Avvocati: silenti, equilibristi, smart o vitruviani?
di Valeria Zeppilli – L'Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale del Politecnico di Milano ha recentemente promosso un'interessante ricerca sul mondo dell'avvocatura che, concentrandosi sugli anni 2016 e 2017, ha disegnato quadro variopinto del rapporto tra avvocati e tecnologie digitali e della sua evoluzione, anche alla luce dell'introduzione del processo civile telematico.
Investimenti
A partire dagli investimenti, si comprende subito che i legali sono più lenti a recepire la tecnologia rispetto ad altri professionisti: la somma media investita nel settore all'interno di uno studio, infatti, ammonta a 4.600 euro l'anno, praticamente la metà della cifra investita dai consulenti del lavoro (9mila euro) e quasi un quarto di quella stanziata dagli studi multidisciplinari (16mila euro).
Silenti, equilibristi, smart e vitruviani
La ricerca, che è stata chiamata «Professionisti "X.0"… a ciascuno il suo», ha fondato le sue conclusioni sulle esperienze di 173 studi italiani, divisi in quattro gruppi sulla base di sei criteri: strategia, servizi, dimensione, organizzazione, relazione, tecnologia.
Come dichiarato all'Economia del Corriere della sera dal direttore dell'Osservatorio, Rorato, la maggior parte degli avvocati rientrerebbe nella categoria che è stata definita dei silenti, in cui la reattività rispetto all'evoluzione digitale è scarsa e tutti i parametri presi in considerazione sono al di sotto della media registrata con riferimento alle altre professioni: questa è la situazione del 42% dei legali.
Subito dopo ci sono gli equilibristi, ovverosia coloro che si trovano in una situazione di equilibrio e sono in attesa di fare un passo in avanti, soprattutto qualitativo: la percentuale è in questo caso del 31%.
Il 23% degli avvocati, invece, è definito smart professional in quanto predisposto all'innovazione e culturalmente vivace.
In coda ci sono i cd. vitruviani, che rappresentano solo il 4% dei legali e che sviluppano armoniosamente le diverse dimensioni.
Rischio emarginazione
In ogni caso, dal rapporto è chiaro che la professione forense si trova ad alto rischio emarginazione e paga la scarsa inclinazione a investire per la digitalizzazione, limitandosi a quanto strettamente necessario per adempiere agli obblighi di legge.
Data: 16/07/2017 06:00:00Autore: Valeria Zeppilli