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Minacciare l'alunno di bocciatura è reato?

Per la Cassazione, le minacce di bocciatura e voti bassi integrano il reato ex art. 571 c.p.


L'anno scolastico si sta avviando verso la conclusione ed è tempo degli scrutini finali.

Tra gli studenti sale l'ansia per il voto finale determinante ai fini dell'ammissione all'anno scolastico successivo.

E' proprio in questo round finale che gli insegnanti debbono stare attenti, attenti a non commettere il grave errore di minacciare di bocciatura l'alunno.

Sul punto sono stati chiamati, più volte, in causa i Giudici di Piazza Cavour che, con diverse sentenze, hanno evidenziato che le minacce di bocciatura e di voti bassi rientrano nella fattispecie delittuosa di cui all'art. 571 c.p. "Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina".

Cos'è il reato di abuso di mezzi di correzione?

Per capirlo riportiamo la norma e leggiamola attentamente.

Art. 571 c.p. - Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina - " Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolodi una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi. Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli articoli 582 e 583, ridotte a un terzo, se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni".

Dal tenore letterale della norma si desume che tale reato si configura ogni qualvolta chi ha un potere educativo o disciplinare lo esercita con mezzi non proporzionati al comportamento deviante tenuto dalla persona affidata alla sua cura, custodia, istruzione…

Con riferimento agli insegnanti il loro comportamento integra il reato ex art. 571 c.p. quando lo ius corrigendi viene esercitato con comportamenti che umiliano, svalutano, denigrano. Insomma, con comportamenti tali da ledere l'incolumità fisica o la dignità personale dell'alunno.

Quindi, dire ad un alunno frasi come "ti boccio" o "ti metto il debito" rientrano nella sfera dell'abuso dei mezzi di correzione perché, come stabilito dalla Cassazione (tra le altre, con la sentenza n. 47543 del 2015), si identifica come una "violenza psicologica che potrebbe causare un pericolo alla salute dell'alunno".

Si tratta di un comportamento afflittivo ed umiliante che non rientra assolutamente nel ruolo educativo proprio di un insegnante.

In conclusione, per non configurarsi il reato de quo l'insegnante nell'esercizio dello ius corrigendi deve assumere comportamenti proporzionati al "comportamento deviante" senza superare i limiti consentiti, in caso contrario rischia davvero grosso: può essere punito fino a mesi sei di reclusione se dall'abuso è derivato un pericolo di malattia fisica o psichica.

Data: 20/05/2017 17:00:00
Autore: Luisa Camboni