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Pensione reversibilità all'ex: decideranno le Sezioni Unite

Stante il contrasto esistente in giurisprudenza la parola passa alla Sezioni Unite della Cassazione


di Lucia Izzo - La parola passa alle Sezioni Unite sulla questione della quota di pensione di reversibilità spettante all'ex divorziato che abbia percepito l'assegno divorzile in unica soluzione.


È questo quanto stabilito dall'ordinanza interlocutoria n. 11453/2017 (qui sotto allegata) con cui la prima sezione civile ha disposto la trasmissione del procedimento al Primo Presidente per l'eventuale rimessione alle Sezioni Unite Civili.

La vicenda da cui trae origine il provvedimento vede coinvolta una donna che, a seguito del decesso del suo ex coniuge divorziato, ha chiesto il diritto di ottenere una quota della pensione di reversibilità spettante alla vedova di questi, precisando tuttavia di aver percepito l'assegno divorzile in unica soluzione avendo cosi perso il requisito della titolarità attuale del diritto al'assegno previsto dalla legge.

In effetti la disciplina, ai sensi dell'art. 9, comma 3, della legge 898/1970, prevede che una quota della pensione di reversibilità spettante al coniuge superstite (vedova o vedovo) possa essere attribuita all'ex coniuge divorziato il quale sia titolare dell'assegno divorzile.

L'assegno "una tantum" impedisce la reversibilità?

Tuttavia, orientamenti contrapposti in giurisprudenza si sono registrati sulla circostanza che la corresponsione dell'assegno divorzile in unica soluzione possa far venir meno il diritto alla pensione di reversibilità.

Sul punto la Cassazione ha evidenziato l'esistenza in particolare di due contrapposti orientamenti.

Il primo, fondato sulla sentenza delle Sezioni Unite n. 159/1998, ha ritenuto che il diritto del coniuge divorziato a una quota del trattamento di reversibilità, lungi dal rappresentare soltanto un diritto vantato nei confronti del coniuge superstite avente natura e funzione di prosecuzione del precedente assegno di divorzio, costituisca un autonomo diritto avente natura previdenziale
Soggetto destinatario della domanda sarebbe l'ente erogatore, sicchè la precedente corresponsione dell'assegno una tantum non escluderebbe il diritto a richiedere la pensione di reversibilità in quanto tale.

Nonostante la Cassazione avesse poi ritenuto (sentenza n. 17018/2003) il diritto in questione, in quanto eziologicamente collegato alla titolarità attuale dell'assegno di divorzio, fondato sulla precondizione della corresponsione periodica dell'assegno medesimo, la stessa prima sezione civile, a partire dalla sentenza n. 13108/2010 e con la successiva n. 16744/2011, ha ritenuto irrilevante la modalità solutoria del debito pattuita tra le parti, come nel caso dell'assegno "una tantum", poichè trattasi di una modalità che la legge riconosce alternativa all'ordinaria corresponsione periodica e che pertanto soddisfa il requisito previsto per l'accesso alla pensione di reversibilità.
In sostanza, secondo tale ricostruzione, ferma la natura previdenziale e l'autonomia del diritto alla pensione di reversibilità o a una quota di essa in capo al coniuge divorziato, il requisito ex art. 9, comma 2, della legge 898/70, consistente nella titolarità dell'assegno, dovrebbe essere interpretato nel senso che vi deve essere stato un accertamento giudiziale relativo all'esistenza delle condizioni solidaristico assistenziali che sottendono ad esso, risultando, quindi, irrilevante che il diritto sia stato già riconosciuto e definitivamente quantificato con pagamento in unica soluzione e nonostante la norma preveda che in tal caso non possa essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico.

Di diverso avviso l'opposto orientamento che, a partire dalla sentenza n. 10458/2002, ha affermato che, in considerazione della precondizione costituita dalla titolarità attuale del'assegno di divorzio, la pensione di reversibilità o una quota di essa possa essere riconosciuta solo nei casi in cui le parti non abbiano convenuto la corresponsione di un capitale una tantum.

La Sezione lavoro, dando continuità a tale orientamento, ha affermato che la corresponsione dell'assegno divorzile in unica soluzione, su accordo tra le parti soggetto a verifica giudiziale, è satisfattivo di qualsiasi obbligo di sostentamento nei confronti del beneficiario, il quale non può avanzare in seguito ulteriori pretese di contenuto economico e neppure può essere considerato all'atto del decesso dell'ex coniuge titolare dell'assegno di divorzio avente come tale diritto di accedere alla pensione di reversibilita o, in concorso con il coniuge superstite, a una sua quota.
Stante i dubbi interpretativi sul tema, intestini alla stessa Cassazione, gli Ermellini hanno deciso per la rimessione al primo presidente ai fini dell'assegnazione alle Sezioni Unite.
Data: 15/05/2017 05:00:00
Autore: Lucia Izzo