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L'indultino è applicabile anche in regime di misure alternative

La Corte Costituzionale n. 278/2005 è intervenuta a chiarire la questione della applicabilità del c.d. indultino anche ai detenuti sottoposti al regime di detenzione domiciliare
La Corte Costituzionale è intervenuta a chiarire la questione della applicabilità del c.d. indultino anche ai detenuti sottoposti al regime di detenzione domiciliare. Con sentenza n. 278 del 7/7/2005(1),la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 3, lettera d), della legge 1° agosto 2003, n. 207 (Sospensione condizionata dell'esecuzione della pena detentiva nel limite massimo di due anni), ravvisando una irragionevole disparità di trattamento fra il condannato meritevole, ammesso a misure alternative alla detenzione e il condannato che o perché immeritevole o perché non versava nelle condizioni oggettive per avanzare la relativa richiesta non ammesso al godimento di tali misure.
La palese illegittimità della norma era stata sottoposta alla attenzione della Corte delle Leggi dal Tribunale di sorveglianza Venezia, con Ordinanza del 5 Aprile 2004 in sede di reclamo avverso un provvedimento di rigetto del Magistrato di sorveglianza che aveva negato al detenuto il beneficio della sospensione condizionata della parte finale della pena detentiva, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n.207, stante l'ammissione dello stesso alla misura alternativa della detenzione domiciliare. L'Avvocatura dello Stato aveva sostenuto l'inapplicabilità della norma atteso il c.d. indultino avrebbe finalità di deflazione carceraria. In conseguenza risulterebbe logico escludere da tale beneficio coloro che, già godendo di misura alternativa alla detenzione, siano estranei al regime detentivo carcerario. La Corte ha accolto le doglianze del Tribunale remittente atteso che la norma censurata, come rileva lo stesso giudice a quo, determina una irragionevole disparità di trattamento fra il condannato che, siccome meritevole, è stato ammesso a misure alternative alla detenzione e il condannato che o perché immeritevole o perché non versava nelle condizioni oggettive per avanzare la relativa richiesta non è stato ammesso al godimento di tali misure, dal momento che il primo non può godere del beneficio della sospensione condizionata della pena residua, mentre il secondo ottiene prima la sospensione della pena, e poi, se non commette entro cinque anni delitti non colposi per i quali riporti una condanna non inferiore a sei mesi di detenzione, l'estinzione della pena stessa. Sebbene possa ritenersi che rientri nella discrezionalità del legislatore modulare in vario modo i benefici da concedere ai condannati, con l'unico limite della non manifesta irragionevolezza, questo limite, nella fattispecie, risulterebbe violato, non potendo la circostanza dell'ammissione o meno a misure alternative alla detenzione costituire un discrimine per il godimento del c.d. indultino, e ciò soprattutto ove si tenga presente che di quest'ultimo verrebbero a godere condannati ritenuti non meritevoli di misure alternative e non anche quelli che sono stati giudicati meritevoli di tali misure.
Ne consegue che la norma, siccome formulata dal Legislatore, appare alla Corte del tutto illegittima e come tale meritevole di abrogazione. Ostuni, Luglio 2005
NOTE (1) pubblicata in appendice
Mario Pavone
Avvocato Patrocinante in Cassazione

Data: 25/07/2005
Autore: Mario Pavone