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Niente onorari all'avvocato che "aiuta" un collega

La Cassazione chiarisce la differenza tra procura alle liti e conferimento del mandato


di Lucia Izzo - Se l'avvocato indirizza il proprio assistito a un collega, costituendo nel frattempo un fondo spese, il nuovo legale non potrà pretendere che gli venga liquidato l'onorario se il giudice di merito ravvisa in questo "passaggio" una semplice collaborazione tra colleghi.


Bisogna distinguere, infatti, tra la procura ad litem, negozio unilaterale con cui il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, e il mandato sostanziale (cd. contratto di patrocinio), negozio bilaterale che segue lo schema proprio del mandato e con il quale il professionista viene incaricato di svolgere la sua opera professionale in favore della parte.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, III sezione civile, nell'ordinanza n. 14276/2017 (qui sotto allegata) dichiarando inammissibile il ricorso di un avvocato che aveva proposto ricorso per ottenere liquidazione delle proprie competenze a seguito dell'assistenza prestata a un medico, su incarico di un collega, in una causa civile di risarcimento danni.

Il Tribunale condannava il collega, presunto "mandante" dell'incarico, al pagamento delle competenze in favore dell'attore e il medico a tenere indenne il mandante di quanto questi avesse corrisposto. Decisione riformata dal giudice d'appello secondo il quale la presunzione di conferimento del mandato da parte di colui che aveva conferito la procura non risultava superata dalla circostanze apprezzate dal Tribunale.


In sostanza, dagli elementi emersi in giudizio non era provata l'esistenza di un rapporto di mandato, ma era dimostrato solo il lavoro eseguito per conto di un cliente che era stato raccomandato dal collega più esperto.

Contratto di patrocinio: per la conclusione non indispensabile la procura ad litem

Da qui il ricorso in Cassazione che, tuttavia, conferma la sentenza impugnata. In particolare, quanto al fondo spese che l'avvocato originario aveva predisposto con il proprio assistito, i giudici escludono che questo dimostri il rapporto di mandato tra i due avvocati: la costituzione del fondo dimostra solo che, nell'ambito del rapporto di collaborazione tra professionisti, il collega aveva inteso anticipare le spese di costituzione che l'assicuratore del soggetto assistito avrebbe poi rimborsato.

Gli Ermellini, inoltre, rammentano che in tema di attività professionale svolta da avvocati, mentre la procura ad litem costituisce un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, il mandato sostanziale costituisce un negozio bilaterale (cosiddetto contratto di patrocinio) con il quale il professionista viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte.

Ne consegue che, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem, essendo questa necessaria solo per lo svolgimento dell'attività processuale, né rileva, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, il versamento, anticipato o durante lo svolgimento del rapporto professionale, di un fondo spese o di un anticipo sul compenso.


Ciò in quanto il mandato può essere anche gratuito e anche perché, in caso di mandato oneroso, il compenso e l'eventuale rimborso delle spese sostenute possono essere richiesti dal professionista durante lo svolgimento del rapporto o al termine dello stesso.

Nonostante l'avvocato ricorrente abbia impugnato la "ratio decidendi" del giudice a quo, con riferimento alle diverse circostanze apprezzate dal giudice di appello per giungere alla riferita conclusione, la Cassazione rammenta che in sede di legittimità non è consentito richiedere una diversa valutazione di merito delle medesime circostanze, mirando così ad una diversa lettura delle risultanze processuali, a meno che non si contesti il motivazionale.
Data: 11/06/2017 19:00:00
Autore: Lucia Izzo