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Reversibilità: va valutata anche la convivenza tra le due mogli

Per la Cassazione la convivenza prematrimoniale è fattore rilevante insieme all'entità dell'assegno riconosciuto alla ex e alla durata dei matrimoni


di Lucia Izzo - Tra i fattori rilevanti ai fini della determinazione della quota di reversibilità tra le due mogli del defunto (la ex e l'attuale convivente) emerge non solo la durata dei due matrimoni, ma anche l'entità dell'assegno riconosciuto alla ex coniuge, le condizioni economiche dei due e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali.

La vicenda

È questo quanto messo in rilievo dalla Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 16602/2017 (qui sotto allegata) che ha rigettato il ricorso proposto da una delle due mogli di un uomo contro la seconda coniugata. Il giudice di merito aveva deciso che la pensione di reversibilità dello scomparso dovesse essere corrisposta in parti uguali.

Nonostante l'impugnativa di una delle due, la Corte territoriale ha precisato che il meccanismo divisionale non è uno strumento di perequazione economica fra le posizioni degli eventi diritto, ma è preordinato alla continuazione della funzione di sostegno economico assolta a favore dell'ex coniuge e del coniuge convivente durante la vita del dante causa, rispettivamente con il pagamento dell'assegno di divorzio e con la condivisione dei rispettivi beni economici da parte dei coniugi conviventi.

Reversibilità: rilevante anche la durata delle convivenze prematrimoniali

Pertanto, la ripartizione del trattamento economico andrebbe effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei rispettivi matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi quale l'entità dell'assegno di mantenimento riconosciuto all'ex coniuge, le condizioni economiche dei due e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali.

Nulla di fatto per il ricorso per Cassazione dove la ex moglie contesta l'omessa considerazione della diversa durata dei due matrimoni contratti dal defunto con le parti in causa, in quanto si tratta di un dato già valorizzato dalla Corte di merito e non censurabile in sede di legittimità.


Ancora la parte lamenta che se l'ammontare della quota di spettanza dell'altra risultare superiore alla somma percepita quale assegno di divorzio il risultato apparirebbe iniquo, ma per i giudici di legittimità questa considerazione non è in grado di inficiare la motivazione della sentenza impugnata che risulta conforme all'indirizzo della Cassazione espresso in diversi precedenti (sent. 16093/2012, 6019/2014 e 21598/2014)
Data: 08/07/2017 09:00:00
Autore: Lucia Izzo