È stalking entrare nel profilo Facebook dell'ex
Per la Cassazione anche le abusive intrusioni nell'account e-mail e nel profilo Facebook contribuiscono a integrare le condotte persecutorie
di Lucia Izzo - Va condannato per il reato di stalking l'ex che ossessiona la vittima con ripetute minacce, molestie, ingiurie nonché costanti intrusioni nel suo account di posta elettronica e nel profilo Facebook, provocandole un perdurante stante d'ansia e costringendola a cambiare casa, utenze domestiche e, in generale, abitudini di vita.
Lo ha disposto la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 25940/2017 (qui sotto allegata) dichiarando inammissibile il ricorso promosso da uomo condannato per il reato di cui all'art. 612-bis c.p. per aver molestato l'ex convivente con reiterate minacce, ingiurie e messaggi, costringendola a cambiare le utenze telefoniche e cagionandole un perdurante stato d'ansia.
Inutile per l'uomo ricorrere in Cassazione ritenendo mancante l'evento del reato e il nesso di causalità con le condotte moleste. Per gli Ermellini, infatti, la Corte territoriale ha evidenziato che le intrusioni nella vita privata della donna, anche mediante accessi indebiti nell'account di posta elettronica e nel profilo Facebook, avevano costretto la stessa ad alterare le proprie abitudini di vita cambiando utente telefoniche, indirizzi mail e addirittura l'abitazione.
Da qui un grave e perdurante stato di ansia e di paura per la propria incolumità personale, integrato dal grave disturbo post-traumatico da stress diagnosticatole adalla psicoterapeuta. Si è trattato di condotte destabilizzanti e comportamenti gravi e perpetrati per mesi, con modalità assillanti e ossessive che avevano coinvolto anche amiche e familiari della vittima.
Nesso causale tra la condotta molesta e gli eventi previsti dalla norma
La Cassazione rammenta che nel delitto previsto dall'art. 612-bis c.p., che ha natura abituale, l'evento deve essere il risultato della condotta persecutoria nel suo complesso e la reiterazione degli atti considerati tipici costituisce elemento unificante ed essenziale della fattispecie facendo assumere a tali atti un'autonoma e unitaria offensività, in quanto è proprio dalla loro reiterazione che deriva nella vittima un progressivo accumulo di disagio che infine degenera in uno stato di prostrazione psicologica in grado di manifestarsi in una delle forme prescritte dalla norma incriminatrice.
Per la configurabilità di tale reato è, infatti, sufficiente la consumazione anche di uno solo degli eventi alternativamente previsti dalla norma. La prova del nesso causale tra la condotta minatoria o molesta e l'insorgenza di tali eventi, deve essere concreta e specifica tenendo conto della condotta posta in essere dalla vittima e dei mutamenti derivati a quest'ultima nelle abitudini e negli stili di vita
Per il Collegio la sentenza impugnata si è pronunciata con un apprezzamento di fatto immune da censure di illogicità e contraddittorietà, senza trascurare gli elementi probatori emersi e pacificamente accertati, affermando che lo stato di perdurante ansia e paura e l'alterazione delle abitudini di vita fossero stati determinati proprio dalle condotte persecutorie dell'imputato.
Data: 27/05/2017 21:40:00Autore: Lucia Izzo