Mobbing: solo se c'è la volontà di danneggiare
di Marina Crisafi – Non si può parlare di mobbing senza la volontà di danneggiare il lavoratore. A sostenerlo è il tribunale di Udine con la recente sentenza n. 51/2017 (sotto allegata), rigettando il ricorso di un neurochirurgo avverso l'Asl di appartenenza.
La vicenda
Il medico denunciava una serie di condotte mobbizzanti, da parte del primario e della struttura, tra cui il mancato finanziamento di studi, la perdita di responsabilità di reparto, il mancato rinnovo di un incarico in chirurgia, il trasferimento ad altra unità, ecc.
L'azienda però dalla sua evidenziava che ogni scelta era stata motivata dall'opportunità e dall'applicazione regolare delle norme.
Il tutto veniva suffragato anche dalle testimonianze dei colleghi che parlavano dei comportamenti del ricorrente tali da generare ormai un clima di sfiducia e conflitto irreversibile con tutti.
Da qui, i necessari interventi adottati dalla direzione sanitaria al fine di assicurare la concreta funzionalità della struttura e non certo tesi a danneggiare il medico.
Niente mobbing senza volontà di danno
Per il tribunale, le tesi sono convincenti. Deve obiettivamente escludersi che, nel caso di specie, si legge in sentenza, "possano ravvisarsi gli estremi di una condotta vessatoria da parte del responsabile del reparto, suscettibile di essere ascritta nell'ambito del cd. 'mobbing'".
L'illecito in esame, infatti, può ritenersi sussistente solo "in quanto risulti che l'unica ragione della condotta datoriale era quella consistita nel procurare un danno al lavoratore, nel mentre bisogna escluderla in caso contrario, indipendentemente dall'eventuale prevedibilità ed occorrenza in concreto di effetti simili o altrimenti sovrapponibili".
Ciò è a dirsi, conclude il tribunale rigettando il ricorso, in quanto il mobbing "rappresenta una specificazione del divieto - costituente canone generale dell'ordinamento giuridico e fondamento della exceptio doli generalis - di agire intenzionalmente a danno altrui, per cui devono necessariamente essere escluse dall'orbita della fattispecie tutte quelle vicende in cui fra datore di lavoro e lavoratore si registrano semplicemente posizioni divergenti o perfino conflittuali, affatto connesse alla fisiologia del rapporto di lavoro".
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Data: 27/05/2017 16:00:00
Autore: Marina Crisafi