brevi a decennali invirtù dell'art. 2953 c.c. Tale peculiare effetto è infattiriservato ai soli "provvedimenti aventi natura giurisdizionale"e ciò in funzione delle garanzie fornite dal procedimento in cuiquesti originano.
Se l'inoperatività dell'art. 2953 c.c. rispetto alle cartelleesattoriali appare un dato giuridico attualmente acquisito econdiviso dalla giurisprudenza, sopratutto a seguito della nota Sent.Cass. Sez. Unite n. 23397/2016, altrettanto non può dirsirelativamente all'esatta individuazione dei termini di prescrizioneda assegnare ai crediti tributari.
Se l'inoperatività dell'art. 2953 c.c. rispetto alle cartelleesattoriali appare un dato giuridico attualmente acquisito econdiviso dalla giurisprudenza, sopratutto a seguito della nota Sent.Cass. Sez. Unite n. 23397/2016, altrettanto non può dirsirelativamente all'esatta individuazione dei termini di prescrizioneda assegnare ai crediti tributari.
Sotto tale ulteriore profilo,merita ancor di più di essere apprezzato il ragionamento sotteso alprovvedimento in commento sopratutto laddove con esso si èfinalmente dato il giusto risalto al carattere della "periodicità"posseduto dalle obbligazioni instaurate con il fisco. Queste ultime,chiarisce la Commissione, per loro insita fisiologia, non possono cheappartenere a quei debiti che devono essere pagati "... ad annoo in termini più brevi ...". Da ciò consegue la pienaoperatività dell'art. 2948 n. 4 c.c. e l'esclusione del piùgenerale principio espresso dall'art. 2946 c.c.
Ad ulterioreprecisazione, la C.T.P. di Avellino sottolinea che la caratteristicadella periodicità non può essere circoscritta (come pure in alcuneoccasioni è stato affermato) alla sola categoria delle impostelocali. In effetti, tanto per le imposte locali quanto per quelleerariali (l'esempio riportato dai Giudici è quello dell'IVA edell'IRPEF), il debito sorge annualmente per espressa previsione dilegge. Nemmeno può dirsi che l'obbligo della dichiarazione a cuisono tenuti i contribuenti, ovvero le attività di accertamentodell'ente impositore, siano fattori atti a negare il carattere dellaperiodicità di cui sono dotate le obbligazioni tributarie. Talielementi rappresentano, al più, dei parametri per la determinazionedel "quantum debeatur", ma non incidono circa la natura ditale peculiare rapporto. Infine, l'obbligo posto a carico delconcessionario della riscossione di conservare copia delle cartelleesattoriali trasmesse ai contribuenti per il solo periodo di cinqueanni, conferma e sostiene l'applicazione, per i crediti tributari,del termine prescrizionale indicato dall'art. 2948 n. 4 c.c. anzichédi quello decennale.
Da notare è che i principi innanzi riassunti, non rappresentano lamera propagazione del "dictum" della Sentenza della Cortedi Cassazione a Sezioni Unite n. 23397/2016, la quale invece vieneannoverata, senza alcuna presunzione di esclusività, all'interno diun ampio e risalente percorso giurisprudenziale. Si potrebbe dunqueconcludere che il rapporto tra fisco e cittadino, da tempo, siconforma (o almeno dovrebbe conformarsi) alla logica, tanto ovviaquanto legittima, di salvaguardare il contribuente dai ritardi e dalle inefficienze in cui incappa la PubblicaAmministrazione.
Avv. Marco Capone
Data: 13/03/2017 22:10:00Da notare è che i principi innanzi riassunti, non rappresentano lamera propagazione del "dictum" della Sentenza della Cortedi Cassazione a Sezioni Unite n. 23397/2016, la quale invece vieneannoverata, senza alcuna presunzione di esclusività, all'interno diun ampio e risalente percorso giurisprudenziale. Si potrebbe dunqueconcludere che il rapporto tra fisco e cittadino, da tempo, siconforma (o almeno dovrebbe conformarsi) alla logica, tanto ovviaquanto legittima, di salvaguardare il contribuente dai ritardi e dalle inefficienze in cui incappa la PubblicaAmministrazione.
Avv. Marco Capone
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Autore: Marco Capone